La paura è ritenuta dalla cultura e dalla psicologia ufficiale una condizione ineliminabile dell’essere umano alla quale si può fare fronte con alcuni espedienti come la decisione di affrontarla e la sua trasformazione in coraggio. Manca totalmente la parte più importante: che cosa c’è all’origine della paura che un individuo prova? Come si forma? Come si supera?
- Premessa
- Le emozioni
- La “catena emozionale”
- La durata delle emozioni
- Le emozioni primarie
- Le incoerenze sulla paura
- Perché e come affrontare e risolvere la paura
- I bambini piccoli non hanno paura
- Amara, conoscere, realizzarsi
- Il fluire della vita
- Bibliografia
Premessa
La paura attanaglia, blocca, paralizza, congela (freezing).
Provoca modificazioni psichiche e fisiche anche molto importanti.
La paura sembra proprio che conviva con l’essere umano da sempre. Del resto anche la psicologia ufficiale la considera una delle emozioni principali alla quale è impossibile sottrarsi.
La paura comprende in se stessa stati di diversa intensità emotiva che vanno da polarità fisiologiche come il timore e la cautela, sino a polarità patologiche come il panico e il terrore.
Il termine paura esprime:
- una situazione sgradevole attuale;
- una situazione sgradevole futura;
- una situazione sgradevole imprevista;
- una condizione sgradevole e persistente e invasiva.
Tutti abbiamo vissuto stati di paura con diversi livelli d’intensità.
Conosciamo molto bene i risvolti psicofisici che comporta questa emozione.
Quello che conosciamo meno è la sua origine e soprattutto come fare per superarla. Per arrivare a questo è necessario partire dalle emozioni e vedere come funzionano.
Le emozioni
Le emozioni sono azioni che ti muovono dentro.
Sono stati mentali e fisiologici che si attivano in risposta a stimoli esterni o interiori. Sono la nostra principale fonte di piacere e di sofferenza. Quando abbiamo problemi, spesso troviamo che affondano nelle emozioni.
Queste risposte per la maggior parte sono apprese ma esistono anche quelle naturali.
Ricercatori affermano che Il neonato ha tre emozioni di base: paura, amore, ira.
Entro i primi cinque anni di vita ne compaiono altre: vergogna, ansia, gelosia, invidia. Dopo il sesto anno di età, il bambino è capace di nascondere il proprio stato emotivo e mostrarsi agli altri per come si aspettano.
Per me la paura non ga parte dei bambini piccoli. Se mai arriva dopo. Ma non è importante, mentre lo è il processo di apprendimento delle emozioni che dura per tutta l’esistenza.
Spesso il soggetto è inconsapevole che sta imparando schemi emozionali. Fino a quando l’individuo non decide di tornare all’inizio della propria esistenza e mettere in discussione tutta la sua vita diventandone cosciente, sarà sempre vittima delle proprie emozioni. Proverà a controllarle come suggeriscono le riviste in vendita in edicola o esponenti di psicologie miracolose ma sarà tutto vano.
Il sintomo non è la causa.
Le emozioni possono avere una base ereditaria.
Recenti studi genetici che hanno confrontato i figli di persone fortemente traumatizzate o esposti a drammi come guerre e incidenti, hanno visto che manifestano sintomi simili pur non avendo vissuto il doloroso evento dei genitori.
Le emozioni sono il nocciolo duro del nostro essere.
Generalmente si riconoscono alle emozioni 3 funzioni fondamentali.
Preparano all’azione: forniscono un sistema rapido di risposte automatiche e involontarie quando siamo esposti a determinati eventi. Questa è anche riconosciuta come “funzione adattiva” necessaria per la sopravvivenza.
Funzione relazionale: l’espressione del volto, dei gesti, della voce. Della prossemica e dello sguardo forniscono a chi sta intorno informazioni utili.
Comunicazione con se stessi: aiutano a comprendere il proprio stato psico-fisiologico.
Io ne aggiungo altre due per me più importanti delle precedenti:
Funzione evolutiva: ogni emozione negativa segnala un ostacolo che deve essere superato. Se hai paura dei cani, del buio, delle persone, dell’ignoto, di morire, di ammalarti, vuol dire che in quell’area hai vissuto un’esperienza traumatizzante che può essere stata reale oppure immaginaria ma che è rimasta incisa nella tua parte inconscia. Il superamento del problema comporterà un ampliamento di coscienza: tu dovrai essere di più. Se invece ti limiterai a vivere l’emozione negativa e cercherai di risolverla nei sintomi, non scalfirai la sua origine. Resterai fermo al palo. Non evolverai, non crescerai. E con l’andare del tempo l’emozione aumenterà il suo spessore e diventerà sempre più intensa e incontrollabile.
Funzione validante: ogni emozione provata mi sta informando sulla validità o meno della relazione tra me e una determinata situazione. Si può trattare di una persona, una decisione, un pensiero, un oggetto inanimato. Questo rapporto diadico tra te e qualcos’altro non è un giudizio di valore sulla parte con cui ti stai confrontando. Si tratta di una stima utilitaristica-funzionale della relazione che intercorre o che potrebbe intercorrere tra i due poli di quella diade. Si può sintetizzare l’intero concetto in alcune semplici domande.
- Questa persona (evento, pensiero, oggetto, ecc) è valida/o per me?
- Mi fa crescere?
- Crea benessere in me?
- Mi amplifica?
Lo psicologo Antonio Damasio definisce marcatore somatico quella sensazione piacevole o spiacevole avvertita dall’individuo nel momento in cui impatta con il pensiero oppure materialmente una determinata situazione.
Il famoso pugno allo stomaco, che tutti abbiamo provato nella vita, ci segnala che ciò che abbiamo di fronte e con cui stiamo interagendo o abbiamo intenzione di farlo non è una buona cosa per la nostra esistenza.
Che si tratti di una scelta del piatto al ristorante o del tuo partner, non cambia assolutamente nulla.
Questo meccanismo innato lo abbiamo perso con l’andare del tempo. Siamo diventati tutti molto razionali e non badiamo più a certi messaggi che instancabilmente, continuano a giungerci dal profondo. Non ci facciamo più caso ed è per questo che per molti può apparire un’assurdità.
In realtà questa potenzialità validativa la possiamo non solo riscoprire ma incrementare e allenare utilizzandola quotidianamente.
Trasformare dei segnali in informazioni in modo permanente sarà possibile solo quando inizierai seriamente a voler scoprire chi sei, altrimenti il processo non si darà in tutta la sua potenza, poiché lo inibirai con il tuo atteggiamento.
Il marcatore quindi può fare insorgere emozioni sia positive sia negative.
Le emozioni sono il fulcro della nostra esistenza. Tutto ruota intorno ad esse. Se seguiremo la vita, le avremo come fedeli alleate, se invece inizieremo a nasconderle, evitarle e a mentire a noi stessi, assumeranno il ruolo di veri e propri mostri al nostro interno.
Nasciamo tutti con un bagaglio di emozioni possibili. Nel divenire esistenziale le nostre emozioni si specificheranno come risposte ai tanti stimoli sia esterni cioè ambientali, sia interiori.
La “catena emozionale”
La “catena emozionale”
Al fine di fare chiarezza su quest’argomento che spesso genera confusione, ti voglio mostrare i vari collegamenti che esistono tra emozione, sensazione, sentimento e stato d’animo.
La maggior parte delle persone si limita a percepire gli effetti delle emozioni senza porsi alcuna domanda e fa in modo da esserne pervasa se non posseduta. Evitare di dare un volto e un nome a ciò che si prova, pone il soggetto al centro di una tempesta di emozioni e di pensieri che s’influenzano a vicenda fino a sfociare in situazioni peggiorative.
Osserviamo le differenze e successivamente le relazioni tra questi quattro termini che tutti noi pronunciamo continuamente.
Per spiegarti in maniera ancora più chiara e univoca il processo della catena emozionale ti farò un esempio.
EMOZIONE | SENSAZIONE | PERCEZIONE | SENTIMENTO | STATO D’ANIMO |
L’ emozione è l’effetto che proviene da una situazione improvvisa. È una reazione involontaria e automatica del nostro intero organismo a uno stimolo interno o esterno. Ha una durata breve. Alcuni studiosi affermano di 90 secondi, poi si stabilizzano solo se le alimentiamo. Altri parlano di tempi molto più lunghi. | La sensazione è un cambiamento dell’attività neuronale che deriva dall’interazione diretta dei nostri organi sensoriali con l’ambiente esterno. | Un ulteriore sviluppo della sensazione è costituiro dalla percezione che corrisponde a una organizzazione dei dati sensoriali in una esperienza di pensiero consapevole. La capacità di percepire richiede la coscienza di sé. Dipende dall’interpretazione che noi diamo agli eventi che hanno causato l’emozione e la sensazione. | Quando un’emozione è consapevolizzata cioè percepita, si trasforma in sentimento e acquisisce una maggiore durata. | I sentimenti alimentati dai nostri pensierii e comporta- menti danno vita agli stati d’animo. Gli stati d’animo compongono lo sfondo della nostra esisten- za e si amalgamano con la nostra personalità. Hanno una durata prolunga- ta nel tempo. Esempi di stati d’animo sono: la malinconia, la solitudine, l’ansia (aspettative catastrofiche, paure anticipatorie), l’angoscia, la frustrazione, l’eccitazione l’amore. |
È notte fonda, diciamo le tre e mezzo. Fuori tuona e tira vento, sta piovendo a dirotto. Il telefona squilla con insistenza.
Che cosa può accadere?
Il fatto di essermi svegliato nel cuore della notte, col tempo che si fa sentire, mette addosso sicuramente un minimo di paura/agitazione.
Il telefono continua a squillare.
Chi sarà?
Mi sono svegliato di soprassalto, la sensazione non è piacevole ma potrebbe esserci un motivo valido.
«Come mai qualcuno mi chiama a quest’ora?»
L’agitazione cala.
Mi alzo e comincio a pensare: «Qualcuno avrà sbagliato numero vedrai!», ecco che l’agitazione residua se ne va e lascia il posto ad alcune riflessioni.
«Forse qualcuno starà male e ha bisogno del mio aiuto, oppure uno scherzo di pessimo gusto». Tutte alternative plausibili che hanno gestito l’emozione di paura/agitazione iniziale.
Non mi sono identificato con la paura/agitazione ma ho cercato di esserne consapevole e di dare a me stesso una spiegazione dell’accaduto.
Ho reinterpretato l’accaduto e il mio stato d’animo di serenità è ritornato al suo posto.
La durata delle emozioni
Non farti illusioni però; almeno che tu non sia una persona allenata alla meditazione o al raccoglimento interiore, non c’è possibilità che la mente “taciti i pensieri” per 90 secondi e attenda che l’emozione evapori. Non è il modo in cui funzioniamo.
Le emozioni che durano meno sono anche quelle causate da eventi considerati poco importanti.
Quelle che durano di più invece sono legate a eventi a forte impatto per il soggetto, con conseguenze marcate.
Altri studi provenienti da una ricerca condotta dall’Università di Lovanio in Belgio e pubblicati in un articolo scientifico in “Motivation and Emotion” hanno evidenziato un tempo diverso di permanenza degli stati emotivi:
RABBIA – 2 ore
ODIO – 60 ore
ANSIA E DELUSIONE – 24 ore
TRISTEZZA – oltre 120 ore
GIOIA – 35 ore
PAURA – 40 minuti
VERGOGNA – 30 minuti
Su una serie di 27 emozioni, la tristezza è durata più a lungo delle altre, mentre la vergogna, sorpresa, paura, disgusto, noia, irritazione o sensazione di sollievo erano spesso momentanee.
Chiunque abbia ragione, la durata dell’emozione specialmente se sgradevole è nelle tue mani.
Puoi decidere se controllarla e risolverla oppure se soggiacere e subirla con tutti gli aggravi del caso.
L’emozione come leggerai tra poco è lì per insegnarci qualcosa.
È un’esperienza che viviamo e non possiamo fare a meno di osservarla e concentrare i nostri pensieri su di essa. L’effetto più duraturo scaturito dall’emozione (di per sé breve) è comunque inevitabile. Maggiore è l’impatto delle emozioni e più a lungo perdurerà il loro effetto su di noi.
Le emozioni primarie
Le emozioni primarie sono innate almeno nel loro equilibrio originario. Poi possono scivolare nel patologico nel corso dell’esistenza a causa dell’interazione sociale.
Molti teorici hanno formulato varie ipotesi sul numero e sul tipo di emozioni che devono essere considerate primarie. Qui di seguito ti riporto una tabella redatta dagli studiosi Ortony e Turner nel 1990 che hanno raccolto una vasta gamma di ricerche sull’identificazione delle emozioni primarie.
AUTORE | EMOZIONI PRIMARIE |
Arnold | Collera, avversione, coraggio, scoraggiamento, desiderio, disperazione, paura, odio, speranza, amore, tristezza. |
Ekman | Inizialmente: Collera, disgusto, paura, gioia, tristezza, sorpresa divertimento, disprezzo. Successivamente: appagamento, imbarazzo, eccitamento, colpa, orgoglio del successo, sollievo, soddisfazione, piacere sensoriale e vergogna. |
Frijda | Desiderio, felicità, interesse, sorpresa, meraviglia, dispiacere. |
Gray | Rabbia e terrore, ansia, gioia. |
Izard | Collera, disprezzo, disgusto, angoscia, paura, colpa, interesse, gioia, vergogna, sorpresa. |
James | Paura, dolore, amore, rabbia. |
McDougall | Collera, disgusto, euforia, paura, soggezione, tenerezza, meraviglia. |
Mowrer | Dolore, piacere. |
Oatly e Johnson-Laird | Collera, disgusto, ansia, felicità, tristezza. |
Panksepp | Inizialmente: Attesa, paura, rabbia, panico. Successivamente: paura, rabbia, eccitazione sessuale, cura, pena della solitudine, gioco e ricerca/voglia di fare. |
Plutchik | Approvazione, collera, aspettativa, disgusto, gioia, paura, tristezza, sorpresa. |
Tomkins | Collera, interesse, disprezzo, disgusto, angoscia, paura, gioia, vergogna, sorpresa. |
Watson | Paura, amore, rabbia |
Weiner e Graham | Felicità, tristezza |
Come puoi vedere ognuna dice la sua. Le emozioni ancora sono un versante da esplorare. Le primarie e le secondarie spesso si confondono. Si sanno gli effetti ma per scoprire le cause non ha senso indagare l’emozione in sé ma occorre spostarsi all’interno dell’individuo, l’unico responsabile.
Intanto ti riassumo in estrema sintesi i significati dei termini che incontrerai parlando della paura in senso generale.
Si parte dalla fobia all’inizio del primo schema, per giungere al terrore alla fine del secondo schema.
Hai in questo modo di fronte a te una panoramica crescente del fenomeno “paura”.
Schema n 1
FOBIA | ANSIA | PAURA |
Una fobia è una paura marcata nei confronti di un elemento specifico (oggetto, situazione, animale, luogo, ecc.) sproporzionata, sempre presente e spesso irrazionale rispetto alle paure comuni. | Anticipa un pericolo imminente o futuro. Si reale che immaginario. Ha una funzione adattiva. Diventa patologica quando scade in uno stato di sconforto, palpitazione e sudorazione. In questo caso sfocia nella paura. | È sempre collegata a un giudizio interno. La risposta della paura dipende dal soggetto e dalla sua interpretazione dell’evento. |
Schema n. 2
ANGOSCIA | PANICO | TERRORE |
Si tratta di un sentimento che può degenerare in stato d’animo. È l’insieme di paure stratificate una dopo l’altra senza sorta di soluzione. Il soggetto si percepisce messo all’angolo. Costretto. Soffocato. Esiste una correlazione tra stati di angoscia e disturbi psichiatrici e depressivi. | Stato d’animo. Il soggetto ha solo tre alternative: blocco totale, fuga, attacco sconsiderato. Gli attacchi di panico possono degenerare nel disturbo di panico dove esiste una sovrastimolazione del sistema limbico e dell’amigdala. | È uno stato d’animo. Un tipo di paura ancora più grave del panico. Nel terrore la muscolatura è paralizzata, la reazione lotta/fuga è interamente inibita. Sorge in situazioni di pericolo o di dolore estremi. Si dice: “congelato/pietrificato” dal terrore. Il corpo disattiva ogni sensazione proveniente dalla periferia per limitare la sensibilità dell’organismo nell’agonia che precede la morte. Si tratta di un ritiro verso l’interno, come in uno stato di shock. Il respiro rimane paralizzato nella fase di espirazione. Il terrore può precedere lo svenimento, in questo caso la vita è mantenuta dal sistema neuro-vegetativo attraverso i processi inconsci. Se il terrore permane per un ampio periodo di tempo, sopraggiunge la spersonalizzazione, dissociazione dell’io percepita dai processi corporei. Fase adottata da molte strategie di tortura per scindere la personalità del soggetto e renderlo psicologicamente sottomesso. |
Considerando le sei forme principali della paura puoi vedere come il fenomeno può aggravarsi fino alla morte della persona che ne è affetto.
Le incoerenze sulla paura
Perché la paura non è quella che ci raccontano?
In questo è una menzogna.
La parte vera invece è quella che la paura stessa cerca di coprire ma che si rivela sempre, basta volerla vedere.
Proseguiamo nello scovare le incoerenze che ci propinano sulla paura.
a) Esistono tante paure.
Iniziamo a prendere atto che con il termine “paura” identifichiamo una lunga serie di stati emozionali ben diversi tra loro.
La paura di sostenere un esame non è la paura di morire.
Ci sono molte parole che indicano vari gradi di paura.
Allarme
Angoscia
Ansia
Apprensione
Batticuore
Deferenza
Diffidenza
Esitazione
Fifa
Incertezza
Insicurezza
Oppressione
Perplessità
Preoccupazione
Sgomento
Smarrimento
Soggezione
Spavento
Strizza
Tentennamento
Terrore
Timore
Titubanza
Trepidazione
Turbamento
Siamo abituati a esprimerci sempre con la stessa parola: paura.
Non esiste più la trepidazione, il turbamento, lo sgomento.
Il vocabolario si è impoverito e con meno vocaboli tutti noi siamo in grado di pensare di meno e descrivere ancor meno i nostri stati d’animo. La pochezza lessicale crea le condizioni per parlare sempre della paura e non di altre emozioni assai diverse tra di loro.
b) La paura senza l’oggetto.
Un’altra osservazione importante è che quasi sempre la paura non ha niente a che vedere con i fatti reali ma è sufficiente la propria immaginazione. La paura degli scorpioni non richiede la presenza dell’animaletto in casa.
Arriviamo anche a provare una paura non incasellabile.
Paura di tutto. Paura indeterminata che ci afferra e pare non volerci più abbandonare. Heidegger descriveva questa paura come angoscia, una normale conseguenza dell’essere esposti al mondo.
Non c’è un oggetto di riferimento e nonostante questo non piccolo aspetto, la paura mantiene se stessa al comando della nostra psiche e del nostro corpo.
c) La paura non è una risorsa.
È diffusa l’opinione che per fortuna possiamo disporre della paura poiché quest’emozione ci preserva dai pericoli. Paura come istinto che ci protegge dalle minacce.
Anche questo fatto è vero solo parzialmente.
Vediamo perché.
Esiste una lunga serie di parole che ci permetterebbero di avere un atteggiamento teso a impedirci di subire dei danni.
Accortezza
Avvedutezza
Cautela
Circospezione
Lungimiranza
Oculatezza
Ponderatezza
Previdenza
Prudenza
Questi comportamenti sono tutti saggi e auspicabili e non hanno bisogno di essere sostituiti con la paura.
È molto meglio insegnare a essere cauti che ad avere paura. Muoversi con circospezione è sicuramente preferibile ad assumere un comportamento pauroso.
Le parole sono molto importanti. Ognuna ha un suo peso specifico, una sua vibrazione. Secondo di quale scegli, imposti la tua mente in un modo o in un altro. Cambiando il tuo atteggiamento cambi anche la percezione della realtà e mutano le possibilità d’interagire con essa. Come puoi osservare la paura è portata ovunque e in essa è prassi far confluire tante cose che con la paura non c’entrano nulla.
Perché?
Perché risulta utile.
Lo spargimento della paura è una vera e propria strategia che è stata costruita nei millenni, non certo da ora, e che trova il suo fondamento nella ricerca del consenso e la gestione del Dominio.
Quanti sponsor ha la paura!
d) La paura va trasformata in coraggio.
Così facendo si dà alla paura il podio della vittoria su di noi, perché PER DIVENTARE CORAGGIOSI DOBBIAMO PRIMA ESSERE PAUROSI.
Anche quest’affermazione è singolare.
Il coraggio non è antitetico alla paura ma una sua conseguenza. Senza la paura, il coraggio non ha motivo di esistere.
Quando hai paura il coraggio può aiutare ma è sempre uno sforzo perché la situazione si può risolvere in altro modo, molto più economico da un punto di vista energetico.
S’interviene prima dello scatenamento della paura e non dopo il suo avvento.
e) La paura acquisisce potere se esegui i suoi comandi. Se fai il contrario di quello che ti dice, tiri fuori il coraggio.
Non è fare il contrario di quello che la paura ti spinge a compiere ma chiedersi il perché di quella paura. Se fai il contrario comunque stai re-agendo a lei. Lei si presenzia e tu modifichi la tua vita.
Non va bene.
f) La paura più grande scaccia quella più piccola.
Molti professionisti utilizzano l’invenzione di paure più grandi per far superare ai propri pazienti il disagio della paura. Le chiamano “paure terapeutiche”. Nell’immediato portano sollievo ma lasciano il soggetto all’interno del meccanismo della paura. Invece di andare oltre lo si addestra a crearsi delle paure alternative.
g) Esiste la paura, la paura della paura, la paura della paura della paura…
Apparentemente è proprio così. Scendendo nei particolari si può osservare che la paura è alimentata da un’energia che vuole salvaguardare se stessa come fosse animata. La paura prolifera, procrea, favorisce la nascita di altre paure collegate e pensieri che la rinforzano, poiché il suo scopo è di farsi notare dal soggetto perché prenda dei provvedimenti. Abbiamo visto che la paura ha funzione evolutiva. Se non ascoltata lei incessantemente cercherà di amplificare i suoi effetti attaccandosi ad altri riferimenti.
Perché e come affrontare e risolvere la paura
Non tratterò delle tante terapie cognitivo-comportamentali che vengono impiegate per risolvere la paura. Esse si fondano sulla rielaborazione concettuale delle credenze, la desinsibilizzazione degli stimoli paurosi, il rilassamento e altri tipi di condizionamenti.
A un condizionamento si risponde con un altro condizionamento.
È anche vero che non tutti desiderano indagare a fondo il proprio quadro sintomatologico. Molti preferiscono le pillole, le soluzioni meno coinvolgenti e più rapide.
Nella rete puoi trovarne infinite strategie come queste che ti ho accennato. Sono le più utilizzate in assoluto. E degli effetti benefici li raggiungono.
Io mi occupo di qualcosa di molto differente.
Procediamo con ordine.
I bambini piccoli non hanno paura
La paura anche se è stata inserita tra le emozioni primarie secondo me non fa parte del bambino. Il piccolo non ha mai paura. Non percepisce i pericoli e qualunque cosa faccia coinvolge se stesso in maniera totale. È curioso di tutto e vuole fare continuamente esperienza.
Questo significa che la paura si apprende.
Come ho già evidenziato tutto il sistema educativo, sociale, scolastico, religioso partecipa all’addestramento alla paura.
Se non fai il bravo, ti metto in punizione e lo dico ai genitori.
Se non sei come gli altri sei diverso quindi escluso.
Se non studi ti metto una nota.
Se non credi finirai all’inferno.
Alla fine del ciclo di maturazione l’essere umano si trova ad avere un consistente bagaglio di “paure” indotte e costruite giorno dopo giorno.
Questo non accade a caso ma per scelta strategica del sistema.
Siamo nell’era della tecnologia sfrenata.
La macchina è il nuovo riferimento che dovrà sostituire l’essere umano poiché molto più performante.
Successo, ricchezza, competizione, funzionalità sono diventati i nuovi riferimenti. Il denaro da mezzo si è trasformato in scopo principale della vita.
L’uomo si è perso nei circuiti dell’illusione cibernetica.
In questo contesto parlare di amore, conoscenza di sé può apparire fuori moda.
Lo so.
Ma nonostante tutto è la cura delle cure, la strategia delle strategie. Solo ripartendo da questo l’uomo può ritrovare, a dispetto di tutto e di tutti, se stesso, la propria anima, il proprio spirito.
Ricondurre l’umanità all’Essere è la sola mossa azzeccata.
Qualsiasi altra sarà sempre un po’ meno vantaggiosa per l’uomo.
Amare, conoscere, realizzarsi
Questa frase è la sintesi della vita.
L’elemento fondante su cui ognuno dovrebbe basare la propria esistenza. Diventare se stessi è la principale condizione della salute e della felicità.
Staccarsi dai modelli collettivi, smettere di imitare gli altri ma andare alla ricerca del significato della propria esistenza. Non essere uguali a nessuno ma realizzare solo ciò che si è in potenza.
Si tratta di un percorso individuale, intrapreso da pochi soggetti. La solitudine può spaventare ma una volta che abbiamo familiarizzato, saremo noi stessi a ricercarla.
Scomponiamo la frase:
amare,
conoscere,
realizzare.

Sono tre fasi temporali.
C’è un inizio un durante e una fine.
L’immagine qui a fianco riassume tutti gli elementi di cui voglio parlarti.
L’inizio è dato dalla forma costitutiva del futuro essere umano. Si tratta del momento in cui due cellule s’incontrano e generano una nuova vita. In questo preciso istante sono assegnate delle caratteristiche uniche a ognuno di noi. Caratteristiche fisiche, psichiche, talenti, virtù, passioni. Tutto quello che serve per sviluppare te stesso al meglio.
Questa potenzialità da sola non può bastare.
Che cosa manca?
La consapevolezza della persona.
L’uomo deve capire che dentro di lui esiste un mondo che aspetta solo di essere riconosciuto per renderlo manifesto.
Gli altri ingredienti indispensabili in questo processo sono tre:
l’amore,
la ricerca,
la conoscenza.
Amare se stessi è prioritario altrimenti non potrà mai esserci vera conoscenza.
Ricercare incessantemente è l’atteggiamento giusto per chi vuole dedicare la vita a conoscere com’è fatto.
La conoscenza non è certo quella dei libri. Quella costa poco vale poco. Quando si parla di conoscenza, s’intende una dinamica che vede l’acquisizione d’informazioni dentro di sé, la successiva rielaborazione di questi concetti e la risalita di una conoscenza che si chiama scoperta. Un concetto non va imparato ma ri-scoperto al proprio interno. Solo allora sarà veramente anche tuo.
Il fluire della vita

Adesso prendiamo le conoscenze acquisite poco sopra e riportiamole in maniera più dinamica.
Qui abbiamo il nucleo centrale del Punto Zero che è in presa diretta con l’Io-Storico, il mediatore tra la tua interiorità e il mondo.
Qui il soggetto sta portando nel mondo la sua specificità senza alcuna distorsione. In poche parole realizza se stesso.
Naturalmente questa è una situazione ideale. Nella realtà le cose stanno molto diversamente. Nella figura 2 puoi vedere come esista una serie di ostacoli che impediscono il libero fluire.
Fino a quando siamo vivi, la vita spinge per realizzare se stessa e per quanto noi la ignoriamo lei non cessa mai di farsi sentire.
Non consentire alle spinte vitali interiori di guidarci nell’esistenza è la via maestra per ammalarsi e per essere infelici.
L’energia vitale delle pulsioni che abbiamo dentro non si può spengere con un interruttore poiché esse rappresentano lo scopo della vita.

Qui accanto ti faccio l’esempio di un’ipotetica spinta creativa. Potrebbe essere qualunque altra caratteristica, il discorso non varia. Come puoi osservare l’impulso iniziale viene distorto e inizia il suo percorso deviato creando uno stato di depressione.
La creatività verrà utilizzata come patologia e non come funzione di crescita funzionale per il soggetto.

A questo punto avrai capito che la paura proviene da una situazione che NOI abbiamo bloccato e della quale siamo pienamente responsabili.
Risalire alle sue cause può rappresentare una soluzione. Ma l’uscita dal problema è compiere quella realizzazione che è stata impedita.
Come io spiego nel mio metodo di coaching si può agire guardando dei film e trarre da essi preziosi insegnamenti. Poi l’utilizzo della “visione simbolica” si è rivelato senza dubbio uno strumento eccellente.
Qui non si parla di condizionamenti o di altri strattagemmi ma del cuore pulsante della vita.
Difficile?
Può darsi. Non lo nego.
Ma alternative altrettanto valide non ne conosco.
Puoi trovare molte altre informazioni sulla paura nel mio libro:
IL POTERE DEL DOMINIO E L’ILLUSIONE DELLA LIBERTA’ NEL FILM “V FOR VENDETTA” in vendita al seguente link
Maurizio Fani
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