Prima parte di 2

 

Le persone possono guarire dalle malattie e

le malattie possono guarire le persone.
(Gerhard Uhlenbruck)

 

Quasi tutti sono convinti che la nascita corrisponda a quel fenomeno che hanno vissuto, pur nella totale incoscienza, al momento del parto della loro madre.

Invece quella non è stata la nascita ma solo un inizio. La vera nascita come essere umano ognuno se la deve costruire nel tempo.

Venire al mondo non equivale a nascere, si tratta della potenzialità posta in atto dall’Essere, che ci consente di iniziare un cammino di consapevolezza.

Senza il corpo fisico la coscienza non esisterebbe. Noi dobbiamo trarre dalla materia l’origine della nostra spiritualità.

Dobbiamo partire da lì.

 

Purtroppo niente di quello che accade prima e dopo la venuta alla luce aiuta il nostro viaggio consapevole.

Già da quando nasciamo ed entriamo nella “famiglia”, subiamo la prima violenza del sociale. I maschi saranno educati in un modo e le femmine in un altro.

I maschi quasi sempre verranno indotti a un amore sviscerato verso la madre che insegnerà loro a ricercare nella donna quella psichicità fallica frutto di frustrazione personologica per non essere se stesse.

Le femmine invece verranno adeguate al ruolo di servizio e di rinuncia proprio dello stereotipo che vede la donna regina del focolare, colonna portante dell’attuale società maschilista. Questo naturalmente reciderà il contatto con la parte più profonda della psiche femminile trasformando la donna in una potenziale negativa.

La società è costruita in questo modo.

Sia lui sia lei hanno l’assoluta necessità di ricuperare la propria origine di persona che coincide con il Punto Zero, ovvero il primissimo momento del concepimento.

 

Molte volte siamo sviati totalmente dall’intraprendere questo “ritorno a casa”, andiamo nella direzione sbagliata, e allora ecco che la malattia, in quanto tentativo di reindirizzarci, fa la sua comparsa.

 

Conseguentemente la malattia ha sempre a che fare con il nostro agire nel mondo. Se ci ammaliamo, non stiamo prendendo le decisioni giuste e le nostre azioni materiali lo confermano.

 

Siamo abituati ad avere e non a Essere.

Siamo abituati a obbedire e non a Essere.

Siamo abituati a possedere e non a Essere.

Siamo abituati al potere e non all’Essere.

Siamo abituati a omologarci e non a Essere noi stessi.

 

Essere per se stessi è un’affermazione sconosciuta e considerata quasi blasfema.

 

TRA VALORI SISTEMICI E VALORI ONTOLOGICI

Esistono varie etimologie in particolare provenienti dal greco malakia mollezza, languore, debolezza. Trovo molto più interessante quella derivante dal francese antico malabde traducibile con malatto. 

Mal-atto, atto errato, sbagliato.

In questa parola c’è tutto il suo vero significato.

 

La malattia rispecchia sempre un atto da noi compiuto, incoerente con la nostra vita ma al contempo è sempre vissuta come male, problema, talvolta tragedia, mai come nostro errore o pecca. 

 

Se non esistessero le malattie, le persone morirebbero immediatamente. 

 

La malattia è la tolleranza che la vita concede a chi si ostina a non comprendere se stesso. Le persone quando “abbandonano” la loro esistenza, quando rinunciano a conoscersi e a volersi per come sono, sono messe in scacco dalla vita.

 La vita immediatamente opera la sua azione persuasiva e pedagogica tramite l’evento patologico o lo stato di sofferenza.

Una specie di piano “B”. 

Quasi tutti abbiamo bisogno del piano B. Purtroppo sono molto pochi quelli che iniziano un percorso evolutivo (piano A) senza il pungolo del disagio fisico e psichico.

Personalmente non ne ho mai conosciuto nessuno.

 

Invece nella nostra società, quando la malattia arriva, fa scaturire in chi la vive, un senso di rabbia e dolore. Immediatamente la cultura sistemica ha predisposto tutto un mondo di farmaci, di esperti e di protocolli pronti a intervenire.

Un vero rito!

 

Il sistema agisce sul sintomo. Deve riuscire a zittirlo.

 

Perché?

 

Il sintomo che la malattia produce deve tacitarsi il primo possibile, indipendentemente dalle sue origini. Si da per scontato che il sintomo sia generato da una disfunzionalità che deve essere corretta.

L’evidenza scientifica afferma che la situazione malata è causata da un movente materialmente ben definito.

La causa è chimica, organica, genetica, virale, batterica, ereditaria o funzionale. Al massimo compare il termine stress, che vuol dire tutto e niente. 

 

La parola “origine psichica” stenta a comparire.

 

Per comprendere le profonde ragioni di questo accadere, dobbiamo capire come funziona la manipolazione individuale.

 

MANIPOLAZIONE INDIVIDUALE

Attraverso i valori sistemici poggia su cinque punti:

 

  1. Miti, leggende, archetipi, simboli, tradizioni iniziatiche, religioni, verità rivelate, dogmi, credenze e usanze. Una vera sequenza di distorsioni percettive.
  2. Stereotipi.
  3. Induzione forzata d’immagini nei sogni.
  4. Impedimento del conosci te stesso tramite il sociale con l’educazione, la scuola, la famiglia, l’etica, la morale, la politica, la religione.
  5. Instillazione cronica della paura e dell’inazione per far nascere il bisogno di protezione e di conformismo. Lo stesso concetto della mafia.

 

Cedere la propria libertà naturistica in cambio di una finta libertà concessa. Una specie di protezione, il famoso “pizzo”. 

Noi esseri umani (?) facciamo questo.

Cediamo la vera libertà in cambio della schiavitù che consideriamo libertà. E siamo anche molto contenti di farlo.

Sono i temi portati avanti da sempre dal dominio. 

Essi sono radicati nella mente degli individui e rispondono unicamente alla necessità che ha il potere di soggiogare, sottomettere e ridurre all’obbedienza ogni elemento da lui controllato.

In questa classe di valori si annovera tutto ciò che è socialmente condiviso e accettato come valore di riferimento assoluto.

 

Qual è il filo rosso che accomuna questo insieme variegato?

 

Il fatto che porta e mantiene l’individuo fuori, distante da se stesso, scisso dalla sua essenza.

 

Con il termine “malato” si è voluto compiere un’operazione di riduzione dell’essere umano facendolo regredire da creatura capace di auto-guarirsi a consumatrice di soluzioni. 

È stata tolta dal processo evolutivo umano la malattia, rendendola autonoma e indipendente da chi la ospita. Un’entità a se stante, separata dall’insieme di azione che è l’uomo.

Le malattie hanno tutte un nome proprio, come le persone, non sono più considerate come problematiche di un individuo con nome e cognome ma rientrano negli elenchi specifici, così da disumanizzarle. L’umano soffre ma non ne ha più coscienza, non sa più perché, non ha difese se non quelle di seguire pedissequamente i dettami sociali. 

Un malato non è più Mario o Maria, ma è la sua malattia. 

Diabetico, cardiopatico, oncologico, artitrico, fobico, schizofrenico, ecc…

 

Il gioco è fatto.

 

All’opposto dei valori sistemici esistono i valori ontologici (dell’Essere).

 

I valori ontologici corrispondono a tutte quelle urgenze della tua unicità che provi che senti vere, e alle quali devi dare risposte concrete nella costruzione della tua esistenza. 

Senza questa precauzione sarai sempre infelice.

Per conoscere questi valori devi voler scoprire come sei fatto e realizzarlo.

 

Se segui una religione,

se credi nei miti, nelle leggende, negli archetipi,

se segui una tradizione iniziatica,

se segui una morale,

se segui un maestro,

se segui una certa cultura,

se segui un’opinione politica,

se ti fidi acriticamente degli esperti (medici, avvocati, psicologi, ecc.),

se sei abituato a delegare ogni tua responsabilità,

se hai come riferimento interiore ciò che è esterno a te, quello che piace alla massa, i luoghi comuni, gli stereotipi, le ricorrenze, sei sempre dove quel pensiero ti vuole portare, mai nell’unico posto giusto, cioè dentro te stesso.

 

La contraddizione è in questi termini: religioni, morali, sapienze millenarie dicono che sono lì per il tuo bene, per salvarti, per liberarti, per farti da guida, per la tua crescita spirituale.

 Contemporaneamente pretendono asservimento, obbedienza, riconosci-mento delle gerarchie, dogmi, regole, riti, consuetudini. Il gruppo è molto più importante del singolo. Esigono l’omologazione e l’adeguamento a un modello prestabilito, non deciso da te ma imposto.

 

Come è possibile liberarsi quando si è vincolati mani e piedi?

Come è possibile crescere in una situazione di servitù permanente?

Com’è possibile soddisfare le proprie esigenze ontologiche, uniche e irripetibili per ognuno, limitandosi a ripetere quello che altri hanno detto e fatto prima di noi?

Com’è possibile accedere alla felicità se non sono coerente con la mia unicità e non compio le azioni necessarie per costruirmi fuori per come sono dentro?

 

Ognuno deve trovare la propria risposta al suo interno.

 

Niente di ciò che esiste fuori può soddisfare pienamente la parte più profonda e autentica di ciascuno. Solo calandosi in se stessi si troveranno le giuste risposte.

 

Ecco perché il significato della malattia è da sempre incompreso.

 

Il sistema ha l’esigenza di gestire la malattia in ogni modo possibile fuorché nell’unico efficace: portare l’attenzione all’interno, ovvero far nascere la coscienza di esistere per come sei e non per come altri vogliono che tu sia.

 

Ecco perché l’offerta di farmaci, di terapie e di esperti è davvero strabiliante e difesa a oltranza dal potere, anche contro ogni giustificata evidenza.

 

Stai male? 

Prendi questa pillola e tutto passa (anche se non è vero).

Oppure.

Diventa spirituale, fai meditazione e vedrai. 

 

Anche se non stai male adesso, ti trasformo in potenziale malato con tutta la medicina preventiva, gli esami, le indagini eseguite con macchinari, test, vaccini, cure varie.

Si prendono cura di te fin da quando ancora non sei nato (gravidanza).

Non è solo un gigantesco business ma fa parte del sistema di controllo individuale, spacciato per salute, sicurezza, progresso e prevenzione.

 

Non sarebbe meglio insegnare che uno squilibrio interiore porta inevitabilmente a un problema organico o funzionale, e che, se vuoi risolverlo, devi andare a cercare le vere cause e non gli effetti causati dal problema?

Non sarebbe più opportuno suggerire alle persone che la malattia è una metafora del loro irrisolto?

Certo che sì, ma così facendo s’insegnerebbe alle persone a essere libere e questo non va bene, non è accettabile dal potere.

 

Anche l’annosa diatriba tra medicina ufficiale e cure alternative, di per sé è sterile. Non esiste una medicina in particolare ma esiste ciò che fa bene o che fa male. È vero che molta ricerca medica è pilotata e corrotta per motivi di business, ma è anche altrettanto vero che molte cure alternative in fatto di onestà lasciano molto a desiderare.

 

I furbetti sono ovunque. 

 

Da una parte abbiamo interessi con molti zeri delle multinazionali del farmaco e dall’altra abbiamo una pletora d’individui che promettono mari e monti e, di fatto, agiscono esclusivamente su fattori emozionali, ma di reale sostanza neanche l’ombra. E anche qui i grossi gruppi economici non mancano.

 

Io so che se una persona ha un blocco alle coronarie deve urgentemente effettuare una coronarografia, esame radiologico per verificare la funzionalità delle coronarie e, se il caso lo richiede, sottoporsi a un’angioplastica, dilatazione di un restringimento di un vaso, altrimenti muore.

Non mi sembra poco. 

E in situazioni simili, non esiste alcun’altra soluzione in grado di garantire un’efficacia immediata capace di scongiurare ogni effetto nefasto.

 

Quindi la tanto vituperata scienza medica, se saputa selezionare, ha dei notevoli vantaggi. Le possibilità di intervenire su un problema medico sono davvero tante. 

 

Come scegliere?

 

Per scegliere occorre conoscere. 

 

Per conoscere è necessario Informarsi sulla propria malattia, è fondamentale. Il malato deve essere il primo luminare di se stesso. Da un punto di vista medico deve sapere tutto e di più. L’epoca della delega in bianco, della famosa frase: «Dottore sto male mi guarisca!» è tramontata per sempre.

Chi si comporta così entra senza saperlo in un tritacarne micidiale foraggiato dal suo infantilismo.

Oltre a questa impostazione di ricerca ogni malato deve possedere la conoscenza di sé.

 

CHE COS’È LA SALUTE

La salute, definita dall’OMS nel 1946 come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”, è considerata un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone.

La salute posta in questi termini prende come pietra di paragone l’uomo nella sua completezza. Si tratta di una visione olistica.

Io invece di considerare la salute, un diritto, cioè un qualcosa che comunque ci spetta, preferisco procurarmela e questo la rende “intelligente”.

Anzi diremmo che stare bene è un “dovere” di ogni persona nei riguardi di se stessa.

Aspettare che altri si prendano cura di noi è un non essere cresciuti. 

È sempre il singolo che deve darsi responsabilità e attivarsi per il proprio bene.

La salute è una diretta conseguenza di come viviamo ed è impensabile voler raggiungere un tale risultato affidandosi esclusivamente a dei controlli medici periodici o a dei suggerimenti alimentari.

Non viviamo solo col corpo fisico ma soprattutto con lo spirito.

Lo stato di salute non si raggiunge esclusivamente con un’alimentazione corretta, ingerendo sostanze benefiche, praticando esercizio fisico e test periodici, o ascoltando i dogmi di un medico piuttosto che un altro. 

Anche i vegani e gli atleti si ammalano di tumore.

 

Questa è solo la punta dell’iceberg.

Il vecchio medico di famiglia quando entrava in casa parlava con l’ammalato, gli teneva la mano, lo ascoltava e cercava di captare chi avesse davanti. Non aveva esami o strumenti particolari ma aveva se stesso come unità d’indagine.

La parte fondamentale è data dalla conoscenza di noi stessi, dalla consapevolezza del proprio libretto d’istruzioni, l’user’s manual, che nessuno mai ci spiega.

 

CONOSCENZA INTERIORE

Sapere come siamo fatti è fondamentale. Non siamo tutti uguali anzi siamo simili ma ognuno ha delle peculiarità che lo rendono diverso da chiunque altro. 

Detto questo, il conoscersi è davvero molto importante perché ci dona il parametro da seguire nella nostra esistenza.

Non è una cosa che s’impara con un corso o la lettura di qualche libro. 

Noi possiamo arrivare a comprendere il mistero di noi stessi solo quando siamo convinti che esista, in altre parole che ci sia un’ottima ragione per la quale ci troviamo a trascorrere un tempo più o meno determinato qui, con questo nome, con questi genitori, nella situazione attuale. 

Quando realizziamo tal emozione e la sentiamo vera dentro di noi, scatta la fatidica domanda del perché.

I perché sono incredibilmente utili e fruttuosi. Sono molto meglio dei come. Per esempio l’affermazione “come essere in salute”, ci porterà a valutare tutto quello che normalmente è accettato come mezzo per stare bene.

Se però cambiamo l’affermazione “perché essere in salute” ecco che il panorama cambia radicalmente.

Non ci rivolgiamo più a un esterno, a un di fuori ma ci tuffiamo dentro noi stessi per cercare la risposta, la quale non sarà mai quella definitiva, ma porterà a una domanda successiva, che a sua volta otterrà un’altra risposta, e così via.

Una domanda così dirompente fa riflettere.

La risposta non si può trovare nelle ricette, nelle diete, nei metodi, nelle soluzioni che ci sono comunemente proposte. 

 

Muta completamente la prospettiva.

Perché voglio stare bene?

Io voglio stare bene perché questa è la base della felicità alla quale tutti, in un modo o nell’altro, tendiamo. 

La felicità non è una frase fatta, un modo New Age. 

È uno stato mentale di benessere perenne, indipendentemente dalle traversie che ognuno di noi deve affrontare quotidianamente. 

La felicità non è affatto quel momento in cui raggiungiamo un traguardo. 

No. 

Se così fosse la felicità, sarebbe indotta da un fatto esterno e di conseguenza, dipendendo integralmente dall’accaduto, ben presto svanirà.

Quella che intendiamo noi consiste in un preciso atteggiamento di coerenza tra le nostre azioni e ciò che noi siamo interiormente.

Quando si giunge a un tale “allineamento”, è inevitabile provare questo stato. A questo punto ognuno sarà in grado di scoprire da solo qual è il suo modo, unico e irripetibile, si stare in salute.

Vedremo successivamente gli strumenti più adatti per controllare e migliorare questa caratteristica.

 

È sempre questa parte interiore che partecipa alla costruzione della malattia, trasformando la carenza d’Essere che quella persona ha scelto in simbolo.

Che cosa è un simbolo? Un qualcosa che racconta molto più di quello che lascia apparire.

 

LA VIA SIMBOLICA DELLA MALATTIA

Poi una volta capito il problema si agisce attraverso la via simbolica.

Cioè si cercano le cause psichiche di quello che sta accadendo per correggere e interrompere alla radice il fenomeno degenerativo.

Le cause psichiche sono delle immagini che sintetizzano una situazione in un istante eterno. Le chiamano intuizioni e chiunque le può vedere, naturalmente se si impegna, studia, ricerca e soprattutto si applica operativamente. 

Lo stesso paziente conosce sempre quale sia la causa del suo male.

Molte volte lo dice senza rendersene neanche conto. 

La stessa esposizione che la persona sofferente fa della sua infermità svela tanti punti molto interessanti. La scelta dei termini, le metafore, le allusioni, i giudizi, i commenti, sono tutti aspetti che indicano al conoscitore di immagini la via da percorrere.

 

Il problema è che la maggioranza delle persone non può fare a meno di interpretare il proprio disagio fisico alla luce dei dettami sociali e di quello che viene normalmente accettato.

Non immagina e non cerca altre possibili alternative

 

E nonostante quello che ho scritto sia stato ripetuto da molti autori nei millenni, rappresenta sempre un messaggio di difficile ascolto, che non fa presa sulla coscienza, inebetita e assonnata, nella ricerca del medico migliore, dell’ultima illusoria terapia o del farmaco più recente che tutto risolve.

Quante volte si assiste all’isterica bramosia di avere il nome di quel medico che usa quella certa sostanza, di quell’integratore miracoloso o di quel tipo di alimento considerato come una panacea?

 

Ma la propria anima dov’è in tutto questo turbinio?

 

Molti si rifugiano nella preghiera, in una religione o nella sempreverde meditazione. Ma loro dove sono?

 

La malattia è un ponte tra l’anima e il corpo. Il principio ermetico “come in alto così in basso” viene applicato in tutta la sua complessità.

 

La malattia è un messaggio criptato in forma simbolica.

Corrisponde alla trasposizione metaforica di un disagio psichico.

 

Ed è lo stesso soggetto che sceglie quale immagine impiegare per dare vita alla sua metafora, a seconda della sua scelta percettiva. Lui selezionerà una, quasi sempre la prima, immagine e su questa costruirà il suo lento progetto di distruzione..

 

In questo messaggio sta scritto tutto quello che occorre per invertire il processo e auto-guarirsi.

 

Il simbolo va interpretato e compreso.

La difficoltà sta nel fatto che non esiste una interpretazione univoca per tutti. Ognuno ha la sua specifica decodifica

Ecco che la “lettura delle immagini” fa il suo mestiere e ci può davvero portare fuori dal problema che noi stessi ci siamo creati.

 

Noi ci ammaliamo e noi ci possiamo guarire. 

Nessun’altro lo potrà fare sostituendosi a noi.

 

La guarigione implica un processo di responsabilizzazione esistenziale nel quale non c’è più spazio per la delega, ma solo per l’evoluzione consapevole.

 

L’IMPORTANZA DELL’ETIMOLOGIA DI ALCUNI TERMINI

Esaminiamo alcuni termini che spesso utilizziamo senza conoscerli a fondo: curare, guarire, osservare, terapia, convalescenza, salute.

 

Curare: dal latino, cura o coera derivato dalla radice kav = osservare e il sanscrito kawi = saggio.

 

Anche la parola “curioso” deriva da cura. Definisce un soggetto irrequieto nel suo desiderio di conoscere. La curiosità è l’attitudine a realizzare, così come dietro alla cura di ogni progetto traspare l’amore e la saggezza.

È una parola che va strappata al gossip e ai “sapevate che…?”, poiché è il più genuino appiglio per poter cambiare davvero la vita.

La curiosità presidia il senso della crescita e del cambiamento, e in lei stanno i significati del “Un’occhiata ai libri, due alla vita” di Goethe, e dello “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs.

 

La cura è un atteggiamento caloroso, premuroso e sapiente nei confronti di qualcuno o qualcosa a noi caro. Prima c’è un’attenta osservazione, poi si sviluppa una conoscenza e, poi compare un’azione volta a migliorare quella situazione. 

La cura è responsabilità. La responsabilità che segue l’atto di osservare. 

 

Osservare viene dal latino observare = custodire, proteggere, salvare avanti, intorno, sopra a qualcosa/qualcuno.

Conseguentemente la cura è un’azione che muove tutto il nostro essere, un gesto di amore e di conoscenza nei confronti di qualcosa o qualcuno che amiamo e che, vista la situazione contingente, desideriamo proteggere e salvare.

 

Quando si dice: «Abbi cura di te» senza saperlo esortiamo l’altro a osservarsi molto bene, ad amarsi e a capirsi, col fine ultimo di proteggere se stesso. 

 

Guarire: dal germanico warjan da cui war = coprire o wher = difesa, o ware in inglese. “To be aware” in inglese sta a indicare un’osservazione consapevole tutta dedita a rimettere in salute il malato.

 

Osservare e guarire possiedono la stessa radice etimologica:

 

– il sanscrito sarva-tati = salute

– il greco horao = io vedo

– il latino servire = servire, avere cura; servus, chi veglia, servo

– l’inglese ward = guardia

– il francese guérir = guarire

 

Franco Rendich esperto linguista, autore del “Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee”, (Roma 2010, Palombi Editore), approfondisce ulteriormente l’analisi della parola osservare, e propone che nella radice “sv” si possano riconoscere gli elementi “su” e “/ar”, che esprimerebbero l’idea di “arrivo (/ar) e del bene (su) come luce e come suono”, dando origine ai termini “splendere, rivolgere gli occhi alla luce, suonare, cantare”: in sanscrito svara indica il suono, in greco Helios è il Sole, e Selene è la Luna, espressioni dello stesso etimo.

La luminosità e sonorità della parola viene ancora più intimamente svelate, poiché la sua essenza risuona con quella del Sole e della Luna!

Rendich precisa pure che il greco horao = io vedo, significava in origine “collegarsi con la luce del Sole”, designando solo in modo susseguente il senso della vista.

 

Osservare esprime un nesso inscindibile con la luce di una coscienza sveglia e intenta in un’osservazione attenta e scrupolosa poiché consapevole che nel preciso istante in cui si compie (l’osservare consapevole) si entra in contatto col principio primo che ci ha posto. 

Questa si chiama intuizione.

 

Terapia: dal greco therapeia = cura, guarigione. Indica qualunque azione concreta tesa alla guarigione della persona ammalata. Si può trattare anche di una cura che non cura ma comunque aiuta. Può essere anche una terapia non convenzionale e non ufficialmente riconosciuta comunque in grado di apportare sollievo e guarigione.

 

Convalescenza: indica il periodo che intercorre tra la fine della malattia e il completo recupero delle forze. Dal latino tardo convalescentia, derivato di convalèscere = riprendere forza, ristabilirsi’, ma anche “acquistare valore”. 

Aver superato una malattia ci rende più forti poiché dovremmo essere maggiormente consapevoli del motivo per il quale ciò è avvenuto. Siamo cresciuti in coscienza. 

E non stiamo parlando di farmaci e/o terapie, bensì della ragione psichica che ha determinato la reazione alla patologia cioè la guarigione.

 

Salute: dal lat. Salus-ūtis = salvezza, incolumità, integrità, salute, affine a salvus = salvo. Indica uno stato di benessere e di tranquillità, d’integrità individuale e di coerenza, stato di felicità spirituale e di beatitudine.

Queste sei parole poste nel preciso ordine esposto, da sole indicano una realtà affascinante che stenta a entrare nell’immaginario delle persone.

Emerge chiaramente la sequenza che tutti dovremmo adottare in caso di una malattia.

È sempre un processo di conoscenza che attraverso un’attenta osservazione genera un aumento di consapevolezza che provoca un riallineamento psichico ed energetico dell’intero individuo conducendolo verso la beatitudine.

Ora ti renderai conto che il generale atteggiamento di andare dal medico aspettando che ti curi INDIPENDENTEMENTE DALLA TUA INTERAZIONE, è davvero puerile e non potrà mai condurti alla vera salute. 

Questo non per demerito del medico, o comunque eventualmente non solo per quello, ma per il tuo errore che consiste in una completa deresponsabilizzazione. 

Oggi si va dal medico impartendogli l’ordine di curare (pretesa). 

Ma come può lui curare te? 

Come può sostituirsi alle tue osservazioni interiori, alle tue sensazioni, alla ricerca della luce che non stai trovando?

Non hai bisogno di un medico piuttosto di un mago che schioccando le dita mentre pronuncia una formula magica ti guarisce all’istante.

 

Lo stesso ragionamento vale per le pozioni curative della magia moderna: i farmaci. 

Pillole e liquidi multicolori che ci sono presentati come soluzioni per tutte le stagioni, ma che tali non sono. 

Non è colpa dei medicinali. 

Loro fanno il loro dovere, se hai la pressione a 250 come massima e 130 come minima non esistono alternative, devi prendere degli ACE inibitori che l’abbassano nel giro di pochi minuti. 

Poi, dopo che l’attacco è rientrato, devi prenderti cura di te stesso, devi osservare ciò che ti è accaduto e, scavando al tuo interno, scoprire il perché, le cause che hanno provocato il tuo disequilibrio. 

Da una difficoltà devi estrarre il nettare di un’opportunità che ti faccia crescere. 

 

Una volta superato il problema inevitabilmente sei migliore.

Questo semplice processo raramente avviene.

Si preferisce delegare allo stato, alle istituzioni, ai medici e in genere al sistema, senza rendersi conto che nessuno al di fuori di noi può intervenire con successo.

Noi abbiamo creato il problema e noi dobbiamo risolverlo.

 

Delegare per non cambiare.

 

Il cambiamento spaventa e la maggioranza preferisce mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, affidarsi a qualcuno che ci pensi al posto suo. 

Lui deve pensare a te perché tu non vuoi cambiare abitudini, stile di vita, interessi.

Perché tu non vuoi stare bene.

 

Che cosa ottieni? 

 

La malattia. 

Ma hai salvaguardato le vecchie abitudini mentali che te l’hanno causata.

Ecco perché le persone si ammalano e si lamentano, ma se poste di fronte a una soluzione non la prendono al volo.

 

Anche per le diete il discorso non cambia.

Ti sei mai chiesto perché esistono così tante diete?

Molte sono in netto contrasto l’una con l’altra. 

Chi parla solo di proteine, chi invece prevede solo frutta e verdura, chi inneggia ai grassi, ognuna dice la sua. 

Come mai accade questo?

 

Succede perché ognuna di esse estremizza un concetto e lo generalizza imponendolo a tutti come unica e vera soluzione.

Purtroppo non è mai così. 

Prendiamo per esempio le diete iperproteiche. Dicono il vero, se mangi in quel modo cioè solo carne e grassi e niente cereali, frutta e verdura, dimagrisci veramente. Rapidamente perdi peso.

Il prezzo da pagare?

 

Molto alto. Reni e fegato vanno in tilt, ti riempi di tossine e alcune persone per uno scherzo del genere sono anche decedute. 

Però sono dimagrite!

 

Nessuna dieta ha ragione al 100%.

Sai perché?

Perché tu come me sei diverso. 

Se veramente hai a cuore la tua salute e ne comprendi l’importanza, dovrai metterti in animo di costruire tu stesso il tuo particolare stile alimentare senza delegare a nessuno questo delicatissimo compito.

In questo non dovrai mai seguire le mode, quegli atteggiamenti tanto cari agli speculatori della salute, che troppo spesso dicono e scrivono affermazioni mai supportate da credibili dati scientifici. 

Vendono, al pari del mondo dei cosmetici, piacevoli illusioni a caro prezzo.

 

La ricerca della salute vera inizia da qui.

 

MEDICINA E TECNOLOGIA

Fritjof Capra, fisico e saggista austriaco, nella sua opera “Il tao della fisica” (Adelphi, 1984) scrive che la medicina si è incanalata nel tunnel della tecnologia scientificamente avanzato, sempre più lontani da quelle concezioni olistiche della salute e della malattia che pure avevano attraversato l’intera lunga storia della medicina.

A seguito di questa impostazione, il concetto di cura è stato trasposto dal piano dell’aiuto, del sostegno, dell’accompagnamento nei momenti di crisi, difficoltà, debolezza incarnati nella malattia, al piano dell’intervento chimico (con i farmaci), meccanico (interventi chirurgici), elettromagnetico (esposizione a radiazioni), inserendo un baratro di tecnicismo e alta tecnologia tra paziente e medico, allontanando quest’ultimo dalla missione originaria della disciplina, codificata nel Giuramento di Ippocrate. 

 

La continua specializzazione scientifica e tecnologica della medicina ufficiale ha progressivamente espropriato i cittadini della loro capacità di ascoltare e valutare i propri sintomi, rendendoli inerti, passivi e dipendenti dalle diagnosi sempre più tecnologicamente avanzate della medicina stessa. 

La delega del proprio stato di salute alla medicina ufficiale si accompagna all’idea che solo essa è in grado di fornire rimedi, soluzioni, benessere o almeno riduzione del malessere. Inoltre il suo giudizio viene considerato sempre basilare e prioritario.

 

L’eliminazione del sintomo rientrerebbe secondo Illich nel sistema delle liturgie sociali che sollecitano continui bisogni collettivi per giustificare la presenza e l’operato di chi poi quei bisogni deve soddisfarli, come dire che la medicina ufficiale, con i suoi avanzamenti scientifici e tecnologici, ha imposto silenziosamente un modello comportamentale fatto di controlli, esami, farmaci, interventi chirurgici, profilassi, ponendo gli individui in condizione di dipendenza. 

 

Infine le persone non hanno voglia di impegnarsi seriamente per la loro vita. Discutono, parlano, si agitano ma poi tendono a ripetere sempre gli stessi schemi, proprio quelli che hanno generato il problema.

 

I PIÙ COMUNI FRAINTENDIMENTI DELLA MALATTIA

 

  • La malattia NON è la ricerca di un nuovo equilibrio: è esattamente il contrario, la malattia è la perdita di un equilibrio che va riconquistato.

 

  • La malattia NON è un dono: siamo noi che siamo caduti nella sua trappola e che ci siamo fatti del male. Niente a che vedere col concetto di dono che rimane un atto di dare a qualcuno qualcosa senza esigere niente in cambio. Il donare richiede coraggio, energia, intelligenza, amore, non certamente necessarie per ammalarsi.

 

  • La malattia NON è la risposta più intelligente, saggia, efficace che ciò che siamo è capace di dare in quello specifico momento a uno stato di insoddisfazione, malessere, crisi: non è una risposta ma il risultato di uno o più errori, distrazioni,  malversazioni che abbiamo commesso o subito e dei quali non ci siamo accorti.

 

  • La malattia NON trova la sua spiegazione nelle sole esigenze economiche degli imperi farmaceutici mondiali: alla radice c’è un’esigenza di potere nel mantenere le persone prive della loro interiorità al fine di gestirle con profitto per i propri interessi.

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

IL TUMORE

I termini tumore, cancro, cancerogeno, neoplasia, neoplasma, metastasi, sarcoma sono definizioni di particolari processi o fisionomie che può assumere il tumore, ma tutta la sostanza, in sintesi, è che il tumore ha sempre origine da una cellula monoclonale che subisce l’interferenza di un agente mutageno che altera direttamente il DNA della cellula e che è osservabile solo dopo che la cellula è in attività patogena. 

 

Rimane evidente che se una parsone vive sopra a una cassa di uranio, ingerisce sostanze tossiche, respira fumi dannosi, è intuibile perché si ammali.

 

Tolti questi casi estremi, la causalità che forma il processo mutageno è di esclusiva origine psichica inconscia al soggetto.

 

Il reale problema consiste nel trovare il “primo movente” che costituisce l’agente mutageno ex novo e successivamente essere in grado di estinguerne la presenza e l’azione conseguente. 

 

Il problema è quando la si propone alla persona, perché può accettare o non accettare, decidere o non decidere. 

Quindi l’impotenza spesso dipende  dal libero arbitrio del soggetto. 

 

LA PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA

Attuali sono gli studi della PNEI Psiconeuroendocrinoimmunologia che è una disciplina che si occupa delle relazioni fra il funzionamento del sistema nervoso, del sistema immunitario e del sistema endocrino. La sua nascita si basa sui lavori di Hans Selye sullo stress degli anni trenta.

La disciplina può essere vista dal punto di vista della psichiatria, dove certi disturbi dell’umore sono associati cambiamenti ormonali o neuroendocrini che influenzano il cervello. Essa può anche essere vista dalla prospettiva endocrinologica in cui alcuni disturbi endocrini possono essere associati a malattie psichiatriche. Disfunzioni cerebrali come quelle all’ipotalamo possono influenzare il sistema endocrino, che a sua volta può causare sintomi psichiatrici. Sul finire del Novecento, le nuove acquisizioni nel campo delle neuroscienze e dell’immunologia, hanno consentito uno sviluppo della disciplina.

 

Nel corso degli anni la PNEI si è evoluta ed attualmente viene, grosso modo,  così definita: “la disciplina scientifica che studia i rapporti di reciproca influenza fra sistema nervoso, sistema immunitario e sistema endocrino, nelle loro implicazioni fisiologiche e patologiche”

 

Fino agli inizi degli anni settanta, tra gli studiosi, era opinione comune  che le sollecitazioni endogene ed esogene attivassero soltanto il sistema autonomico e quello endocrino. Numerose ricerche negli anni successivi, partendo dall’ipotesi che la personale risposta emotiva, attivi o inibisca il sistema immunitario, dimostrarono invece l’influenza, dello stress -come degli stati d’animo piacevoli- sui processi immunitari.

 

Nacque così una nuova area di ricerca denominata Psicoimmunologia; man mano, guadagnò la sua definizione e, tra varie incertezze, venne designata come  la disciplina che studia  le interazioni tra psiche e soma.

Cosa certa è che negli anni sessanta ebbero inizio le ricerche  che indagavano gli effetti dello stress fisico e psicologico sull’immunità nell’animale seguite, nel 1972, da quelle sull’uomo che divenne oggetto di osservazione  nella sua interazione a vari stressogeni naturali o indotti e alle  alterazioni  della funzionalità immunitaria che ne derivavano. Pietra miliare dello studio su animali fu la ricerca di Ader in un esperimento di immunosoppressione incondizionata.

Egli  somministrò  ad un gruppo di ratti, una soluzione di saccarina quale  stimolo condizionato  e Cytotaxan farmaco noto per la sua capacità immunosoppressiva quale stimolo  incondizionato. Dopo varie associazioni dei due stimoli, ai ratti fu presentata solo la soluzione di saccarina e anche  in assenza di Cytotaxan, i linfociti T, con grande sorpresa degli sperimentatori, subirono un calo.

 

Qualche via cerebrale registrava l’emozione prodotta dal sapore dolce dell’acqua provvedendo ad abbassare le produzione delle cellule T. 

Probabilmente si era verificata un’immunosoppressione condizionata.

 

Queste e altre  ricerche hanno rivelato che, percepire o anche solo l’immaginare percependone disagio uno stimolo stressogeno, è  sufficiente a causare cambiamenti nel sistema immunitario degli animali di laboratorio.

 

Naturalmente non è noto sui  soggetti umani quanta coerenza di risultati si  potrebbe ottenere, però, è stato ampliamente dimostrato che, contingenze di vita, quali  diminuzione della quantità di sonno, tensioni pre esami negli studenti, catastrofi naturali, divorzi nonché una rimuginazione da inefficace coping degli stessi, veicolano un alta percentuale di  correlazione con un abbassamento del numero di linfociti T prodotti dal timo.

 

Ulteriori ricerche hanno dimostrato che tale abbassamento  permaneva anche in assenza di stress reale, dando vita, col tempo, ad una personalità immunitaria recidivante. 

Una  rassegna in tal senso (Biondi,  Pancheri, 1994) descrive ben 46 studi condotti sull’uomo dal 1972 al 1992 , aumentati anno dopo anno. Dal ‘92 le ricerche si sono moltiplicate arrivando a più di cento lavori pubblicati, di cui gran parte studi sperimentali condotti sull’uomo (fonte: www.psicomedia.it). Crocevia della maggior parte di tali  studi, l’asse cortico-ipotalamicopituitario-surrenale.

 

CONDIZIONI DI VITA E PATOLOGIE

A proposito del già citato concetto di  personalità immunosoppressoria recidivante le ricerche, sempre più numerose e sempre più specializzate, mostrano come l’interazione tra emozioni (negative e positive) salute e malattia, sia oggi un fenomeno conosciuto ed accettato anche al di fuori dei laboratori di ricerca, benché dall’interno degli stessi e, nelle pubblicazioni dei risultati, si rimanga molto cauti e probabilistici nell’ informare su tale interazione, in special modo quando si parla di malattie, allo stato delle conoscenze, ancora incurabili.

 

Molti studi ruotano intorno a condizioni di vita, emozioni, salute e malattia e danno un’ idea, sia della grande attività di cui questo filone di ricerca gode, sia della ragionevole circospezione con cui si riporta la, talvolta evidentissima ma non ancora ben chiaramente accertata, interazione tra psiche e soma (Fuligni AJ et al, 2009).

 

Ogni scoperta però rivela percorsi impensabili e, la stessa Brydon, in uno studio sperimentale  riporta:  “L’evidenza suggerisce che l’ottimismo può essere protettivo per la salute nei periodi di maggiore stress ma che, i meccanismi coinvolti restano oscuri” (L. Brydon et al, 2009).

 

Tale recente letteratura, su correlazione tra salute e serene ottimistiche aspettative,  ha infatti un passato puntellato da tantissime pubblicazioni ed esperimenti nei quali già si auspicava “un’influenza dell’ottimismo e delle prospettive positive sulla salute” (Scheier , Carver, 1987) o, nel 1991, quando già si rifletteva  sull’interazione tra  “cancro e immunità in una prospettiva psicobiosociale e psiconeuroimmunologica” (Baltrusch H.J et al. 1991; Eysenck et al., 1994) o sulla disposizione ottimistica verso l’aspettativa di vita in pazienti con l’H.I.V, (Tomakowsky J et al. 2001) per poi procedere verso svariate vie ma, tutte passanti per un unico crocevia: l’asse ipotalamo, ipofisi, surrene ma ricordando con Eduard hughes  Galeno che: Ogni persona brilla con luce propria fra tutte le altre. Non ci sono due fuochi uguali, ci sono fuochi grandi, fuochi piccoli e fuochi di ogni colore. Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento, e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l´aria di scintille. Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si puó guardarli senza esserne colpiti, e chi si avvicina si accende”.

Come dire che, a seconda delle strategie apprese introiettate (copying), la risposta allo stress può essere di qualità, dimensione ed articolazione diverse in ognuno di noi.

La PNEI offre una certa visione, quanto meno non si colpevolizzano i virus e i batteri, e la cosa fondamentale che asserisce è che se si ammala il fegato non è il fegato a necessitare di cure ma tutto l’essere umano. 

È l’inizio di una comprensione scientifica olistica, che comunque non spiega la parte principale della malattia, ma ammette la possibilità delle interazioni tra SISTEMA NERVOSO SISTEMA IMMUNITARIO SISTEMA ENDOCRINO.

 

PSICOSOMATICA

La psicosomatica si è sempre espressa molto di più nell’ambito delle discipline psicologiche che in quelle mediche, queste ultime riconoscendo solo alcune malattie come di origine psicosomatica, quelle cioè con le manifestazioni più evidentemente associate a stati emotivi o di stress psico-fisico (orticaria, herpes labiale, gastrite, ecc.).

 

PSICOLOGIA SIMBOLICO-INTERPRETATIVA

Questo filone fa capo a un concetto molto preciso

 

IL TUMORE

Tratto da “cancro Spa” di Marcello Pamio

«Secondo lo storico della scienza e filosofo statunitense Thomas Samuel Kuhn, nessuna teoria nuova e rivoluzionaria, per quanto geniale e ricca di prove, può essere accettata dall’establishment medico-scientifico. Produce piuttosto una situazione di crisi, in cui la comunità cerca di negare o ridimensionare il fenomeno.

Ed è proprio quello che sta accadendo oggi: tutte le teorie che si scontrano con il paradigma ufficiale vengono sistematicamente demolite e i coraggiosi ricercatori che hanno continuato a portarle avanti sono stati personalmente attaccati, isolati, licenziati, indagati… Oggi la “Casta del Cancro” – interconnessa con Big Pharma – difende a spada tratta la chemioterapia e la radioterapia, nonostante i risultati fallimentari degli ultimi 40 anni!

Ogni anno, secondo i dati dell’OMS nel mondo intero oltre 15 milioni di persone sono colpite dal tumore. In Italia ogni giorno 1000 persone ricevono una diagnosi di tumore maligno. A questi si dovrebbero aggiungere i tumori epiteliali, che per le loro peculiarità biologiche e biochimiche è consuetudine considerarli separatamente. Sommandoli tutti il numero annuale delle diagnosi di tumore nel nostro paese supera le 400.000 unità: una vera e propria pandemia.

La situazione è veramente grave: i dati su incidenza e mortalità pubblicati dalla rivista Lancet Oncology non lasciano spazio a dubbi: il cancro è la prima causa di morte nei paesi sviluppati. 

Non ci viene detto però che la sopravvivenza a 5 anni dalla chemio supera di poco il 2%, e questo perché le sostanze usate, sono esse stesse “cancerogene”, “mutagene” e “teratogene”. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato la chemioterapia come agente cancerogeno

 

Fonte: http://www.iconicon.it/blog/2013/12/ci-dite-niente/ del: 11 12 2013

Già da tempo si conoscono gli effetti collaterali della chemioterapia, il cancro rimane ancora la prima causa di morte prematura nei paesi sviluppati, eppure la medicina ufficiale sembra ancora molto lontana dall’accettare e comprendere questa verità.
Assistiamo quotidianamente a colossali fallimenti nei tradizionali trattamenti di chemioterapia e radioterapia e il cancro rimane ancora un insormontabile nemico incompreso.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato la chemioterapia come agente cancerogeno, in quanto proprio il trattamento standard, che dovrebbe distruggere le cellule tumorali, in realtà ha effetti collaterali dannosi poiché si basa ancora su agenti genotossici.
La chemioterapia distrugge il DNA di tutte le cellule che si dividono velocemente. Le cellule cancerogene si dividono rapidamente, ma anche le cellule del sistema immunitario si dividono rapidamente. Ne consegue quindi che la chemioterapia distrugge anche l’unica cosa che può salvarci la vita.
Il farmaco denominato tamoxifene, per esempio, viene utilizzato in prima linea per il trattamento di alcuni tipi di cancro al seno, ma la sua somministrazione provoca anche il cancro all’endometrio e al fegato. Il farmaco, associato alla chemioterapia, rappresenta inoltre un problema per la resistenza dei batteri patogeni agli antibiotici. Ne vale quindi davvero la pena?
Una statistica condotta dall’OMS in associazione con l’American Cancer Society, ha quantificato che il beneficio della chemioterapia equivale appena al 2,2% e i rischi sono di gran lunga maggiori rispetto ai reali benefici.
Inoltre, la chemioterapia non distruggerà mai il 100% delle cellule cancerogene, ma nella migliore delle ipotesi, potrà eliminarne dal 60 all’80%, il restante lavoro spetterà comunque al nostro sistema immunitario.
Perché per così tanto tempo è stato permesso di curare i malati di cancro con la chemioterapia senza cercare o applicare altre soluzioni? Forse sono troppi gli interessi delle case farmaceutiche, dato che al Sistema Sanitario Nazionale un trattamento chemioterapico costa anche mille euro al giorno? Oppure siamo solo cavie umane di laboratorio dove il rispetto e l’interesse della persona non hanno più alcun significato?
Anche la radioterapia, come la chemioterapia ha gravi effetti, soprattutto nel trattamento del cancro al seno, in quanto un seno sottoposto a radiazioni ha più probabilità di sviluppare cancro ai polmoni. E’ stato dimostrato che la radioterapia aumenta fino a 30 volte la sopravvivenza, ma anche la capacità di auto-rinnovo delle cellule del carcinoma mammario, in quanto, mentre inizialmente la radioterapia può far regredire il tumore, in realtà poi una sottopopolazione di cellule resistenti alle radiazioni diventa aggressiva e provoca maggiore malignità. Così succede anche per la chemioterapia o per le radiazioni a basso dosaggio, utilizzate per diagnosticare tumori al seno (mammografie), con molta probabilità potrebbero essere proprio questi esami di “controllo” a causare lo sviluppo dei tumori.
Il cancro non è un processo che avviene a caso, ma è un programma di sopravvivenza, nel quale la cellula tumorale è in grado, grazie alla sua sopravvivenza evolutiva e genetica, di sopravvivere a condizioni difficili come l’esposizione ad agenti chimici, la scarsità di ossigeno, la maggiore disponibilità di zuccheri e il ph acido. La somministrazione di agenti chemioterapici tossici può uccidere la cellula più debole e creare le condizioni affinché possano evolversi le cellule tumorali maligne. Non è la forma “aggressiva” del cancro a provocare la morte dei pazienti, come vorrebbero farci credere, ma i trattamenti stessi.
Forse prima bisognerebbe chiedersi che cos’è il cancro.
“Le nuove scoperte della Fisica Quantistica stabiliscono che siamo sì costituiti da atomi e molecole, ma questi atomi e molecole sono la manifestazione di una determinata frequenza di energia e il cancro non è altro che un’alterazione delle frequenze del nostro corpo a causa di un errore di informazione delle nostre cellule, che le porta ad ammalarsi. Se guardiamo l’uomo come a un campo energetico possiamo comprendere meglio che per guardare dobbiamo ripristinare i corretti flussi energetici del nostro corpo, in modo tale che le cellule malate riacquistino le giuste informazioni e riprendano le corrette funzioni”. Questo è ciò che ha dichiarato il Professor Giuseppe Genovesi, presidente del PNEI (Psico Neuro Endocrino Immunologia) e ricercatore universitario del Policlinico Umberto I di Roma.
Anche lo scienziato americano Bruce Lipton, autore del libro “La Biologia delle Credenze”, spiega che non sono i geni a farci ammalare, ma il modo in cui il nostro corpo interpreta gli stimoli ambientali. La nostra mente inconscia elabora ogni secondo oltre 4 miliardi di informazioni e risponde ad esse in base a come è stata programmata. E’ proprio la nostra mente inconscia che controlla il 95% delle nostre funzioni. Regola la respirazione, la digestione, il battito cardiaco, la pressione arteriosa, legge le informazioni dell’ambiente e attua i relativi meccanismi di risposta. E’ lei che sa quali “frequenze” sono giuste per noi. Da qui possiamo capire quanto sia di vitale importanza imparare a comunicare con la mente inconscia, se vogliamo prendere piena consapevolezza della nostra vita. E’ solo così che possiamo determinare autonomamente se i flussi di energia nel nostro corpo sono corretti o scorretti. Le cellule “impazzite” del cancro non sono altro che cellule che hanno ricevuto frequenze sbagliate, dobbiamo ridare loro le giuste informazioni, affinché possano riappropriarsi delle loro funzioni. Come fare? Quali sono le risorse alle quali dobbiamo attingere per ripristinare le giuste frequenze del nostro corpo? Le soluzioni le possiamo trovare nei tre differenti “livelli” che caratterizzano l’essere umano: mente, corpo e spirito.

Fonti:
http://all-natural.com/tamox.html
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15630849?ordinalpos=1&itool=Entrez
http://www.who.int/whr/2013/report/en/index.html

La chemioterapia non funziona: arriva la conferma dell’OMS

Da

 Maurizio

 –

05/07/2018

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La Chemioterapia è cancerogena: l’Oms lo conferma – Sembra una barzelletta, purtroppo è tutto vero: la chemio è cancerogena.

Sì, avete letto bene: la terapia che dovrebbe curare i tumori, in realtà spesso è un agente che ne scatena l’insorgere.

In realtà, c’è da dire che già da tempo si conoscono gli effetti collaterali di questa cura.

Per fare un esempio, già nel 1938 il farmaco “DES”, usato principalmente per curare il cancro alla mammella, era stato messo in discussione per i suoi noti effetti collaterali, anche nel lungo termine.

Tuttavia, il DES uscì fuori commercio solo nel 1970, sostituito dall’altrettanto discusso “TAMOXIFEN” farmaco antitumorale e antiestrogeno.

A proposito di TAMOXIFEN

Il ricercatore canadese Pierre Blais lo descrive come “farmaco spazzatura che si pone ai vertici del mucchio di immondizia”, poiché promotore di cancri particolarmente aggressivi all’utero e al fegato, nonché responsabile di fatali coagulazioni di sangue e ostacolo ad altre numerose funzioni.

È sconcertante e paradossale pensare a quei milioni di donne nel mondo che vengono indotte a curare il cancro alla mammella con la chemioterapia e altri farmaci pericolosi come il tamoxifen, ovvero con sostanze classificate proprio come cancerogene.

Come se non bastasse, una statistica condotta dall’OMS in unione con l’American Cancer Society, quantifica il reale beneficio della chemioterapia in una media di appena il 2,2%.

Come dire: i rischi sono di gran lunga maggiori dei reali effetti positivi. A tutto questo, c’è una spiegazione scientifica.

La chemioterapia distrugge il DNA di tutte le cellule che si dividono velocemente. Le cellule cancerogene si dividono rapidamente.

Ma anche le cellule del sistema immunitario si dividono rapidamente! La chemio, in sostanza, distrugge anche l’unica cosa che può salvarci la vita!

Questo avviene perché nel nostro corpo una stessa proteina funzionale (come quelle attivate dalla chemioterapia) può svolgere compiti completamente diversi in distretti diversi del corpo.

Sono i famosi “effetti collaterali”. A volte possono essere leggeri; altre volte, come nel caso della chemio, possono essere devastanti.

Altro dato interessante: la chemioterapia non distruggerà mai il 100% delle cellule cancerogene.

Al massimo potrà eliminare dal 60% all’80% (nel più ottimistico dei casi!) delle cellule cancerogene.

Il “resto” del lavoro è svolto dal nostro sistema immunitario.

La domanda ora sorge spontanea: perché è stato possibile continuare a curare i malati di cancro con la chemio per così tanto tempo, senza cercare una soluzione alternativa?  Ignoranza?

Interessi “maggiori” di quelli dalla salute delle persone (dato che un trattamento chemioterapico può costare al Sistema Sanitario Nazionale anche mille euro al giorno)?

Forse a questa domanda non avremo mai una risposta. E allora facciamone un’altra: esiste davvero una soluzione alternativa per la cura del cancro?

Per trovare una risposta, bisognerebbe prima capire cos’è il cancro.

Secondo il professor Giuseppe Genovesi, ricercatore universitario presso il Policlinico Umberto I di Roma e presidente del PNEI:

Bisogna riconsiderare l’uomo non più come un organismo biochimico, ma come un organismo biofisico.

Le nuove scoperte della Fisica Quantistica ci dicono che noi siamo costituiti sì da atomi, molecole, ma ci dice anche che questi atomi e queste molecole non sono altro che la manifestazione di una determinata frequenza di energia.

Il cancro è il risultato di un’alterazione delle frequenze del nostro corpo, che causa un errore informazionale nelle nostre cellule, facendole ammalare.

Se quindi guardiamo all’uomo come a un campo energetico costituito da fotoni e non più come a un semplice aggregato di atomi.

È chiaro che si può guarire semplicemente ripristinando i corretti flussi di energia nel nostro corpo, in modo tale che le cellule malate riacquistino le giuste informazioni e ripristino le loro corrette funzioni.”

E chi legge le “informazioni” che riceviamo dall’esterno?

Per decenni si è creduto che i nostri geni fossero responsabili della nostra salute. Se un genitore era morto di cancro al polmone, lo stesso destino avrebbe potuto attendere suo figlio. Ma non è così.

Uno studio condotto dalla università di Montreal, ha evidenziato che su 100 donne con cancro al seno, solo 7 trasmetteranno il gene malato alle proprie figlie.

E tra le figlie portatrici del gene malato, non è detto che tutte si ammaleranno di cancro.

E lo stesso ci insegna lo scienziato americano Bruce Lipton: non sono i geni a farci ammalare, ma il modo in cui il nostro corpo interpreta gli stimoli ambientali.

Per questo Lipton parla di “Biologia delle credenze”. La nostra mente inconscia elabora ogni secondo oltre 4 miliardi di informazioni e risponde ad essi in base a come è stata programmata. Continua su RQI.me

Riferimenti:  Chemioterapia e cancro: la malattia è nella cura. – Tamoxifen: A Major Medical Mistake?

The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5-year survival in adult malignancies – Research for universal health coverage: World health report 2013

Fonte – tratto da Complottisti

 

Viene da chiedersi: come mai ai malati di cancro vengono somministrate sostanze costosissime e altamente tossiche per l’organismo, al punto da richiederne l’incenerimento ad alte temperature? Ignoranza, malafede, interessi economici?

Oggi la potentissima Casta del Cancro difende a spada tratta la chemioterapia e la radioterapia, nonostante i risultati fallimentari degli ultimi 40 anni.

Business is business”, e anche il cancro non è immune da tale logica commerciale: la chemio può costare fino 50.000 euro al mese, un solo trapianto di midollo 36.000, un ciclo completo di radioterapia 26.000 euro, ecc. Il costo medio di un paziente oncologico è di oltre 200.000 euro, e ogni anno in Italia sono 270.000 i nuovi malati… 

  • I protocolli usati in oncologia sono cancerogeni e mutageni
  • La sopravvivenza a 5 anni alla chemioterapia non supera il 2%
  • Il cancro è la prima causa di morte nei paesi sviluppati
  • In Italia ogni anno a 400.000 persone viene diagnosticato un cancro
  • Le terapie oncologiche sono la prima spesa sanitaria
  • Con il cancro le industrie guadagnano più di qualsiasi altra malattia

“Pamio tratta uno degli aspetti più immorali e inaccettabili dei nostri tempi, la gestione autoritaria della salute mediante una dittatura terapeutica unicamente finalizzata allo sfruttamento della sofferenza e della malattia”.

 

“CELL” E “DEVELOPMENTAL CELL”

Articoli che sono stati pubblicati nelle famose riviste statunitensi “Cell” e “Developmental Cell” (entrambe facenti parte di una stessa serie, come anche “Cancer Cell”, “Cell Metabolism”, etc.), che pubblicano soltanto i lavori scientifici di interesse internazionale. Questi articoli sono il risultato di una collaborazione tra università italiane, Harvard e altre connesse; se non altro fotografano la situazione 

attuale in riferimento all’indagine e alla ricerca farmaceutica e medica sul tumore.

 

La sintesi, è che il tumore ha sempre origine da una cellula monoclonale (cioè il tumore è formato da cloni, copie di un’unica cellula iniziale) che subisce l‟interferenza di un agente mutageno (agente fisico, chimico, biologico capace di indurre mutazioni) che altera direttamente il DNA della cellula.

 

Poi ci sono le lotte che la cellula attua con le sue possibilità (geni oncosoppressori) per contras-tare l’azione dei geni proto-oncogeni che, se non regolati, rinforzano la malattia. Questa è la sostanza dinamica generale di qualunque forma di tumore.

 

Considerando però che l’agente mutageno lo si osserva dopo che la cellula è in attività patogena, il problema consiste nel trovare il “primo movente” (primum movens) che costituisce l’agente mutageno ex novo, strutturando una forma diversa dal comportamento del nucleo della cellula, interferendo direttamente nel DNA. 

Il DNA è lo stabile di identità di tutto l’organismo, così come in filosofia l’identità è ciò che distingue l’ente, che lo fa per sé, totale in sé e distinto e diverso da tutti gli altri. Ad esempio, la carta di identità è unica nello Stato dove il soggetto sta e lo fa identificabile, raggiungibile, diverso, etc. 

Si potrebbe quindi dire che il DNA è la “carta di identità” di tutto l’organismo, ed è segnata e marcata all‟interno di ogni cellula: ossea, nervosa, etc. 

 

Una cellula che perde l’identità sta in connessione intrinseca a tutta l’identità di quell’organismo. Le cellule si sanno perché sono le stesse: il DNA che abbiamo in una mano è lo stesso di quello che sta nell’altra.

 

Quindi l’identità, quando si fa biologia, è DNA: è la fenomenologia unica ed irripetibile di una individuazione. Per cui, quando si parla di una cellula malata, non va intesa – ad esempio – l’identità del fegato o del cuore, etc.: il DNA che viene alterato in quell’organo ha familiarità, contatto, è la stessa cosa con tutte le altre cellule, che sono la stessa identità. 

Quindi l’agente mutageno è “padrone di casa” dovunque. Per questo, per qualunque organo, ha la chiave passe-partout, unica perché in ogni organismo c’è un unico DNA.

 

L’uomo si riscontra in parte cosciente e in parte inconscio, quindi è competente, per se stesso, solo fino ad un certo punto. Ciò non dipende da un difetto di natura, ma dall’educazione subita e metabolizzata in senso medico, come la cellula metabolizza ciò che le è simile ed espelle ciò che le è diverso. Attraverso gli affetti primari, l’uomo metabolizza la lingua, i pensieri, la morale della famiglia dove nasce e si forma.

 

Come asserisce  il biologo cellulare statunitense Bruce Lipton le emozioni possono influire sul materiale necessario alla riproduzione umana anche due mesi prima dell concepimento effettivo.

 

Quindi a maggior ragione anche le emozioni nel grembo della propria madre, fanno determinazione caratteriale. S’immagini quando per cinque/sei anni si vive con certi odori, colori, timbri di voce, un certo colpo di tosse, un tipo di sporco, una determinata musica, etc.: l’essere umano viene neoplasmato dall’educazione parentale. In sostanza, il compor-tamento, anche fisiologico, subisce delle varianti che rendono il fisico predisposto ad una certa patologia. A tal proposito, l’ereditarietà non passa attraverso la chimica-fisica del corpo, ma tramite la causalità psichica del metabolismo dell’affetto educativo base.

 

Infatti, ad esempio, è impossibile comunicare con se stessi nel pensiero senza la lingua madre e ciò fa capire che l’uomo, per incontrare se stesso, passa per lo stereotipo appreso. Questo aspetto va su tutti gli altri aspetti, dall’ideologia all’affetto, al sesso, etc. 

La formazione dell’inconscio avviene per eccessiva metabolizzazione della prima educazione, che si auto-plasma clonando gran parte della personalità del soggetto. L’inconscio, quindi, è formato dal quantico vitale che ognuno ha per dote di natura ma che resta represso, censurato dall’Io logico storico. 

Sin dall’infanzia, il soggetto, oltre che in conformità ad alcuni ideali, si evolve non dando riconoscimento alla totalità circolare del proprio fisico psico-biologico in tutte le sue manifestazioni. Per cui conosce, ad esempio, soltanto i modi di spostamento e di pensare della “testa”, ma non sa come pensa il proprio genitale, fondoschiena, ginocchio, cuore, etc.

 

Si è perso un universo di comunicanti, per aver attribuito preferenza al sistema cerebro-razionale di un certo partito, di una certa tribù, regione, etc. Il nostro organismo ha un campo percettivo-sensorio infinitamente ricco. Ad esempio, nell’apparato gastro-enterico sono presenti tanti neuroni quanti quelli della “grande ghiandola” cervello.

 

All’interno dell’organismo umano sono presenti diversi sistemi di regolazione, ma i principali sono il sistema endocrino (SE), il sistema nervoso (SN) e il sistema immunitario (SI). Ciascuno di questi sistemi non è autonomo dagli altri, anzi, sono interferenti e complementari l’uno allaltro, per cui sono bidirezionali: hanno ambivalenza nella circolarità, cioè disponibilità reciproca di ascolto sensoriale e si muovono sempre all’unisono. Anzi, ciascuno non agisce o reagisce senza la contemporaneità degli altri. 

L’alterazione organica è prodotta dall’informazione dell’atteggiamento interno del paziente. Questo non è difficile da comprendere, in quanto, come già affermato, il DNA è l’identità comune. 

Il cervello (cerebrale), considerato la “ghiandola” più importante dell’organismo umano, produce una certa quantità di sostanze (la scienza ne ha individuate solo una parte, circa cinquanta) definite neurotrasmettitori, o meglio, in linguaggio più specifico, neuropeptidi, i quali costantemente gettano un ponte attivo tra il cervello e tutto il resto dell’organico. Questo cervello è l’organo primario collegato con l’Io logico storico del soggetto, quindi connesso agli stati di coscienza e volontà. 

 

Bisogna ricordare che i neuropeptidi non sono prodotti soltanto dal cervello: “Ricerche bio-chimiche hanno evidenziato la capacità di vari tipi di cellule (adatt) a sintetizzare immunomodulatori e immunopeptidi all’interno del cervello e del SNC – cioè il cervello riceve rinforzi anche da altre cellule. Ad esempio, prima ho parlato dei neuroni diffusi nella zona viscerale: il cervello vive anche di concomitanza, di appoggio reversibile – “Tali cellule sono rappresentate da neuroni, astrociti, microglia, cellule endoteliali del sistema cerebrovascolare, macrofagi intrinseci e di deri-vazione ematica, linfociti T attivati.”

 

Quindi, la produzione di una sostanza definita non è esclusiva di un organo, ma può essere anche assicurata da un altro organo (come avviene tra SN e SI). Ciò spiega perché, quando la chemioterapia interviene specificamente sull’organo isolato, il paziente può vivere alcuni anni (oggi la vita è stata allungata fino a cinque, massimo sei anni), ma poi si rileva che non è sufficiente, anche se i professionisti della medicina sono stati esatti. 

Ciò dipende dal fatto che l’agente mutageno intercetta un altro organo per produrre quell’elemento che consente di alterare la cellula e renderla cancerogena. In sostanza, è come se, chiuse tutte le porte, l’attività continuasse a muoversi ed entrasse dalle finestre o dal pavimento. Questo è possibile in quanto esiste una intercettazione reciproca tra più sistemi, dove uno può sostituire l’altro, per cui la malattia autogenera se stessa.

 

Il problema ritorna a monte: ma che cos’è che, chiuse le porte, trova la strada per la finestra? Qual è la prima etiologia?

 

Inoltre, “è importante sottolineare che molte cellule immunitarie possiedono recettori specifici per neuropeptidi”, per cui non è tanto il neuropeptide – per ipotesi – sbagliato che comunica l’inizio della malattia, ma c’è un’aspettativa. 

In sostanza, se il neuropeptide non arriva, ci sarà un altro che lo sostituirà. Quindi abbiamo a che fare con un agente totale sincretico, che non si alloggia solo in un organo ma è onnipresente: cambia gli strumenti, ma mantiene il progetto. “Studi recenti hanno identificato nei neuropeptidi e nelle linfochine le molecole in grado di costituire il ponte di collegamento tra SNC e SI.”

 

A questo punto, vorrei ricordare il cosiddetto “effetto placebo”, che esula da qualunque aspettativa meccanicistica fisico-chimica. L’effetto placebo non è tecnicamente realistico per la chimica della cellula, ma influisce sul progettante che ha la chiave d’identità di qualsiasi composto del proprio organico. Cioè la chimica fa da sacramentale curativo secondo la fede del paziente. Spesso più che la chimica è il carisma che il paziente accredita sul proprio medico. Similmente è la casistica di tossicodipendenti convinti di aver assunto la dose creduta.

 

La sostanza di tutto questo è che bisogna arrivare all’Io pensante: è lui il condizionatore totale del proprio organico, sia in modo cosciente che inconscio. 

 

Parlando dell’agente mutageno, cioè del variabile genico che dà il mandato, nella scatola cranica si riscontra la configurazione del progetto, che propriamente si chiama intenzionalità psichica

Nella filosofia perenne questo è uno dei concetti di energia tra i più potenti che si possa immaginare, quindi non è l’intenzione in senso religioso o legale: è il sub-conducente che costituisce tutto ciò che poi sarà il DNA, è la forma dinamica che materializza il quantico che siamo

 

Con “intenzionalità” mi riferisco anche al progetto delle leggi dell’universo (leggi chimiche, fisiologiche, etc. che determinano, ad esempio, la variabilità delle stagioni). L’intenzionalità è il progetto della semovenza del mondo della vita e noi siamo consanguinei, olistici, viviamo così e siamo così perché appoggiati su questo pianeta che, a sua volta, è insieme ad una costellazione che non include soltanto il Sole ma un’intera Galassia: una cosa fa e sostiene l’altra.

 

Quindi io parlo di una intenzionalità naturistico-fisica che progetta la materialità delle individuazioni.

 

Noi siamo liberi, ma bios è il denominatore base: noi siamo stati invitati dentro questo bios, che ha le sue leggi precise. “Precise” non significa quelle scritte nei libri sacri, ma come previsto dalla fisica, dalla chimica, etc., cioè in modo reversibile: io so e operando quello che so si dà la cosa; io penso e c’è reversibilità tra la formula che ho e la cosa, avere la cosa o sapere la cosa è l’identico potere.

 

Quindi questa intenzionalità è qualcosa di generale, di cui noi abbiamo una parte: siamo “in affitto” all’interno di tale bios e, dentro di questo, l’uomo ha il libero arbitrio, ha emozioni, contraddizioni, amori, rabbie, eccitazioni, etc. Ognuno di noi è una enciclopedia di senso, di variabili, di poesia e di tanto altro.

 

Propriamente intenzionalità significa quel dentro che la mente esige e coglie o può cogliere. È un vettore formale che organizza, (materia e non), il luogo e il modo scelto. Costituisce l’azione in quanto decide l’evento in modo, tempo e luogo. L’intenzionalità è il primo progettante. È prima, continua e finale come risultato oggettivabile. 

 

Questa intenzionalità è specifica dell’attività psichica o psiche o Io pensante nell’ambito corporeo e territoriale dell’individuo connivente.

 

Chi fa la determinazione in questo piccolo spazio di un solo corpo? 

L’individuo, che agisce attraverso “Io cosciente” o “semantica affettiva”.

 

“Io cosciente”: il soggetto pensa e reagisce in un certo modo. 

 

“Semantica affettiva”: l’individuo può essere “clonato” dal sentimento di un altro, cioè può essere vissuto e metabolizzato dalla realtà dell’interesse di un’altra persona.

 

Ad esempio, il comportamento di un uomo profondamente innamorato e il comportamento di un uomo freddo, biologicamente parlando, è diverso. 

In sostanza, la semantica affettiva fa un passaggio di informazione che è di interesse del mandante, la madre, l’amato, il socio, il fratello, l’amico, il nemico, perché per “affettiva” s’intende sia amore che odio, cioè mentre il soggetto riceve e vive quell’informazione, vi dipende e vi è condizionato, perché è convinto di essere lui a volere, a controllare, a scegliere. 

In realtà, non è così: il suo Io è travolto da una informazione alla quale egli aderisce con piacere, fino al suicidio se è necessario. 

Questi sono i due modi di intervento, psichicità e affettività.

 

La psichicità è attività intenzionale. 

È causale come movente o azione prima. 

È riflessa o dinamica, cioè cosciente o inconscia. Quindi un progetto che fa contatto e alterazione su moduli energetici di qualsiasi tipo: cellule, società, persone, organi, ambiente, cultura, etc. Ma col progetto è unita la volitività affettiva, cioè il vettore ha intrinseco anche il destinatario. 

È intenzione per. 

 

“Psiche” è un termine forte, è qualcosa che resta sempre trascendente le nostre normative comportamentali. Il termine “psiche” non va inteso in senso psichiatrico o neurologico: quella non è psiche, è cervello, è un agglomerato di cordoni neuronici che fanno comunicazione elettro-informatica con le loro diverse sinapsi. 

Il cervello è un dopo-psiche: è una “grande ghiandola”, ma non è la psiche in sé. In sé e per sé, la psiche è anima, spirito, è l’Io precedentemente descritto, cioè l’intelletto, la mente, il misurante. 

Il concetto di psiche è eminentemente filosofico. Con questo non intendo affermare che chi frequenta la facoltà di filosofia conosce questi concetti: la vera filosofia è una conoscenza che appartiene soltanto a chi ha le basi della ontologia classica.

 

Attraverso le informazioni accettate e distribuite dai tre sistemi, viene centrato soprattutto il sistema immunitario. Il DNA composto da specifica sequenza atomica, viene interferito attraverso la tolleranza e disponibilità dei neutroni. Da questi si modula l’inizio della variabile oncogena che poi consente e attiva il processo metastatico. Ma questo è possibile finché l’informazione prodotta dall’intenzionalità psichica è in esercizio. Intervenire sui neutroni che contribuiscono nel DNA, sarebbe ancora un curare lasciando intatto l’architetto scrivente.

 

Riassumendo quanto finora esposto, tutto il fenomeno di qualsiasi tipo di tumore si può spiegare soltanto con la bidirezionalità dei tre sistemi (SN, SI, SE) omologati dal progettante – psiche – che, anche se influenzato da semantica affettiva, rimane sempre colui che fa lo start. 

Ma il paziente è consapevole di fare lo start? 

 

Alcune volte sì ed altre no.  

 

Colui che è affetto da tumore presenta spesso una maggiore aggressività verso la vita: la vuole, addirittura la esige. In questo caso è possibile che non sia a conoscenza della causa.

 

Se invece è distruttivo, crisi di pianto continuo, desiderio di farla finita, ecc, molto probabilmente è a conoscenza del fatto che è tutta opera sua ma o deve farla pagare a qualcuno anche con il sacrificio della propria vita, o deve vendicarsi di chi invece gli è accanto. 

I motivi possono essere tanti e molte volte anche particolarmente inspiegabili per un normale osservatore.

 

Il soggetto subisce un’informazione esterna – che per lui è un fatto traumatico, scioccante, contraddittorio, insopportabile, doloroso – la quale attiva, cioè fa motivazione (= agire energia su uno scopo).  In sostanza, l’ego(cettività) toccato dalla informazione traumatica informa i tre sistemi interattivi nervoso, endocrino e immunitario (neurotrasmettitori, ormoni, linfochine, neuropeptidi, neuroni specchio). 

 

Anche la Nuova Medicina Germanica del Dr. Hamer si muove con queste considerazioni. Non parla di intenzionalità ma il meccanismo è messo a fuoco.

Quindi c’è il caso di soggetti consapevoli che però non lo dicono al medico, al sacerdote, all’amico, all’amica, etc. Solo la capacità d’indagine consente di comprendere queste situazioni. 

 

È tranquillamente possibile interferire e visionare che cosa si sta progettando dentro la persona. Si può quindi rilevare il progetto, sia se il soggetto è cosciente, sia se il soggetto è inconscio. 

A parte i comportamenti, etc., è LA COMUNICAZIONE SENSIBILE che permette di individuare l’informazione diretta da parte del progettante, che poi entrerà nella cellula di un certo organo. 

Inoltre, attraverso l’analisi onirica – però non condotta in modo junghiano o freudiano. Il sogno racconta dove il soggetto sta male, da quanto tempo, se vuole o meno guarire, qual è stata la causa e come andrà a finire.

 

Nel sogno c’è proprio il progetto (cosciente o inconscio) tecnicamente e meccanicamente scritto: la psiche scrive il progetto che attiva. .

 

PRIMO PROSPETTO INCONSCIO

 

PRIMO TEMPO

In questa situazione, il malato non sa, non capisce. Nel primo tempo accade la notizia traumatizzante, ma il soggetto cerca di dimenticare, si rifiuta di vedere.

 

Il primo tempo può durare da una settimana a massimo tre mesi.

 

SECONDO TEMPO

La persona è convinta di stare bene, non ricorda quella situazione, tuttavia la notizia traumatica, scomparsa dalla coscienza, si è somatizzata programmandosi all’interno del soma. Il tempo dell’incubazione dura fino a quando il tumore attacca la sensibilità cosciente, quindi fa male. A quel punto il paziente se ne rende conto e va dal medico. C’è questo stato voluto di incoscienza, cioè è il progettante che, per non soffrire, fa finta che quanto accaduto non esista (“occhio non vede, cuore non duole”). 

Ma la notizia ormai è alterante.

 

TERZO TEMPO

il paziente si accorge che sta male, va dal medico e comincia la prassi curativa. Però il sintomo permane e continua ad attaccare. Il problema è esposto come malattia, preoccupazione, “male oscuro” che bisogna capire, etc., per cui il paziente va anche dallo psicologo, dal “mago”, etc. 

 

QUARTO TEMPO

Iniziano i protocolli ormonali, chirurgici, chemioterapici e radiologici che la medicina ufficiale prevede. Talvolta si affiancano particolari tipi di diete, integratori, estratti nutraceutici, piante, sostanze ritenute curative.

Naturalmente tutto questo non può servire radicalmente perché sono tutte situazioni che combattono gli effetti ma non le cause.

Dentro il soggetto oncologico ha un assassino che instancabilmente continua a uccidere perché è programmato in tal modo.

Anche la funzione psicologica di appoggio tende a “far star meglio il paziente” non certamente a curarlo.

 

QUINTO TEMPO

Tutta la psicologia classica non riesce perché non possiede i codici interpretativi corretti.

Strumenti come colloquio, comprensione e percezione dell’immagine scatenante l’emozione che “sta dietro” a tutto, e analisi di qualche sogno possono offrirci già essere in grado di avere un quadro d’insieme.

 

Però si dialoga con il paziente e gli si chiede se ricorda che cosa ha provato quella volta, cosa è successo, etc. Si attiva così la funzione maieutica e  facendo parlare il cliente, gli si fa tirare fuori il problema occulto nell’organico, fatti, cose, circostanze che fanno associazione con l’informazione onirica e la referenza di significato emozionale.

 

Occorre saper isolare il vero problema dai tanti falsi problemi che immancabilmente verranno messi sul piatto dal paziente poiché ha un progetto da difendere a tutti i costi. 

Una vera e propria azione di depistaggio! 

Ricordiamoci sempre che il paziente spesso (non sempre) fa di tutto per occultare dati e informazioni. L’analisi termina quando si dà la coincidenza di tre fattori: sogni, comunicazione sensibile e fatto rilevato anche dal paziente.

 

A questo punto si coscientizza il cliente, gli si mostra che quella malattia è effetto consequenziale di una causa che è egli stesso, in quanto pensante, ad agire. Ciò che determina la patologia è il modo come lui giudica se stesso, la sua vita, quel fatto. Cioè, come lui impone ed esige la rivalsa vendicativa o compensativa. Lui uccide quel fatto nella metafora psicosomatica. 

Cioè la metafora si fa metastasi.

 

A questo punto ci si ferma. 

Chi farà la differenza è il paziente: se accetta di cambiare, il tumore sparisce in breve tempo; altrimenti la malattia prosegue il suo corso

Se il paziente smette la progettazione, il tumore scompare nell’ambito di poche settimane. Questo discorso è valido anche se ci sono già metastasi.

 

La salute biologica rientra nella propria normalità. 

Per costituirsi la malattia, c’è uno sforzo, uno spreco energetico, una deviazione che ha un alto costo per i tre sistemi. Invece il rientro nella norma di natura è andare “in discesa”: il DNA primario si ricostituisce subito perché non c‟è più l’offesa. 

Appena il paziente smette l’attività di progettazione – che è sempre psichica, cosciente o inconscia – ed entra nella indifferenza della notizia traumatica, la natura riprende il suo corso, in quanto viene tolto l’impedimento improprio, aggiunto, estremamente costoso. 

Ecco perché il paziente a volte guarisce spontaneamente, come notano (e non si spiegano) i medici. Cosa avviene in questi casi? Avviene un cambiamento esistenziale che fa gratificazione in senso biologico.

 

SECONDO PROSPETTO CONSCIO

 

Nello schema cosciente, il paziente conserva precisa la memoria del fatto traumatico e la convive con intensa emozionalità lirica e tragica. 

Ma non sa che quella memoria scrive anche somaticamente in qualche pagina del proprio organismo. 

 

Quando si parla di “metastasi”, bisogna intendere proprio questo: il progettante nel primo tempo fa “metafora”, ossia trasferisce il trauma informatico (la notizia traumatizzante), nascondendolo e lasciandolo sopravvivere alloggiato in un organo. Quindi, la metastasi avviene come trasposizione dal problema psichico ad un luogo somatico, che a volte viene configurato come un simbolo di quella persona che si vorrebbe uccidere, eliminare, quella persona che al soggetto fa tanto male. 

 

Pertanto, l’organo può essere anche personalizzato come luogo di capitolazione di un problema esterno (sociale, economico, sessuale, amoroso, etc.: è infinita la categoria, per cui c’è una fantasia illimitata nelle variabili del tumore). 

 

Dopo la spiegazione, si dice al cliente: “Questo è il problema. Vuoi vivere? Allora devi togliere questo problema. Totale fiducia ai medici, loro faranno quello che tu non sai fare, però o decidi, o anche il medico è fuori gioco, non può fare niente”. Infatti, il medico non può lottare contro il libero arbitrio del paziente, cioè contro un progettante assente. 

Il proget-tante è sempre assente dall’organo, dalla cellula, dalla linfa, dalla ghiandola, dal sarcoma, per cui è inutile insistere a colpire quel punto: il progettante scriverà altre lettere, altri romanzi, finché lo scrittore vive. 

 

Esiste un nucleo positivo di salute, che per prima cosa s’interessa di stare bene fisiologicamente. È il progettante immesso dalla natura, dalla provvidenza biologica di cui facciamo parte. Questo nucleo comunica che cosa si deve o non si deve fare, perché è dotato di determinismo biologico.

 

Può esistere anche una componente sessuopatologica. Anche se oggi le persone sono più libere ed alcuni tabù non ci sono non dobbiamo mai dimenticare che spesso l’uso distorto del sesso può rappresentare una componente scatenante dei tumori.

 

In questo caso il tumore non dipende da un fatto traumatico, ma da una predisposizione caratteriale di accentramento affettivo unito ad una esosità ossessiva di possesso psicosessuale dell‟altro.

 

Anche nel caso dei carcinomi all’utero, il sesso è uno dei maggiori contribuenti, perché può accadere anche che la donna voglia il sesso con un certo uomo per ossessione mentale. Il sesso, infatti, è più presente come fissazione che come esigenza di natura. 

Quando il sesso è conforme all’esigenza biologica, tutto va bene. 

La malattia comincia quando esiste una deformità, quindi una perversione tra appetito biologico e fissazione psichica. In quel caso gli organi genitali, che rappresentano una complessa e straordinaria intelligenza, vengono stressati. Nel sesso c’è un ordine e molti papillomi e patologie simili sono dovute a perversioni individuali, cioè ossessione fuori regola o con un partner non adatto. 

Pertanto, dal momento che quella donna, ad esempio, non è in grado di rifiutarsi, perché è incosciente della sua ossessione, allora interviene la natura che dice: “Se questo è il tuo sesso, io non voglio”, e comincia la reazione. Per cui, il tumore molte volte è l’ultima difesa che l’organico biologico ha. È come se l’organismo, se non ha un padrone esatto, ossia un responsabile intelligente, preferisce annullarsi. 

È la legge della natura.

 

Inoltre, quando si fa sesso appaiono delle immagini e bisogna fare attenzione, perché sono operative. La base dell’energia è l’immagine: esistono immagini che sono “killer”, altre immagini sono congruenti. 

 

Con il mondo della psiche si apre lo squarcio di un universo contrapposto, straordinariamente meraviglioso, però ci vuole sempre una razionalità normativa tra funzione, piacere e vizio (deformazione dello strumento). 

 

Quindi questa informazione trasversale, per cui la malattia si contrae, a parte i casi estremi di qualcuno che è già malato per troppe cause, anche per una aspettativa, per una conformazione psichica, cioè il soggetto ha paura ma è curioso su quella malattia, invece di avere fredda neutralità. 

Anche per prendere la malattia, il progettante deve prima concordare; se invece rimane chiuso non c’è niente da fare. Questo spiega come mai tanti vanno tra i lebbrosi e rimangono sani. Similmente, molti medici non contraggono le malattie infettive dei propri pazienti perché il camice bianco è simbolo di un distacco, di una difesa: il medico deve saper curare senza entrare e rimanere dentro il malato in modo emozionale, partecipativo, etc., altrimenti si ammalerà anche lui prima o poi. 

Anche i volontari religiosi che operano tra infettanti restano immuni, perché essi intenzionano Dio o altro nel servire il prossimo infetto. Anche i bimbi nati in famiglia infetta, si curano naturalmente cambiando posto o riferimento affettivo.

 

Nel concetto di “informazione trasversale comunicativa” rientrano anche i mass media, che sono dei grandi “neurotrasmettitori” di disgrazia e di malattia, perché comunicano in un certo modo e la notizia inizia a destare curiosità. Certamente, dietro ci sono potenti case farmaceutiche, che restano sempre indispensabili.

 

Esiste anche una interferenza aggiunta che nasce dall’educazione, attraverso cui si formano degli stereotipi razionali che poi diventano fissativi del soggetto, il quale – quando indaga le cose nuove – riprende sempre quella scala, quegli strumenti e, nel ripeterli, irrigidisce e limita se stesso. 

 

Questo interferente aggiunto si dimostra convalidante e rinforzante di qualunque processo patogeno: che sia schizofrenia, tumore, incidente stradale, suicidio, lui è sempre un parlante. 

 

Una curiosità: è impossibile che uno schizofrenico manifesto sia malato di tumore, perché è già totalizzato nell’ossessione del progettante; quindi, occupa soltanto la testa nella sua pazzia e nel suo rigidismo coatto, senza passare nel soma.

 

La peggiore malattia è certamente la schizofrenia, che però non fa mai il passaggio nel corpo (anche se il soggetto si dovesse trovare in un ambiente altamente infetto), perché lo schizofrenico ha questa superpatologia che fa da deterrenza a tutte le altre forme patologiche.

 

Oltre alle comunicazioni che si possono osservare in strumentazione neuropsichiatrica e in tutti i diversi processi derivanti dal midollo spinale, bisogna considerare anche il concetto di “chakra”. Noi abbiamo delle zone (soprattutto sette: sommità della testa, fronte, gola, plesso solare, viscero-tonico, zona genitale, zona sacro-lombare) che sono energeticamente più vicine alla psiche. I chakra sono delle localizzazioni più forti di energia biologica e, in caso di malattia, prima dell’alterazione organica viene alterata la struttura energetica di quel luogo. Per capire di che tipo di energia si sta parlando, si consideri un massaggiatore che fa un buon massaggio. All’inizio le mani sono fredde, però dopo c’è un calore. 

Quel tipo di calore è campo eterico: “campo” in senso fisico; “eterico” perché è poco ponderabile: emanazioni elettroniche senza nucleo. 

Dopo l’informazione generale psichica, scattano, al di là del sistema neurovegetativo, i tre sistemi di cui si è parlato prima (SN, SE, SI), tra i quali avviene una ricetrasmittenza, una comunicazione grazie alle sinapsi, che trasportano informazioni. 

Ma ogni informazione non altera in modo molecolare i neuroni, in quanto questi hanno la facoltà di trasmissione in modo fotonico, cioè a specchio (si parla infatti di “neuroni mirror”): trasmettono l’informazione senza subire alterazione elettrica o chimica.

Quindi un’informazione patologica può partire dal cervello – siamo già sul piano del SNC, che è dopo la psiche, per poi attraversare sinapticamente i diversi tracciati e, infine, colpire l’organo prescelto in modo strutturale, ossia in modo di architettura molecolare. 

Perché proprio quell’organo?

 

Qui deriva il campo delle libere associazioni del soggetto, cioè cosa sta pensando. Quell’organo è scelto perché simbolicamente prossimo, secondo la concezione del cliente, al fatto reale in sé.

 

CONCLUSIONI

Tutto ciò fa capire che la psiche è il progettante che fa l’agente primario alterante il percorso biologico di qualsiasi composto dell’organico umano. 

Come abbiamo visto la ricerca oncologica cerca sempre cure che si limitano al fatto fisico, le nanoparticelle devono essere veicolate nell’organo malato, le staminali devono essere impiantate nell’organo malato, si continua a lavorare sui recettori del DNA e sugli inibitori. 

Ma in tutto questo l’uomo non c’è!

 

Invece abbiamo visto come il primo e forse l’unico punto che esige attenzione è proprio l’essere umano in quanto pensante, in quanto senziente, in quanto fulcro di vettorialità intenzionale della propria unica e splendida vita.

 

Devo anche aggiungere per correttezza che la maggior parte delle persone che ho visto non ce l’hanno fatta. Ho tante volte assistito con le lacrime agli occhi persone che morivano. Lo sapevano loro e lo sapevo io che tutto si poteva evitare ma esisteva qualcosa di più forte in loro della vita stessa. 

Però quegli che ce l’hanno fatta sono molto cambiati in tantissimi punti della loro esistenza, notevolmente migliorati. La malattia occorre ringraziarla ed amarla. Amarla per comprendere quel meraviglioso messaggio che  rappresenta per noi. 

Il tumore è l’ultima difesa che ha l’anima per farci capire ciò che non abbiamo mai voluto o saputo chiederci.  Rinunciare a una esperienza come questa è uno sbaglio colossale che possiamo e dobbiamo evitare ad ogni costo. Gli stessi problemi si ripresenteranno sempre e prima o poi dovremo risolverli. Quindi animo e coraggio e se durante questo cammino ci saranno anche altre persone che hanno a cuore un risultato positivo uno si deve sentire fortunato e non poco!

 

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