Recitare non significa ripetere le battute del copione.
La recitazione non è solo una interpretazione del profilo psicologico del personaggio ma una incarnazione psichica dell’autore e del regista.
Prova a leggere e pronunciare qualunque frase come se consultassi l’elenco telefonico o il listino di borsa. A chi ti ascolta non arriva alcuna emozione.
Anche se la frase che stai leggendo è quanto di più bello possa esistere, non cattura, non stimola l’emozione, non può farlo.
Il bravo attore è colui che si fa carico dell’emozione del l’autore, del regista o dello sceneggiatore e la trasferisce al pubblico, cioè l’attore diventa un ponte emozionale tra l’intenzionalità di chi ha creato l’opera, e la capacità di identificazione di chi guarda il film.
Solo in questo modo si crea quel coinvolgimento che ogni spettatore desidera provare, altrimenti il film non sarà ritenuto interessante. Per creare questa magica atmosfera l’attore segue dei principi di base molto precisi. Sono stati identificati alcuni passaggi che contribuiscono all’ottenimento del coinvolgimento emozionale.
Hai già capito che le persone nella vita non agiscono ma re-agiscono agli stimoli. Una recitazione per essere vera ha la necessità di ripercorrere questo passaggio, così l’attore più che parlare deve ascoltare quello che altri attori e l’ambiente gli dicono, e rispondere coerentemente.
La situazione è immaginaria, l’attore sa perfettamente che sta fingendo, ma deve farlo come se in quel momento lui ”veramente volesse compiere quella azione” e “dire quelle frasi”.
In questo l’attore deve essere anche credibile, non si deve percepire che sta recitando un copione, nessuno se ne deve accorgere, altrimenti tutti commenteranno che quell’attore non sa recitare. L’ascolto che l’attore deve prestare provocherà al suo interno un “sentire” che corrisponde alla psicologia del personaggio.
L’attore cerca di immaginare come quel tale profilo psicologico, in quella situazione, reagirebbe, e ne impersona tutto il fascio emozionale, fino a creare una gestualità coerente.
Più l’attore mostrerà interesse, maggiore sarà l’energia che immetterà nel film.
La difficoltà più grande è quella di far nascere dentro di sé delle emozioni vere, perché prima di risultare convincente agli occhi del pubblico, è se stesso che deve persuadere. Non deve provare a ridere o a piangere, deve ridere e piangere in quanto la scena che sta vivendo e il suo personaggio, lo richiedono.
Al fine di creare questa fenomenologia l’attore si deve concentrare sul bisogno principale di ogni scena e soddisfarlo; prima c’è la focalizzazione sul bisogno principale di quella scena, successivamente nascerà il sentimento reale, poi l’attore, lo dovrà reprimere, combattere e manifestare.
Se in una scena fa molto caldo, l’attore non deve far vedere che ha caldo ma che cerca il telecomando per accendere il climatizzatore. In mancanza di questa esplicitazione, si interrompe il ponte psichico della recitazione, e il messaggio non arriva all’utente finale. Seguendo questo percorso, il messaggio psichico arriva nella sua totalità allo spettatore e non si perde per strada. Ecco perché i film, pur essendo finzioni organizzate, riescono a colpire la psiche di ogni individuo.
Al contrario della finzione, la recitazione psichicamente è vera, anzi verissima, poiché l’attore fa in modo di amplificare l’intenzionalità psichica dell’autore, rendendola più marcata e incisiva, e quindi, psichicamente ancora più potente del fenomeno reale.
Un film ben fatto emoziona più della semplice realtà!
Maurizio Fani