Guardi insistentemente il soffitto della tua stanza senza riuscire a muoverti da lì? Non ti piace niente e non ti interessa nulla? Sei eternamente insoddisfatto della tua vita? Perfetto! Adesso che sei praticamente morto è il momento di tornare a vivere. Vivere con la “V” maiuscola però. Questo post è solo l’inizio!

  1. Alla ricerca della bussola perduta
  2. Lascia perdere le etichette delle diagnosi
  3. Significato e simbologia dei termini apatia, abulia, anedonia
  4. Come se ne esce?
  5. Piano d’azione: le 9 azioni che ti salveranno la vita

Luca, 22 anni, una volta era un giovane vivace e appassionato di calcio. Ogni sabato, sul campo del suo paese, sfoggiava la maglia numero 7 e faceva sognare gli spettatori con i suoi dribbling. Ma ora, la maglia era in un angolo, e Luca era sdraiato sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto. Non aveva voglia di studiare, non cercava lavoro e non aveva nemmeno l’energia per uscire con gli amici. I suoi giorni erano scanditi dai rumori della TV o dallo scorrere infinito dei post sui social.

Che cosa era successo a Luca?

Una rottura sentimentale? Un trauma?

Niente di tutto ciò.

Era diventato prigioniero di un nemico invisibile: l’apatia.

La stanza di Luca era diventata la sua gabbia, e la sua mente il suo carceriere. Sprofondando sempre di più in questo stato, si allontanava dai sogni e dalle passioni che una volta lo avevano definito. I suoi genitori, amici e persino i suoi vecchi compagni di squadra avevano provato a tirarlo fuori da quella spirale, ma senza successo.

Un giorno, mentre scorreva distrattamente i social, un video catturò la sua attenzione. Era un’intervista a Marco, un ragazzo della sua età che, dopo un grave incidente, aveva perso l’uso delle gambe. Nonostante tutto, Marco aveva trovato la forza di rialzarsi, letteralmente e metaforicamente, dedicandosi al basket in sedia a rotelle e diventando un punto di riferimento per molti.

Luca, guardando quel video, sentì qualcosa dentro di lui.

Una scintilla, un desiderio, una domanda: ” Se potessi risvegliare quella parte di me che credevo perduta?”.

Decise di iniziare con piccoli passi.

Si iscrisse a un corso di yoga nel suo quartiere, non tanto per la disciplina in sé, ma per uscire dalla sua zona di comfort. Cominciò a dedicare del tempo alla lettura, immergendosi in storie che parlavano di resilienza e superamento delle avversità.

Ma il vero cambiamento avvenne quando decise di incontrare Marco. Parlarono a lungo, e Luca comprese che, sebbene le loro situazioni fossero diverse, entrambi erano stati prigionieri delle proprie menti.

Sotto la guida di Marco, Luca ritrovò l’amore per lo sport, unendosi a un gruppo locale di corsa, e scoprendo la gioia che veniva dal superare i propri limiti.

La storia di Luca ci insegna che l’apatia può colpire chiunque.

Ma è anche una testimonianza del fatto che, con il sostegno giusto e la volontà di cambiare, possiamo risvegliare quella scintilla interiore che ci spinge a vivere pienamente ogni giorno.

  1. Alla Ricerca della bussola perduta

In un’era segnata da infinite opportunità, avanzamenti tecnologici e una connessione globale senza precedenti, una domanda antica quanto l’uomo persiste, echeggiando nel silenzio dei nostri cuori: «Che cosa sono destinato a fare nella vita?»

Nonostante viviamo in un’epoca d’oro di informazione e accesso, paradossalmente, molte persone si sentono più sperdute che mai. Questa sensazione di perdita, di navigare senza una bussola, ha assalito intere generazioni, spingendole a chiedersi se esiste veramente un luogo, un ruolo, una passione che le attende.

La società odierna ci bombarda con l’idea che dobbiamo avere tutto sotto controllo, che dobbiamo conoscere la nostra destinazione prima ancora di intraprendere il viaggio.

Ma quanti di noi possono davvero dire di avere una chiara direzione sin dall’inizio?

La verità è che la maggior parte di noi sperimenta un turbinio di dubbi, incertezze e domande esistenziali che ci portano a chiederci se stiamo davvero seguendo il percorso giusto.

Ma, e se questa ricerca, questo profondo sentimento di smarrimento, fosse in realtà un segno?

Un segno che siamo, come individui e come società, alla soglia di una profonda trasformazione, pronti a scoprire nuovi orizzonti di significato e scopo. La soluzione, seppur elusiva, esiste.

E potrebbe non risiedere nell’esteriorità di una carriera, di una passione o di un’etichetta sociale, ma nell’intimità della nostra essenza, nell’ascolto di quella voce interiore che sussurra ciò che veramente conta.

Invito, quindi, a non vederlo come un problema, ma come un’esortazione, una grande opportunità. Un’esortazione a scavare più in profondità, a sfidare lo status quo, a cercare quella bussola interiore che, pur se momentaneamente smarrita, attende pazientemente di essere ritrovata. E l’opportunità di infilare, forse per la prima volta, la strada giusta, la tua.

Non si tratta di trovare una risposta semplice o immediata, ma di imbarcarsi in un viaggio di autoscoperta, dove ogni passo, ogni ostacolo, ci avvicina sempre di più alla nostra verità.

Se ti senti perso, sappi che non sei solo.

Sappi anche che la risposta esiste.

E inizia con la domanda più potente di tutte: «Chi sono davvero io?» Esplora, cerca, impara e, soprattutto, fidati della vita!

2. Lascia perdere le etichette delle diagnosi

Apatia, abulia e anedonia sono i nomi delle diagnosi che spesso accompagnano i soggetti con i sintomi che hai letto nella storia di Luca.

Io sconsiglio vivamente di parlare in termini diagnostici ma di affrontare il problema a partire dai sintomi e di conseguenza, dalle cause.

Comunque per correttezza d’informazione ti riepilogo di seguito brevi definizioni dei tre termini che ho citato.

Apatia:  si tratta del calo o totale mancanza di qualsiasi reazione emozionale. Il soggetto non prova alcuna emozione, sia in negativo sia in positivo di fronte a tutti gli eventi del quotidiano.

Abulia: si tratta di un problema dell’attività intenzionale, non si riesce a operare scelte, prendere decisioni, compiere delle azioni anche piacevoli. È un disturbo della motivazione, una incapacità a investire energia nella vita.

Anedonia: rappresenta la mancanza del sentimento del piacere.

Le etichette non mi sono mai piaciute.

Etichettare problemi psicologici attraverso dei criteri diagnostici è uno strumento utile per gli specialisti per identificare e trattare determinate condizioni. Tuttavia, il sovraccarico di etichette può avere effetti collaterali indesiderati.

Ecco alcune delle potenziali implicazioni negative di un simile approccio:

  • Stigmatizzazione: una volta diagnosticata una certa condizione, il soggetto potrebbe essere visto o trattato diversamente dagli altri, o potrebbe auto-stigmatizzarsi, ritenendo di essere “danneggiato” o “inferiore”.
  • Identità basata sulla diagnosi: l’individuo potrebbe iniziare a identificarsi principalmente attraverso la sua diagnosi, piuttosto che vedere la diagnosi come una parte di un quadro più ampio che riguarda la sua vita.
  • Effetto Nocebo: proprio come l’effetto placebo può avere un impatto positivo sulla salute quando una persona crede in un trattamento, l’effetto nocebo può avere l’effetto opposto. Se qualcuno è convinto che una diagnosi significhi un futuro negativo, potrebbe effettivamente peggiorare a causa di questa convinzione.
  • Rigidità di trattamento: con l’etichettatura, si corre il rischio di adottare un approccio “taglia unica” alla cura. Ciò potrebbe trascurare le individualità e le specifiche esigenze dell’individuo.
  • Visione riduzionista dell’individuo: ridurre una persona a una diagnosi può sovrastimare l’importanza della patologia e sottovalutare altre caratteristiche, capacità, potenzialità e sfumature dell’individuo.
  • Barriere nella comunicazione: la diagnosi può creare una barriera nella comunicazione tra il paziente e il terapeuta. L’individuo potrebbe sentirsi inadeguato o non compreso, mentre il terapeuta potrebbe inconsciamente interagire con la “diagnosi” piuttosto che con la “persona”.
  • Rischi nel percorso di guarigione: fissarsi su una diagnosi può distogliere l’attenzione dai fattori sottostanti o dalle cause radice del problema. Invece di trattare la causa principale, ci si potrebbe concentrare eccessivamente sui sintomi.

Mentre le diagnosi sono cruciali per comprendere e trattare le condizioni psicologiche, è essenziale che siano utilizzate come punto di partenza piuttosto che come definizione finale. L’approccio terapeutico dovrebbe sempre avere al centro la persona e la sua individualità, piuttosto che la mera etichetta diagnostica.

Se esiste una condizione psicologica a causa della quale qualcosa non funziona, è bene indagare questo qualcosa a fondo, trovarne le cause per cambiarlo.

3. Significato e simbologia dei termini apatia, abulia, anedonia

Tutte e tre le parole derivano dal greco e possiedono l’alfa privativo, la “a” posta all’inizio dei tre termini, che sta a significare “senza”. Cioè quello che segue, manca.

  • Apatia = senza emozione, senza turbamento
  • Abulia = senza volontà, senza motivazione.
  • Anedonia = incapacità, totale o parziale, di sentirsi soddisfatti, appagati, per tutte le attività che invece prima procuravano piacere: come il cibo, il sesso e le relazioni sentimentali e interpersonali, lavoro, studio, sport, famiglia.

Sono tre termini strettamente connessi tra di loro.

Spesso quando si presenta l’apatia, gli altri seguono a ruota.

Quindi, mi occuperò dell’apatia che in tempi antichi non era affatto una cosa negativa ma una condizione di pochi privilegiati.

Nel contesto filosofico prima dell’antica Grecia, poi di Roma, compaiono due termini, “apatia” e “atarassia”, che sembrano sinonimi, ma possiedono caratteristiche del benessere psicologico diverse.

Apatia o anche assenza di passioni è un termine fortemente associato allo Stoicismo. Gli Stoici credevano che l’apatia rappresentasse una sorta di imperturbabilità o indifferenza nei confronti degli eventi esterni, in particolare quelli che sono al di fuori del nostro controllo. Questa non era una mancanza di interesse o un ritiro dalla vita, ma piuttosto una serena distanza dalle passioni irrazionali e dai desideri che possono turbare l’anima. Questi ultimi venivano saggiamente evitati.

Per gli Stoici, raggiungere l’apatia significava vivere in armonia con la natura e la ragione, mantenendo la calma, indipendentemente dalle circostanze esterne.

Infatti, atarassia significa assenza di turbamento o imperturbabilità.

È strettamente associato all’Epicureismo, anche se gli Stoici ne hanno  pure parlato. Per Epicuro e i suoi seguaci, l’atarassia rappresentava la pace dell’anima, raggiungibile evitando il dolore e cercando piaceri semplici e moderati.

L’atarassia era l’assenza di dolori mentali e turbamenti.

L’Epicureismo considerava l’atarassia, insieme al piacere fisico (assenza di dolore, chiamata “aponia”), come la chiave per la felicità.

Le due parole evocano una condizione di tranquillità ed equilibrio interiore.

L’apatia si riferisce una distanza dalle passioni e dagli accadimenti, l’atarassia si focalizza sulla tranquillità dell’anima e sull’assenza di turbamento interiore.

Entrambe, tuttavia, erano viste come componenti essenziali del benessere e della vita virtuosa.

Questo che cosa significa?

Vuol dire semplicemente che colui che ha sviluppato i sintomi di questi tre termini ha DISEQUILIBRIO IN ALCUNE AREE SPECIFICHE:

  • emozioni,
  • passioni,
  • volontà,
  • desideri,
  • motivazioni,
  • piacere di vivere.

Oggi questo termine ha perso il manto evolutivo che aveva per i Greci e i Romani e si è trasformato in una connotazione molto negativa, tanto da indicare un disturbo molto serio della sfera psichica.

Infatti l’apatia la ritroviamo tra i sintomi delle seguenti patologie psichiche:

  • Demenza frontotemporale.
  • Disturbo depressivo persistente. Solo come sintomatologia, perché l’apatico non prova sofferenza per la sua condizione, non gliene importa un fico secco, mentre il depresso sta malissimo e soffre la sua depressione.
  • Distimia, depressione minore.
  • Malattia di Huntington.
  • Morbo di Alzheimer.
  • Morbo di Parkinson.
  • Paralisi cronica progressiva.
  • Schizofrenia.
  • Droga.
  • Abuso di farmaci.

Dalla mia esperienza clinica di oltre 30 anni, io tralascerei le presunte motivazioni genetiche e mi sono dedicato a scandagliare le aree specifiche dell’esistenza che ti ho accennato poco sopra.

Nella maggioranza dei casi i motivi di questa condizione psicologica sono da ricercarsi nella situazione presente del cliente.

Delusioni, abbandoni, traumi, perdite, aspettative tradite, frustrazioni, autosabotaggi. Molto spesso il soggetto svolge una vita ben al di sotto delle sue potenzialità reali e delle sue necessità esistenziali. Per pigrizia, per paura, per ignoranza la persona si autolimita, si confina in zone di confort dove ha tutto sotto controllo, meno sé stesso.

Per esempio una relazione tossica al lavoro oppure un rapporto intimo con persone meno evolute o con psichicità differenti, sono in grado di annientare l’entusiasmo di vivere.

La domanda cruciale da farsi quando si vive una condizione psichica come l’apatia è: «Sei sicuro di vivere una vita alla tua altezza?» Ho sempre visto che questa domanda apre scenari molto complessi ma inediti per le persone.

Le principali motivazioni che ho riscontrato nei miei clienti sono:

  • Adattarsi a uno stile di vita che non ti appartiene.
  • Adagiarsi nella scelta più comoda che hai fatto, senza pensare alle inevitabili conseguenze.
  • Non aver saputo far fronte a delle pesanti frustrazioni.
  • Avere percepito l’abbandono.
  • Aver rinunciato a determinate occasioni fondamentali per la propria evoluzione.
  • Avere compiuto scelte sbagliate.
  • Aver paragonato la propria vita con quella degli altri.
  • Rincorrere il mito della felicità a tutti costi, dovere sentirsi felici.
  • Perseguire il successo, la carriera, l’affermazione personale, la bellezza fisica del proprio corpo, come unico scopo della vita.
  • Mancanza della Motivazione Suprema, cioè di quella spinta che inevitabilmente, senza eccezione alcuna, pone ognuno in tiro con l’esistenza.

4. Come se ne esce?

Come ti dicevo prima nell’analisi simbolica dell’apatia e degli altri due termini, è necessario prendere il toro per le corna e costringerti a fare qualcosa che ancora non hai mai fatto: darti da fare!

Devi rompere quel circuito chiuso e ripetitivo che influenza la tua vita  senza che tu ne sia consapevole.

Sta ripetendo ossessivamente il solito schema.

Per questo lo devi rompere, deragliare, cessare di reiterare ossessivamente i soliti pensieri, le stesse emozioni, i medesimi comportamenti che t’imprigionano e ti bloccano.

Un loop ti riporta sempre allo stesso punto.

Il tuo corpo e la tua mente con quella specifica sintomatologia ti stanno dicendo che tu non stai andando da nessuna parte. Ti illudi di muoverti, di fare, di vivere, ma non è così.

È un movimento che sembra in dinamica, ma replicando sempre sé stesso all’infinito, si comporta come un blocco.

La tua mente ti sta comunicando questo.

Ecco perché non riesci a fare niente!

Il blocco ce l’hai prima in testa e poi nel tuo mondo circostante.

Devi dire basta!

Non ti voglio sommergere con le solite tecniche vetuste e quasi sempre, poco efficaci, delle liste dei valori, liste degli scopi, liste degli obiettivi. Nessuna lista avrà mai senso per te!

Non è di una lista che hai bisogno, ma solo di te stesso.

Te le fornirò  anche io quelle liste ma solo a scopo didattico non esistenziale. Per quello la lista la devi compilare tu, solo tu puoi sapere che cosa è meglio per te.

Per uscire dal loop devi fare cose diverse, questo penso che tu lo abbia ben compreso.

5. Piano d’azione: le 9 azioni che ti salveranno la vita

Ci sono una serie di passaggi che dovrai seguire in modo attento e scrupoloso. Se non riuscirai a farlo vuol dire che stai accettando il tuo problema e allora, neanche Dio in persona, potrà aiutarti.

Ecco i 9 passaggi, rileggili più volte e poi APPLICALI. Non m’interessa se li hai capiti o meno. NON ME NE FREGA NIENTE SE SEI D’ACCORDO OPPURE NO.

Tu prova, adottali, e osservati mentre li compi tutti e 9.

Guardati dentro e vedi che cosa cambia, quali emozioni nascono.

Come ti senti dopo averli fatti?

  • Smetti di immaginare come potrebbe essere la tua vita e cerca di costruirtene una vera e degna di essere vissuta attraverso azioni riuscite.
  • Non dare più ascolto alle persone che ti hanno mantenuto in questo stato con la scusante del “poverino sta molto male”. Sono soggetti da allontanare immediatamente.
  • Se puoi, vai a vivere da solo. In un posto assolutamente nuovo per te. Un altra città, un altro paese, al limite anche un altro quartiere, però molto distante dal precedente. Posti nuovi, volti nuovi. Ricordati che stai costruendo la tua nuova vita e devi agire in maniera impietosa. nessun rimpianto e nessuna lacrimuccia. Vuoi vivere o vuoi morire? Già, perché vivere in queste condizioni non è che sia il massimo.
  • Prenditi cura di qualcuno. Può essere un gattino randagio, un cane, degli uccellini, delle persone sole. Chiunque ne abbia bisogno. Dai una mano al mondo intorno a te. prendersi cura di qualcuno fa benissimo. Fallo con amore e non tanto per fare, poiché quella vita ti sta già ricambiando enormemente. Stai ricevendo molto di più di quello che stai dando.
  • Ringrazia ogni giorno la vita! Lei ti sta offrendo splendide opportunità. Cerca di esserne degno e invece di arrabbiarti o deprimerti, cerca di capire il disegno che è sottostante. la vita non è cattiva, non vuole punire, ama solo insegnare. E tu devi apprendere per evolvere. ne hai bisogno come il pane. Ogni mattina quando ti alzi, prima di menartela con tutte le tue solite paranoie inutili, pensa che cosa imparerai oggi, quale sarà la lezione che ti aspetta.
  • Mangia sano! Non ti abbuffare né riempire di cibo scadente e/o industriale, Sii tu stesso artefice del tuo mangiare. Vai dai contadini, nei piccoli negozi ed evita più che puoi i centri commerciali o simili. Prepara tu stesso la colazione, il pranzo e la cena. Scegli ciò che ti piace stando ben attento a quello che ti piace di più. Impara a cucinare. Su internet trovi tutto quello che ti serve. Inizia con piatti semplici i cui ingredienti ti attirano e poi aumenta lentamente il livello di difficoltà. Ti assicuro che il cibo preparato da te assume una valenza assolutamente diversa. Sarai entusiasta  ed orgoglioso di  servirti al meglio!
  • Fai delle camminate quotidiane. Scaricati un pedometro, lo trovi gratuitamente su ogni store del cellulare. Inizia con 1.500 passi (pochi minuti) per giungere a una media di 5/6.000 passi (tre quarti d’ora). Anche semplici passeggiate. Il valore del camminare è incredibile. Bruci calorie, alleni la muscolatura, tutte le articolazioni e il sistema cardiocircolatorio. Potente attività ipoglicemizzante che si protrae anche nelle 24/48 ore successive alla camminata. Poi la mente si svuota, si calma. Io per esempio delle camminate ho fatto il mio momento di meditazione preferito. Prima abitavo in montagna ed era facile raggiungere dei sentieri in mezzo al bosco. Adesso vivo al mare e le camminate le faccio lungo la spiaggia o nelle strade vicino al mare. Se percorri una strada poco battuta che non presenta pericoli come auto, moto, o scalini vari, mentre cammini lasciati andare, lasciati Essere. A me in questa condizione mi vengono in mente molte intuizioni, Idee per scrivere libri, post, articoli. Soluzioni a problemi. Modi per riorganizzare efficacemente la mia giornata. Insomma camminare è un bene prezioso, approfittane.
  • Colpo di reni. La conoscenza unita all’azione ti salveranno. Impara, apprendi, studia, leggi, parla con persone che hanno entusiasmo da vendere. Non credere che per loro sia stato tutto facile. Ognuno ha avuto i suoi problemi, le sue difficoltà e una buona dose di ingiustizie e sfortuna. Ma, nonostante tutto, sono andati a vanti. Hanno sofferto, imprecato, pianto, ma sono anche arrivati al loro obiettivo. Solo ascoltare queste cose dovrebbe darti il giusto abbrivio, la spinta iniziale di cui hai bisogno. Puoi iniziare con un corso di Meditazione, di Aikido, di Yoga, di Qi Gong. Puoi cominciare a studiare una nuova lingua o apprendere uno dei tanti rami della disciplina informatica. Ti sconsiglio di iniziare corsi di poco valore, hobbies, e roba simile. Alla fine farai tante cose ma di poco valore, ricadi ancora nella stessa illusione di “fare”, ma sarai sempre fermo. Non hai bisogno di svagarti, ma l’esatto contrario. devi applicarti seriamente alla conoscenza di chi sei.. Piuttosto studia bene come fare ad arrivare a conoscere te stesso. Come è fatto l’ambiente che ti circonda. Perché i condizionamenti che hai interiorizzato stanno funzionando alla perfezione. Questo devi apprendere. Devi uscire dal sonno, dal torpore in cui tutti siamo nati. Comprendi che sei un “costruito”.Tu pensi di essere te stesso, ma in realtà sei distante dal tuo vero. Sei un insieme di condizionamenti e traumi che vive l’illusione di essere intero, integro, individuo (non divisibile). L’uomo evoluto è una unità di azione, mentre l’uomo “ordinario”, colui che non si è mai occupato approfonditamente di sé stesso, è solo un insieme disordinato di “Io”. Al suo interno vivono conflitti, volontà, contrapposte, direzioni diverse, ognuna delle quali spinge per essere ascoltata più delle altre. Intere folle di altre volontà ti stanno strattonando da ogni parte. Questa situazione la si può sanare esclusivamente con il percorso che ti sto delineando.
  • L’unica vera motivazione che ti porterà fuori dalle paludi dell’apatia è la ricerca della tua motivazione suprema. Questa la vedrai in un prossimo post.

Ricorda che amare la vita è la prima azione terapeutica che puoi donare a te stesso.

L’amore sincero, incondizionato, che nulla chiede se non la possibilità di esprimersi, è il propulsore energetico più potente che hai. Subito dopo viene l’energia sessuale, ma quella vera, quella che proviene da rapporti di livello elevato, basati sull’intelligenza, sulla reciproca spinta alla crescita. Insomma non sto parlando del solito “su e giù meccanico” che oltre a rappresentare uno scadente livello di ginnastica, toglie energia e non l’aumenta.

Con questo post abbiamo messo le basi sul da farsi.

Questo è lo scoglio che devi capire prima di ogni altra cosa. Compreso questi concetti la strada sarà molto più agibile.

Seguimi nei prossimi post perché il discorso non è certamente concluso.

A presto

Maurizio Fani

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