LA MENZOGNA DELL’AUTOSTIMA
Nella società moderna, orientata al successo, l’autostima svolge una funzione indispensabile. Tutti ne parlano e i consigli su come ritrovarla, aumentarla, potenziarla, sono argomento quotidiano. Si continua a considerare l’autostima come frutto di una interazione col mondo e non come prodotto di un percorso di crescita personale.
- Che cos’è l’autostima
- Autostima: come nasce, si sviluppa e si costruisce
- Come riconoscere la vera autostima
- Il percorso segreto che porta a una sana autostima
- Lo spot pubblicitario “Perché io valgo” è la morte dell’autostima femminile
- Bibliografia
Che cos’è l’autostima
I miei lettori sanno che mi pongo molto al di fuori del coro.
Non aspettarti quello che tutti dicono perché non lo troverai mai nei miei libri e nei miei blog. Qualcuno mi accusa di mirare troppo in alto. Forse ha ragione ma qualcuno ci deve pur essere che non ripete i soliti esausti concetti. Facili da capire, generalmente accettati ma inutili e talvolta dannosi.
Dapprima vedremo alcuni autorevoli pareri e poi, come di consueto, ti esporrò la mia visione confortata da molti chiari esempi.
L’etimologia del termine autostima deriva dal verbo latino estimare = valutare, apprezzare, cioè dare un valore, un prezzo a se stessi.
Lo psicologo americano William James (1842-1910), concepisce l’autostima come il risultato scaturente dal confronto tra i successi che l’individuo ottiene realmente e le relative aspettative.
Il sociologo statunitense Charles Horton Cooley (1864-1929) e lo psicologo americano George Herbert Mead (1863-1931) definiscono l’autostima come il prodotto che scaturisce dalle interazioni con gli altri, che si crea durante il corso della vita come un riflesso di ciò che le altre persone pensano di noi.
In particolare Cooley nel 1902 sviluppò la teoria del “looking glass self” (il Sé rispecchiato), che descrive il Sé come una struttura legata all’autoconsapevolezza che si fonda sulle esperienze sociali e relazionali.
Gli altri fanno da specchio e ci rimandano una valutazione che noi accogliamo e che chiamiamo autostima.
Secondo queste teorie la costruzione dell’autostima è un fatto totalmente esterno, creato dal mondo che ci circonda.
Ma se consideriamo l’autostima com’è il voto che ci si dà, noi valutiamo in base a quello che altri pensano e dicono di noi.
Siamo dipendenti dal giudizio altrui.
Intanto è bene chiarire che questo confronto tra l’individuo e il mondo non corrisponde mai alla realtà.
La percezione dell’uno e dell’altro sono quasi sempre errate.
Di conseguenza portano a conclusioni sbagliate.
È vero che l’identità si forma attraverso il giudizio degli altri ma non possiamo demandare totalmente agli altri la coscienza di noi stessi. Ci metteremmo in mani aliene e non avremmo alcuna via di scampo.
Allora questa identità la dobbiamo recuperare da qualche altra parte?
Certamente. È fondamentale recuperare la completa autonomia della nostra autostima.
Iniziamo a osservare le prime crepe in questo sempre troppo osannato concetto.
Secondo lo psicologo Piergiorgio Battistelli l’autostima è “l’Insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso, la valutazione che diamo ogni giorno al nostro agire. Una valutazione che non è studiata a tavolino ma inconscia. L’autostima è intimamente connessa al concetto di Sé che ci costruiamo con l’autoconsapevolezza edè direttamente proporzionale alla nostra “fiducia in noi stessi” ovvero al sapere affrontare le situazioni senza l’aiuto di nessuno, al credo che abbiamo e alle nostre capacità.
Qui compaiono le parole: inconscio, autoconsapevolezza, capacità, fiducia in se stessi.
Abbiamo fatto dei progressi notevoli, siamo passati da concetti che prevedevano solo il mondo esterno e invece scopriamo che non riguarda solo “il fuori” ma soprattutto “il dentro”.
Questo meccanismo agisce sotto il livello della coscienza.
L’essere umano non se ne accorge ma lo attua meccanicamente.
Possiamo quindi definire l’autostima come il complesso delle valutazioni che ogni individuo matura sul proprio conto.
L’autostima è un processo valutativo, giudicante e insindacabile che la persona pone in atto quando in un determinato contesto sociale, valuta se stessa in rapporto alle proprie convinzioni, le proprie capacità e il conseguimento di risultati collocati nel futuro.
Nell’immagine che segue trovi simbolizzato il processo della consapevolezza che impieghi involontariamente ogni qual volta ti appresti a valutare te stesso in relazione a un evento.Partendo dalla base della piramide troviamo i seguenti cinque aspetti:

- Il metro di giudizio che applichiamo nella valutazione di te
- Le emozioni: che cosa provi per te
- Il tuo pensiero: l’opinione che hai di te
- ll comportamento: come ti comporti con te
- L’energia vitale che alla fine sei in grado di sviluppare
I parametri rappresentano la base della percezione del livello di autostima. Su quali basi si fondano?
Hanno corrispondenza col reale oppure sono espressione di una deviazione?
I parametri traggono la loro origine principalmente dalle tre condizioni che seguono.
a) LA LEGGE DI CAUSA/EFFETTO: si spiega tutto col passato.
Ti ammali perché hai preso un virus.
Invece l’ipotesi che ti ammali perché stai sbagliando qualcosa nella tua vita non viene neanche presa in considerazione. Probabilmente non hai fatto determinate scelte che invece avresti dovuto compiere. Il passato c’entra poco. Piuttosto è il mancato appuntamento col futuro, che il tuo progetto di natura aveva previsto, la causa scatenante. Ma per ammettere questa eventualità ci vuole molto coraggio e determinazione. Troppa per molti.
La convinzione che il passato è più forte di te è innegabile.
A questo punto ogni cambiamento è impossibile.
Sei così e rimarrai sempre così.
“Se nasci tondo non muori quadrato” recita un famoso proverbio popolare. La tua esperienza passata diventa il parametro per valutare l’oggi e il futuro. Sostanzialmente sei sempre nel passato e lo ripeti senza accorgertene.
Mario ha vinto il concorso per diventare pilota di jet. Il pensiero che ci sia riuscito perché ha studiato moltissimo è immediato. Ma se osservi con maggiore attenzione noterai che Mario fin da quando aveva due anni si fermava incantato a guardare gli aerei. Scegliendo di fare quel concorso Mario non ha fatto altro che collegarsi al futuro che desiderava e che gli corrispondeva. Per questo l’ha superato non perché aveva studiato. Poi è evidente che se fai qualcosa che ami sarai anche in grado di prepararti molto bene per l’esame ma alla bse c’è questa coerenza tra te e quel lavoro e quindi il collegamento tra il principio che ti ha posto nella vita, il Punto Zero (anima+spirito) e la realizzazione di quella potenzialità (diventare pilota).

L’enorme potere di questa considerazione ti permette di sganciarti da una convinzione ingannatrice e di proiettarti nel tuo futuro, decidendo come e quando costruirlo.
L’importante è che tu risponda alla domanda: «Perché?»
Una volta che avrai trovato una risposta che sentirai vera “dentro”, il gioco è fatto. Puoi andare tranquillo per questa strada.
La risposta al perché è importante poiché ti fa agganciare il tuo futuro a ciò che sei sempre stato, lega la tua essenza che è solamente potenziale alla sua concretizzazione.
b) I CONDIZIONAMENTI: con il termine Punto Zero voglio indicare l’istante preciso in cui avviene il concepimento e l’attivazione della vita del futuro essere umano. In tale contingenza temporale è trasmessa tutta una serie d’informazioni che costituiranno i principi guida che egli dovrà perseguire.
Il Punto Zero proviene dall’Essere ed è composto di anima + spirito.
Se tutto si svolge al meglio l’Io-Storico, che è il mediatore tra l’individuo e il mondo, mette in atto ogni azione in stretta connessione con il Punto Zero.
L’essenza della persona è la responsabile del suo agire.
In questo caso l’essere umano è coerente con se stesso e inizia il suo viaggio verso la felicità.
Ma se fra il Punto Zero e l’Io-Storico si frappongono degli ostacoli, dei condizionamenti, che alterano e deformano la realtà, il comportamento della persona non sarà più espressione della sua essenza ma della deviazione che si è messa di traverso.
In questo caso l’essere umano non si muove più nella vita a proprio vantaggio ma per soddisfare i desideri dei condizionamenti.
Come avere un estraneo dentro di te che ti dice che cosa devi fare per lui (e non per te stesso).
Ecco cosa sono e come agiscono i condizionamenti.

f
Fin dalla nostra nascita siamo condizionati, l’essere umano non percepisce la propria grandezza.
Esistono molti blocchi che lo ancorano a una vita meccanica e banale. E’ come viaggiare col freno a mano tirato.
Non si tratta di singoli eventi ma di una costruzione infinita di strati che si accumulano nel tempo fino a formare una spessa crosta inespugnabile. Come se tu sapessi fin dall’inizio che non potrai mai meritare ciò che sogni poiché TI SENTIRAI sempre colpevole di qualche mancanza.
Perennemente inadeguato.
Quando un giorno te ne accorgerai per te sarà chiarissimo quanta vita hai gettato al vento, quanto ti sei perso e cercherai di recuperare ma fino a quel momento per te sarà naturale continuare a sentirti in colpa e immeritevole.
Guarda che è il sistema che causa questo dentro la tua mente.
Per esempio appena nasci in Italia:
– per la religione sei un peccatore e devi espiare;
– per lo stato sei un debitore e devi pagare;
– per la sanità sei pericoloso senza gli opportuni trattamenti;
– per la scuola sei ignorante e ti offre una formazione da schiavo;
– per la società devi essere educato alla morale corrente, come tutti
gli altri.
Poi, quando smascheri il gioco DIVENTI PERICOLOSO.
Sei difforme dalla massa, diverso.
Non sei “normale” cioè non accetti i vincoli che tutti rispettano poiché insensati e antiumani.
A questo punto l’etichetta di pecora nera e di ribelle non te la toglie più nessuno!
Sappi che ogni salto evolutivo parte sempre da un atto di disobbedienza. Per progredire è necessario imparare a dire di no, a scegliersi sempre.
Amarsi e rispettarsi fino in fondo, sempre.
La famiglia è la prima società che incontriamo. Poi c’è la scuola, la civiltà, il mondo del lavoro, le relazioni affettive. Tutte queste realtà ti porgono una loro verità che è funzionale alla sopravvivenza del potere istituzionalizzato, cioè al Dominio.
Non per te. Se ascolti il Dominio tu perdi te stesso e questa è l’azione peggiore che un essere umano possa compiere nella vita.
c) GLI STEREOTIPI: forme rigide di comportamento che le persone credono vere e assolute ma che sono unicamente delle semplificazioni che deformano la realtà.
Le persone vivono immerse negli stereotipi.
Hanno delle convinzioni inossidabili che non sono disposte a mutare. Gli sterotipi condizionano inconsciamente e modellano il modo di percepire la realtà. Sono come dei filtri che deformano il mondo.
Come hai potuto notare ci sono infinite variabili che incidono sulla percezione del proprio valore.
Considera poi che anche gli altri rientrano nelle tue stesse condizioni e quindi possono emettere dei giudizi fuori luogo sui quali tu non puoi davvero fondare la fiducia in te stesso.
Hai visto che l’energia è al vertice del processo di autostima?
Una bassa energia infatti farà emergere una forza vitale di pessima qualità, scarsa d’intensità e davvero poco realizzativa.
Al contrario una percezione reale del tuo agire ti farà essere fiero e felice di come ti senti e di quello che stai facendo.
Questi stati energetici sono collegati con le emozioni che saranno il loro specchio.
Con tutto questo ben di Dio alle spalle le azioni che compirai saranno votate alla riuscita.
In questo modo tu diventerai autore della tua autostima e non ti adagerai più sulle valutazioni esterne, che comunque ascolterai perché abbiamo sempre da imparare dal confronto con gli altri ma le sottoporrai a un vaglio attento e il più possibile oggettivo.
Sarai forte della conoscenza di te stesso, di come sei e di quello che vuoi diventare.
L’autostima messa in circolazione da tutta quella psicologia da bar di facile uso e consumo, non ti dende certamente libero ma ti costringe dentro a un recinto dove la regola aurea è investire in essa in quanto panacea di tutti i problemi.
Ma quel tipo d’investimento non risolve nulla.
Come hai potuto leggere nella storia le persone sono simili a quel boscaiolo che si è limitato tutta la vita a tagliare qualche albero e non a trovare le miniere. Il bosco simbolicamente indica l’inconscio, ciò che non sappiamo di noi ma che comunque esiste. Tagliare l’albero vuol dire limitarsi a tagliare la nostra forza, a limitarci continuamente. La miniera richiama il lavoro in profondità che dobbiamo svolgere. I vari metalli indicano il grado di purezza che via via si fa sempre più prezioso.
Infine anche la persona che ti ha fatto conoscere questi tesori deve essere messa da parte, perché tra te e la tua parte trascendente non deve esserci alcun ostacolo.
Solo allora sarai diventato la persona che hai sempre desiderato incontrare.
Il concetto di autostima è molto vicino a quello della fede nella religione. Entrambi offrono la sicurezza e la certezza che con pochi libri e una manciata di consigli le persone improvvisamente si sentiranno vincenti, pieni di entusiasmo e… felici!
Avrai ormai compreso che la vera autostima, quella capace di farci superare ogni difficoltà, è il prodotto di un progetto individuale di crescita personale.
Tu puoi sviluppare fiducia in te stesso solo quando conosci chi veramente sei e questo non esiste libro che te lo spieghi.
Vuoi conoscere chi sei veramente?
Possiedi già tutto quello che ti occorre.
Guardati dentro e porta fuori quello che trovi.
Vai a scuola dalla tua anima, vedrai che non resterai deluso.
Quando dirai: «Eccomi!», finalmente avrai capito chi veramente sei.
Autostima: come nasce, si sviluppa e si costruisce
Nel corso della vita sono molte le influenze che partecipano alla costruzione dell’autostima.
I bambini quando vengono al mondo sono sani. Hanno una capacità di essere autentici che gli adulti hanno ormai dimenticato. Sono coraggiosi e curiosi. Nessun bambino nasce insicuro.
Poi intervengono i grandi e iniziano i problemi.
La prima responsabilità è delle figure genitoriali che non sono riuscite a vedere il figlio per quello che veramente è.
Capire la natura dei figli non è cosa semplice, specialmente se i genitori non hanno compiuto questo passo per loro stessi.
Molte volte un genitore si trova di fronte a situazioni che lui di fatto rifiuta. Per esempio un genitore laureato potrebbe trovarsi in difficoltà di fronte a un figlio che voglia fare lavori manuali considerati (scioccamente) inferiori.
Quindi potrebbe sviluppare un sottile senso di biasimo e di rifiuto di riconoscimento del figlio, mettendo sempre il dito dove il bambino (e poi il ragazzo) sbaglia quando fa qualcosa che non è connaturato col suo sentire ma che il genitore pretende.
Un’azione come questa sfilaccerà il concetto di autostima del futuro adulto fino a farlo sentire completamente incapace di fare cose buone e lodevoli.
L’immagine che abbiamo di noi stessi risente moltissimo di quello che i nostri genitori ci hanno trasmesso.
Nessuno è perfetto.
Tutti abbiamo difetti e pregi.
L’importante è rinforzare i punti positivi e cercare di limare quelli critici spiegandoli e portandoli a coscienza, sempre insieme ai fattori belli e buoni naturalmente.
Queste situazioni possono generare sia una bassa stima di sé che una sovrastima.
La bassa autostima tenderà a bloccarci nell’azione, a non provarci mai. Ci accontenteremo di quello che passa il convento: un lavoro che non ci piace, un partner poco significativo, studi non corrispondenti alla nostra aspirazione. Sempre timorosi di prendere qualsiasi decisione diventeremo dei fan dell’inerzia e dell’ignavia. Negli stadi più acuti tenderemo a “passare il tempo” come se il tempo fosse un bene infinito e senza alcun valore.
Quella sovradimensionata non ci fa vedere i nostri limiti, ci fa sentire onnipotenti, ci porterà a entrare in delle dinamiche più grandi di noi con alto rischio di fallimento e conseguenti massicce dosi di stress.
Si aprono le porte a problemi psicofisici anche importanti.
Un ultimo aspetto da indicare è la selezione tematica. Ogni persona sceglie nella vita le situazioni che tendono a confermare le sue credenze, in modo da poter dire: «Hai visto? Te lo avevo detto io».
Con i clienti questo è un fatto normale. Pur di difendere le vecchie posizioni e non cambiare sono disposti anche a subire sofferenze, dolori e perdite.
L’autostima sana prevede che il soggetto sia in grado di fare un esame di realtà della sua situazione generale. Analizzando con uguale serietà i successi e i fallimenti, senza entusiasmi esplosivi o depressioni parallizzanti ma sempre mantenendosi in un intelligente equilibrio.
Il fallimento è un tentativo che non è riuscito e non è la fine del mondo.
Il successo è il frutto di una serie di pensieri e azioni azzeccati, un tentativo andato in porto.
L’importante è amare ciò che siamo e fare quello che più si ama.
“Avrò segnato undici volte canestri vincenti sulla sirena, e altre diciassette volte a meno di dieci secondi alla fine, ma nella mia carriera ho sbagliato più di 9.000 tiri. Ho perso quasi 300 partite. Per 36 volte i miei compagni si sono affidati a me per il tiro decisivo… e l’ho sbagliato. Ho fallito tante e tante e tante volte nella mia vita.
Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto.”
(MICHAEL JORDAN)
Per farti comprendere l’essenzialità dell’autostima ti mostrerò:
– due quadri;
– una storia Sufi;
. uno spot pubblicitario.
Spero che ti piaccia questo modo di dialogare, fatto di esempi, metafore e significati sempre originali.
Come riconoscere la vera autostima
Nell’immagine iniziale si possono ammirare due quadri.
A sinistra troviamo “Sogno di una donna allo specchio” (2006) dell’artista Fabio Fiorone. A destra L’opera del pittore Cagnaccio di San Pietro, pseudonimo di Natalino Bentivoglio Scarpa (1897- 1946).
Nel primo puoi osservare un manichino in posizione danzante che nello specchio assume l’immagine di una danzatrice.
Nel secondo compare una donna nuda che si osserva allo specchio con il dito indice sulle labbra. Si tratta di una posizione di domanda e di riflessione allo stesso tempo. Osserva cercando di capire, non è un semplice vanitoso rimirarsi. Nel quadro si esalta la funzione indagatrice su se stessa.
Perché il primo quadro rappresenta la falsa autostima?
Chi si pone dinanzi allo specchio è un manichino, un qualcosa di inanimato uguale a migliaia di altri manichini. Non ha specificità di sorta, ma nel guardarsi vede una ballerina: CIÒ CHE NON È MA CHE VORREBBE ESSERE.
Si tratta di una costruzione esterna fasulla, posticcia, che non ti porterà mai a niente di bello.
E l’altro quadro?
Qui puoi osservare il vero col vero. La donna è nuda, senza maschere né travestimenti, così com’è. È lei che osserva e apprende se stessa. Lei è come appare.
Com’è dentro, è anche fuori.
L’autostima possiede proprio questa dinamica.
Quella falsa ce la consegna la società, l’educazione, la famiglia, la morale, l’istruzione, gli stereotipi ma quella vera ce la possiamo costruire solamente noi e DA SOLI.
Si tratta di un’incessante ricerca che prosegue fino a quando non tocchiamo il trascendente che è già presente al nostro interno ma che non siamo in grado di riconoscere.
Il percorso segreto che porta a una sana autostima
Un saggio andava tutti i giorni a meditare nella foresta e incontrava sempre un boscaiolo che faceva la legna. Il saggio era dispiaciuto per quell’uomo. Pur essendo molto vecchio, doveva avere almeno settant’anni, e continuava a tagliare legna e a portarsela a casa.
Era pelle e ossa. Il suo corpo era emaciato e camminava ormai con la schiena curva.
Un giorno il saggio gli disse: «Ascoltami, vecchio pazzo! Hai tagliato legna per tutta la vita, perché adesso non provi a spingerti un po’ oltre?».
«Cosa ci sarà mai un po’ più avanti?», rispose il boscaiolo. «Nient’altro che alberi! Ormai sono vecchio e non posso camminare molto. Ho già difficoltà a venire fin qui: cosa otterrei se mi addentrassi oltre nella foresta?»
«Dammi retta», insisté il saggio, «vai un po’ più avanti e troverai una miniera che, in un giorno, ti farà guadagnare più di quanto guadagni tagliando legna per un’intera settimana».
Il boscaiolo si addentrò nella vegetazione e trovò una miniera di rame: prese tutto il rame che riuscì a portare e, una volta venduto, gli fruttò denaro a sufficienza per tutta la settimana. Il vecchio era davvero estasiato. Per sette giorni non ebbe più bisogno di tornare nella foresta, così prese ad andarci una sola volta alla settimana.
A quel punto, il saggio gli disse: «Non fermarti qui, spingiti ancora oltre: nella foresta c’è un’altra miniera!»
«E cosa dovrei farmene?», chiese il boscaiolo.
«Se ti addentri ancora di più nella foresta», spiegò il saggio, «in un solo giorno guadagnerai denaro a sufficienza per tutto il mese, perché troverai una miniera d’argento».
Il boscaiolo si sentiva quasi costretto a dare ascolto al saggio, tuttavia replicò: «E perché dovrebbe importarmi? Per quale ragione dovrei fare questa fatica? Sono a posto così: ciò che guadagno è sufficiente e voglio solo essere lasciato in pace. Un tempo tagliavo legna nella foresta ogni giorno per guadagnarmi il pane, ma ora le cose vanno molto meglio; posso permettermi di venire nella foresta una volta alla settimana e godermi il tempo restante. Posso riposarmi e vivere agiatamente, perciò, per favore, non cercare di confondermi!»
«Come preferisci», rispose il saggio, «però dovresti provarci almeno una volta».
Il boscaiolo s’incuriosì, si addentrò più a fondo nella vegetazione e scoprì una miniera d’argento: così cominciò a recarsi nella foresta solo una volta al mese.
«Devo rivelarti ancora una cosa» disse quindi il saggio.
«Se ti spingi ancora oltre nella foresta, troverai una miniera d’oro che ti procurerà guadagno a sufficienza per un anno intero!»
Il vecchio non aveva voglia di fare altra fatica. Era troppo anziano per affrontare ulteriori difficoltà, ma ormai aveva cominciato a fidarsi delle parole del saggio. Dal momento che aveva dato prova di averci azzeccato per ben due volte, doveva per forza aver ragione anche questa volta.
«Una volta all’anno!», pensò il taglialegna. «Se è così, ho sprecato tutta la mia vita. Mi sarei dovuto addentrare nella vegetazione molto prima! Questa foresta è sempre stata a mia disposizione, ci venivo ogni giorno, tagliavo un po’ di legna e me ne andavo. Restavo ai margini e tornavo a casa. Non mi è mai neppure venuto in mente che all’interno si nascondessero altre ricchezze!»
Si addentrò dunque più a fondo fra gli alberi e trovò una miniera d’oro, così da quel momento prese ad andare nella foresta solo una o due volte l’anno.
«Stai diventando sempre più vecchio», gli disse allora il saggio, «spingiti ancora un po’ oltre! Sei proprio uno sciocco, perché non ci arrivi da solo?»
«Cos’altro potrei trovare?», chiese il boscaiolo. «Non esiste nulla di più prezioso dell’oro!»
«Ti sbagli», rispose il saggio «spingiti più in profondità!»
Addentrandosi ancora di più nella foresta, il boscaiolo trovò una miniera di diamanti e le gemme che raccolse in un giorno sarebbero state sufficienti per una vita intera!
A quel punto non tornò più nella foresta, così un giorno il saggio andò a casa sua e gli disse: «Sei forse pazzo? Perché non sei più tornato nella foresta?»
«Perché mai avrei dovuto farlo?», chiese il boscaiolo.
«Ho ricchezza a sufficienza non solo per me, ma anche per i miei figli. È stato sufficiente andare nella foresta una volta sola!»
«Vai oltre!», insisté il saggio.
«Cosa potrà mai esserci oltre i diamanti?» indagò il boscaiolo.
«Io esisto al di là dei diamanti!», rispose il saggio. «Vieni!»
Il boscaiolo si addentrò ancora una volta nella foresta e vide che il saggio stava seduto al di là dei diamanti, immerso in una quiete assoluta. La pace che emanava era incredibile. Il boscaiolo si scordò di ogni cosa e quando si inchinò ai piedi del saggio, non riuscì più ad alzarsi. Passarono le ore. Non aveva mai conosciuto una pace e una beatitudine simili, era un flusso inesauribile di linfa vitale.
«Razza di pazzo!», strillò il saggio. «Ti sei fermato di nuovo? Vai avanti!»
«Ma cos’altro potrei trovare?», obiettò il boscaiolo.
«Non ho mai sperimentato una beatitudine più grande di questa!»
«Vai avanti!», insisté il saggio. «Il divino ti aspetta!»
Come hai potuto leggere nella storia le persone sono simili a quel boscaiolo che si è limitato tutta la vita a tagliare qualche albero e non a trovare le miniere. Faceva sempre le stesse cose. Non era curioso, intraprendente. Non ricercava se stesso nel mondo ma si limitava a sopravvivere stentatamente.
Il bosco simbolicamente indica l’inconscio, ciò che non sappiamo di noi ma che comunque esiste.
L’albero è simbolo di forza e vigore.
Tagliare l’albero vuol dire limitarsi a diminuire costantemente la nostra forza, a limitarci continuamente.
La miniera richiama il lavoro in profondità con noi stessi che dobbiamo svolgere.
I vari metalli indicano il grado di purezza che via via si farà sempre più prezioso.
Infine anche la persona che ti ha fatto conoscere questi tesori deve essere messa da parte perché tra te e la tua parte trascendente non deve esserci alcun ostacolo. Quindi abbandona il desiderio di seguire un guru, un maestro, una disciplina in particolare.
Se seguirai un altro non arriverai mai a casa tua!
Solo allora sarai diventato la persona che hai sempre desiderato incontrare.
Procediamo ancora.
Lo spot pubblicitario “Perché io valgo” è la morte dell’autostima femminile
Lo puoi trovare al seguente link:
https://www.youtube.com/watch?v=fSfr6ge7lmM.
Lo spot di 30 secondi, per celebrare i cinquant’anni di questo claim, recita: «Tu vali, tu vali, tu vali, tu vali.Parole che tutte noi abbiamo sentito migliaia di volte. Ma sai davvero che cosa significa? L’autostima è un viaggio, non una destinazione. Siamo donne con un obiettivo. Ogni giorno è una sfida con noi stesse per non rinunciare a nessuno dei nostri sogni, perché la nostra storia vale. Da cinquant’anni crediamo nel valore di tutte le donne».
Nello spot compaiono in ordine di apparizione:
l’atleta paraolimpica Bebe Vio, le attrici Elena Sofia Ricci e Miriam Leone e l’influencer Elisa Maino, tutte donne di spicco unite nell’intento di difendere il valore femminile. Non è un caso, dunque, che la frase “perché la nostra storia vale” sia presente in questo spot.
L’azienda afferma che: «La pubblicità si basa sull’empowerment femminile. Cerchiamo di aiutare le donne a conquistare il posto che desiderano nel mondo sentendosi sicure di loro stesse e della propria bellezza».
Lo slogan in questione è stato ideato dalla pubblicitaria Ilon Spetch nel 1971. La frase era in prima persona singolare: «Because I’m worth it (perché io valgo, oppure, perché io me lo merito».
A quel tempo le pubblicità per i prodotti femminili erano impersonate da uomini, ricordiamoci che siamo negli anni ’70.
Negli anni ’90, come puoi vedere dal link che ti ho messo, il claim è cambiato: «Because you‘re worth it (perché tu vali, oppure, perché voi valete). Probabilmente il cambio è avvenuto perché la formula precedente poteva apparire offensiva per alcuni (io valgo tu non vali).
L’interpretazione precedente appariva molto autoreferenziale. Lo pronunciavano il calciatore Bierhoff, il pilota Schumacher, e svariate modelle dai contratti d’oro.
Il sillogismo è evidente. Se tu usi questo prodotto anche tu vali. Che io valgo la sai bene, sul mercato mi faccio pagare molti soldi.
La parola “valere” non ha molto da condividere con l’altro termine usato nello spot che è “autostima”. Valere viene ripetuto infinite volte, autostima una sola. Quindi si rafforza nella mente del consumatore che l’autostima sia l’apprezzamento, un valore economico che qualcuno riconosce.
Valere equivale a definire il prezzo di un oggetto o un servizio secondo una moneta di scambio o altro bene. Quindi il termine “valere” lo possiamo trovare in borsa, negli affari, negli oggetti, al mercato ma non negli esseri umani.
“Perchè voi valete” è un’operazione semantica che rafforza l’idea che il valore del singolo è dettato dal sistema stesso come livello di scambiabilità e desiderabilità. La nostra vita viene dopo, a monte esistiamo come montante economico.
Siamo diventati oggetto tra gli oggetti, con un costo, un prezzo e un mercato. Tutto questo in barba alla vita reale.
Si vale, si è apprezzati per l’apparenza, per quanto riusciamo a conformarci ai valori dettati dal sistema. L’interiorità non conta niente. Ciò che conta è essere vendibili, utilizzabili come oggetti anche preziosi ma privi di anima.
Ciò che è immediatamente vendibile e scambiabile è anche eliminabile alla stessa velocità.
Quindi il sillogismo che tu vali solo se usi certi prodotti (e non altri) trasmette un messaggio molto negativo: “il tuo valore lo decido io e se io dico che non vali tu lo accetti”.
Ed ecco tornati al concetto di autostima proveniente da un esterno e non come opera interiore dell’uomo che amplia l’autoconsapevolezza.
Il sistema ti vuole sempre riportare lì, perché solo in quello stato mentale tu obbedisci, mentre se fossi lasciato libero di essere te stesso sfuggiresti, con estrema facilità, alla rete che ti è stata tesa.
“L’autostima è la sinergia tra la conoscenza di noi stessi e gli obiettivi che decidiamo di raggiungere per essere felici”
Maurizio Fani
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