IL TUMORE

 

Introduzione

I termini tumore, cancro2, cancerogeno, neoplasia, neoplasma, metastasi, sarcoma sono definizioni di particolari processi o fisionomie che può assumere il tumore, ma tutta la sostanza, in sintesi, è che il tumore ha sempre origine da una cellula monoclonale che subisce l’interferenza di un agente mutageno che altera direttamente il DNA della cellula e che è osservabile solo dopo che la cellula è in attività patogena. La causalità che forma il processo mutageno è di esclusiva origine psichica inconscia al cliente. (a parte casi di sovraesposizione a mutageni di origine radioattiva o chimica)

Il reale problema consiste nel trovare il “primo movente” che costituisce l’agente mutageno ex novo e successivamente essere in grado di estinguerne la presenza e l’azione conseguente. 

 

Il problema è quando la si propone alla persona, perché può accettare o non accettare, decidere o non decidere. Quindi l’impotenza spesso dipende  dal libero arbitrio del soggetto. 

  • LA PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA

Attuali sono gli studi della PNEI Psiconeuroendocrinoimmunologia che è una disciplina che si occupa delle relazioni fra il funzionamento del sistema nervoso, del sistema immunitario e del sistema endocrino. La sua nascita si basa sui lavori di Hans Selye sullo stress degli anni trenta.

La disciplina può essere vista dal punto di vista della psichiatria, dove certi disturbi dell’umore sono associati cambiamenti ormonali o neuroendocrini che influenzano il cervello. Essa può anche essere vista dalla prospettiva endocrinologica in cui alcuni disturbi endocrini possono essere associati a malattie psichiatriche. Disfunzioni cerebrali come quelle all’ipotalamo possono influenzare il sistema endocrino, che a sua volta può causare sintomi psichiatrici. Sul finire del Novecento, le nuove acquisizioni nel campo delle neuroscienze e dell’immunologia, hanno consentito uno sviluppo della disciplina.

 

Nel corso degli anni la PNEI si è evoluta ed attualmente viene, grosso modo,  così definita: “la disciplina scientifica che studia i rapporti di reciproca influenza fra sistema nervoso, sistema immunitario e sistema endocrino, nelle loro implicazioni fisiologiche e patologiche”

 

Fino agli inizi degli anni settanta, tra gli studiosi, era opinione comune  che le sollecitazioni endogene ed esogene attivassero soltanto il sistema autonomico e quello endocrino. Numerose ricerche negli anni successivi, partendo dall’ipotesi che la personale risposta emotiva, attivi o inibisca il sistema immunitario, dimostrarono invece l’influenza, dello stress -come degli stati d’animo piacevoli- sui processi immunitari.

 

Nacque così una nuova area di ricerca denominata Psicoimmunologia; man mano, guadagnò la sua definizione e, tra varie incertezze, venne designata come  la disciplina che studia  le interazioni tra psiche e soma.

 

Cosa certa è che negli anni sessanta ebbero inizio le ricerche  che indagavano gli effetti dello stress fisico e psicologico sull’immunità nell’animale seguite, nel 1972, da quelle sull’uomo che divenne oggetto di osservazione  nella sua interazione a vari stressogeni naturali o indotti e alle  alterazioni  della funzionalità immunitaria che ne derivavano. Pietra miliare dello studio su animali fu la ricerca di Ader in un esperimento di immunosoppressione incondizionata.

Egli  somministrò  ad un gruppo di ratti, una soluzione di saccarina quale  stimolo condizionato  e Cytotaxan- farmaco noto per la sua capacità immunosoppressiva- quale stimolo  incondizionato. Dopo varie associazioni dei due stimoli, ai ratti fu presentata solo la soluzione di saccarina e anche  in assenza di Cytotaxan , i linfociti T, con grande sorpresa degli sperimentatori, subirono un calo.

 

Qualche via cerebrale registrava l’emozione prodotta dal sapore dolce dell’acqua provvedendo ad abbassare le produzione delle cellule T. Probabilmente si era verificata un’immunosoppressione condizionata.

 

Queste e altre  ricerche hanno rivelato che, percepire-o anche solo l’immaginare percependone disagio- uno stimolo stressogeno, è  sufficiente a causare cambiamenti nel sistema immunitario degli animali di laboratorio.

 

Naturalmente non è noto sui  soggetti umani quanta coerenza di risultati si  potrebbe ottenere, però, è stato ampliamente dimostrato che, contingenze di vita, quali  diminuzione della quantità di sonno, tensioni pre esami negli studenti (Kiecolt-Glaser JK, Glaser R, 1992; William & Glaser 1995; Marshall Jr et al., 1998 )lutti, care giver a malati terminali e Alzhaimer (Hoshino J et al, 2009), catastrofi naturali (Wadsworth, et al 2009), divorzi nonché una rimuginazione da inefficace coping degli stessi (Kross  et al., 2008) veicolano un alta percentuale di  correlazione con un abbassamento del numero di linfociti T prodotti dal timo.

 

Ulteriori ricerche hanno dimostrato che tale abbassamento  permaneva anche in assenza di stress reale, dando vita, col tempo, ad una personalità immunitaria recidivante. (Kiecolt-Glaser JK, 1988; Kaulfersch W, Kurz R, Hitzig W.1992).Una  rassegna in tal senso (Biondi,  Pancheri, 1994) descrive ben 46 studi condotti sull’uomo dal 1972 al 1992 , aumentati anno dopo anno. Dal ‘92 le ricerche si sono moltiplicate arrivando a più di cento lavori pubblicati, di cui gran parte studi sperimentali condotti sull’uomo (fonte: www.psicomedia.it). Crocevia della maggior parte di tali  studi, l’asse cortico-ipotalamicopituitario-surrenale.

 

Condizioni di vita e patologie.

A proposito del già citato concetto di  personalità immunosoppressoria recidivante le ricerche, sempre più numerose e sempre più specializzate, mostrano come l’interazione tra emozioni (negative e positive) salute e malattia, sia oggi un fenomeno conosciuto ed accettato anche al di fuori dei laboratori di ricerca, benché dall’interno degli stessi e, nelle pubblicazioni dei risultati, si rimanga molto cauti e probabilistici nell’ informare su tale interazione, in special modo quando si parla di malattie, allo stato delle conoscenze, ancora incurabili.

 

Le seguenti recenti ricerche ruotano intorno a condizioni di vita, emozioni, salute e malattia e danno un’ idea, sia della grande attività di cui questo filone di ricerca gode, sia della ragionevole circospezione con cui si riporta la, talvolta evidentissima ma non ancora ben chiaramente accertata, interazione tra psiche e soma (Fuligni AJ et al, 2009).

 

L’università della California  presso il dipartimento di psichiatria, ha pubblicato uno studio condotto su 64 adolescenti latinoamericani ed europei di età media di circa 17 anni  impegnati ad aiutare la famiglia in svariati modi, come cucinare, pulire e prendersi cura dei fratelli più piccoli.

 

L’esame dei  livelli di IL-6, di CRF, più altri parametri utili hanno rivelato un aumento rispetto al gruppo di controllo dei loro pari.

Tuttavia, parte di tali adolescenti che, probabilmente, ricavavano un senso di gratificazione  nell’aiutare  quotidianamente  la famiglia, evidenziava livelli più bassi delle stesse sostanze rispetto ai  coetanei che svolgevano la stessa quantità di assistenza familiare.

 

Moltissimi altri studi hanno sottolineato la correlazione tra debolezza della rete sociale, stress e risposta immunitaria a vaccini, infezioni virali e sindrome da fatica cronica (Glaser et al. 1998; Pressman & Cohen, 2005) tra sistemi di valore percepiti, stress e modalità di adottate (Shapiro Jr et al. 1996; Xie, Jia Lin et al., 2007) così come tra Burnout e rischi cardiovascolari (Melamed et al 2006 )

 

Altre pubblicazioni, riconoscendo allo stress un ruolo non indifferente nello sviluppo dei disturbi, passano in rassegna precedenti studi compiuti  sulla correlazione tra stress e cancro al seno (Biondi et al., 1997; Pant et al, 2009)  e stress e sclerosi multipla (Mitonis et al, 2009).

 

Coraggiosi studi antesignani di tale filone  furono compiuti sulla correlazione tra  stress ed infertilità nei due generi (Negro; Vilar, 1993)sulla  correlazione tra eventi di vita stressanti, sclerosi multipla e reattività cardiovascolare ad essi (Ader, 2002; Smith & Ruiz, 2002) nonché-ultima intuizione prontamente  verificata- tra livelli di  stress, trigliceridi e colesterolo (Shirom et al, 1997; Steptoe & Brydon,2005).

 

Ogni scoperta però rivela percorsi impensabili e, la stessa Brydon, in uno studio sperimentale  riporta:  “L’evidenza suggerisce che l’ottimismo può essere protettivo per la salute nei periodi di maggiore stress ma che, i meccanismi coinvolti restano oscuri” (L. Brydon et al, 2009).

 

Tale recente letteratura, su correlazione tra salute e serene ottimistiche aspettative,  ha infatti un passato puntellato da tantissime pubblicazioni ed esperimenti nei quali già si auspicava un’influenza dell’ottimismo e delle prospettive positive sulla salute (Scheier , Carver, 1987) o, nel 1991, quando già si rifletteva  sull’interazione tra  “cancro e immunità in una prospettiva psicobiosociale e psiconeuroimmunologica” (Baltrusch H.J et al. 1991; Eysenck et al., 1994) o sulla disposizione ottimistica verso l’aspettativa di vita in pazienti con l’H.I.V, (Tomakowsky J et al. 2001) per poi procedere verso svariate vie ma, tutte passanti per un unico crocevia: l’asse ipotalamo, ipofisi, surrene ma ricordando con Eduard Hughes Galeno che: “Ogni persona brilla con luce propria fra tutte le altre. Non ci sono due fuochi uguali, ci sono fuochi grandi, fuochi piccoli e fuochi di ogni colore. Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento, e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l´aria di scintille. Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si puó guardarli senza esserne colpiti, e chi si avvicina si accende”.

 

Come dire che, a seconda delle strategie apprese introiettate (copying), la risposta allo stress può essere di qualità, dimensione ed articolazione diverse in ognuno di noi.

 

La PNEI offre una certa visione, quanto meno non si colpevolizzano i virus e i batteri, e la cosa fondamentale che asserisce è che se si ammala il fegato non è il fegato a necessitare di cure ma tutto l’essere umano. 

È l’inizio di una comprensione scientifica olistica, che comunque non spiega la parte principale della malattia, ma ammette la possibilità delle interazioni tra SISTEMA NERVOSO SISTEMA IMMUNITARIO SISTEMA ENDOCRINO.

 

  1. ARTICOLI SU “CELL E DEVELOPMENTAL CELL”

Alcuni interessanti articoli sono stati pubblicati nelle famose riviste statunitensi “Cell” e “Developmental Cell” (entrambe facenti parte di una stessa serie, come anche “Cancer Cell”, “Cell Metabolism”, etc.), che pubblicano soltanto i lavori scientifici di interesse internazionale. 

Questi articoli sono il risultato di una collaborazione tra università italiane, Harvard e altre connesse; se non altro fotografano la situazione 

attuale in riferimento all’indagine e alla ricerca farmaceutica e medica sul tumore.

 

In sintesi, è che il tumore ha sempre origine da una cellula monoclonale (cioè il tumore è formato da cloni, copie di un’unica cellula iniziale) che subisce l‟interferenza di un agente mutageno (agente fisico, chimico, biologico capace di indurre mutazioni) che altera direttamente il DNA della cellula.

 

Poi ci sono le lotte che la cellula attua con le sue possibilità (geni oncosoppressori) per contras-tare l’azione dei geni proto-oncogeni18 che, se non regolati, rinforzano la malattia. Questa è la sostanza dinamica generale di qualunque forma di tumore.

 

Considerando però che l’agente mutageno lo si osserva dopo che la cellula è in attività patogena, il problema consiste nel trovare il “primo movente” (primum movens) che costituisce l’agente mutageno ex novo, strutturando una forma diversa dal comportamento del nucleo della cellula, interferendo direttamente nel DNA. Il DNA è lo stabile di identità di tutto l’organismo, così come in filosofia l’identità è ciò che distingue l‟ente, che lo fa per sé, totale in sé e distinto e diverso da tutti gli altri. 

Ad esempio, la carta di identità è unica nello Stato dove il soggetto sta e lo fa identificabile, raggiungibile, diverso, etc. Si potrebbe quindi dire che il DNA è la “carta di identità” di tutto l’organismo, ed è segnata e marcata all‟interno di ogni cellula: ossea, nervosa, etc. 

 

Una cellula che perde l’identità sta in connessione intrinseca a tutta l’identità di quell’organismo. Le cellule si sanno perché sono le stesse: il DNA che abbiamo in una mano è lo stesso di quello che sta nell’altra.

 

Quindi l’identità, quando si fa biologia, è DNA: è la fenomenologia unica ed irripetibile di una individuazione. Per cui, quando si parla di una cellula malata, non va intesa – ad esempio – l’identità del fegato o del cuore, etc.: il DNA che viene alterato in quell’organo ha familiarità, contatto, è la stessa cosa con tutte le altre cellule, che sono la stessa identità. Quindi l’agente mutageno è “padrone di casa” dovunque. Per questo, per qualunque organo, ha la chiave passe-partout, unica perché in ogni organismo c’è un unico DNA.

 

L’uomo si riscontra in parte cosciente e in parte inconscio, quindi è competente, per se stesso, solo fino ad un certo punto. Ciò non dipende da un difetto di natura, ma dall’educazione subita e metabolizzata in senso medico, come la cellula metabolizza ciò che le è simile ed espelle ciò che le è diverso. Attraverso gli affetti primari, l’uomo metabolizza la lingua, i pensieri, la morale della famiglia dove nasce e si forma.

 

Come asserisce  il biologo cellulare statunitense Bruce Lipton le emozioni possono influire sul materiale necessario alla riproduzione umana anche due mesi prima dell concepimento effettivo.

 

Quindi a maggior ragione anche le emozioni nel grembo della propria madre, fanno determinazione caratteriale. S’immagini quando per cinque/sei anni si vive con certi odori, colori, timbri di voce, un certo colpo di tosse, un tipo di sporco, una determinata musica, etc.: l’essere umano viene neoplasmato dall’educazione parentale. In sostanza, il comportamento, anche fisiologico, subisce delle varianti che rendono il fisico predisposto ad una certa patologia. A tal proposito, l’ereditarietà prioritariamente non passa attraverso la chimica-fisica del corpo, ma tramite la causalità psichica del metabolismo dell’affetto educativo base.

 

Infatti, ad esempio, è impossibile comunicare con se stessi nel pensiero senza la lingua madre e ciò fa capire che l’uomo, per incontrare se stesso, passa per lo stereotipo appreso. Questo aspetto va su tutti gli altri aspetti, dall’ideologia all’affetto, al sesso, etc. 

La formazione dell’inconscio avviene per eccessiva metabolizzazione della prima educazione, che si auto-plasma clonando gran parte della personalità del soggetto. L’inconscio, quindi, è formato dal quantico vitale che ognuno ha per dote di natura ma che resta represso, censurato dall’Io logico storico. Sin dall’infanzia, il soggetto, oltre che in conformità ad alcuni ideali, si evolve non dando riconoscimento alla totalità circolare del proprio fisico psico-biologico in tutte le sue manifestazioni. Per cui conosce, ad esempio, soltanto i modi di spostamento e di pensare della “testa”, ma non sa come pensa il proprio genitale, fondoschiena, ginocchio, cuore,  spalla, mano, ecc.

 

Si è perso un universo di comunicanti, per aver attribuito preferenza al sistema cerebro-razionale di un certo partito, di una certa tribù, regione, etc. Il nostro organismo ha un campo percettivo-sensorio infinitamente ricco. Ad esempio, nell’apparato gastro-enterico sono presenti tanti neuroni da formare un vero e proprio cervello.

 

All’interno dell’organismo umano sono presenti diversi sistemi di regolazione, ma i principali sono il sistema endocrino (SE), il sistema nervoso (SN) e il sistema immunitario (SI). Ciascuno di questi sistemi non è autonomo dagli altri, anzi, sono interferenti e complementari l’uno allaltro, per cui sono bidirezionali: hanno ambivalenza nella circolarità, cioè disponibilità reciproca di ascolto sensoriale e si muovono sempre all’unisono. Anzi, ciascuno non agisce o reagisce senza la contem-poraneità degli altri. L’alterazione organica è prodotta dall’informazione dell’atteggiamento interno del paziente. Questo non è difficile da comprendere, in quanto, come già affermato, il DNA è l’identità comune. 

Il cervello (cerebrale), considerato la “ghiandola” più importante dell’organismo umano, produce una certa quantità di sostanze (la scienza ne ha individuate solo una parte, circa cinquanta) definite neurotrasmettitori, o meglio, in linguaggio più specifico, neuropeptidi, i quali costantemente gettano un ponte attivo tra il cervello e tutto il resto dell’organico. Questo cervello è l’organo primario collegato con l’Io storico del soggetto, quindi connesso agli stati di coscienza

volontà

 

Bisogna ricordare che i neuropeptidi non sono prodotti soltanto dal cervello: “Ricerche bio-chimiche hanno evidenziato la capacità di vari tipi di cellule (adatt) a sintetizzare immunomodulatori e immunopeptidi all’interno del cervello e del SNC – cioè il cervello riceve rinforzi anche da altre cellule. Ad esempio, prima ho parlato dei neuroni diffusi nella zona viscerale: il cervello vive anche di concomitanza, di appoggio reversibile “Tali cellule sono rappresentate da neuroni, astrociti, microglia, cellule endoteliali del sistema cerebrovascolare, macrofagi intrinseci e di deri-vazione ematica, linfociti T attivati.”

 

Quindi, la produzione di una sostanza definita non è esclusiva di un organo, ma può essere anche assicurata da un altro organo (come avviene tra SN e SI). Ciò spiega perché, quando la chemioterapia interviene specificamente sull’organo isolato, il paziente può vivere alcuni anni (oggi la vita è stata allungata fino a cinque, massimo sei anni), ma poi si rileva che non è sufficiente, anche se i professionisti della medicina sono stati esatti. Ciò dipende dal fatto che l’agente mutageno intercetta un altro organo per produrre quell’elemento che consente di alterare la cellula e renderla cancerogena. In sostanza, è come se, chiuse tutte le porte, l’attività continuasse a muoversi ed entrasse dalle finestre o dal pavimento. Questo è possibile in quanto esiste una intercettazione reciproca tra più sistemi, dove uno può sostituire l’altro, per cui la malattia autogenera se stessa.

 

Il problema ritorna a monte: ma che cos’è che, chiuse le porte, trova la strada per la finestra? Qual è la prima etiologia?

 

Inoltre, è importante sottolineare che molte cellule immunitarie possiedono recettori specifici per neuropeptidi, per cui non è tanto il neuropeptide – per ipotesi – sbagliato che comunica l’inizio della malattia, ma c’è un’aspettativa. In sostanza, se il neuropeptide non arriva, ci sarà un altro che lo sostituirà. Quindi abbiamo a che fare con un agente totale sincretico, che non si alloggia solo in un organo ma è onnipresente: cambia gli strumenti, ma mantiene il progetto. Studi recenti hanno identificato nei neuropeptidi e nelle linfochine le molecole in grado di costituire il ponte di collegamento tra SNC e SI.

 

A questo punto, vorrei ricordare il cosiddetto “effetto placebo”, che esula da qualunque aspettativa meccanicistica fisico-chimica. L’effetto placebo non è tecnicamente realistico per la chimica della cellula, ma influisce sul progettante che ha la chiave d’identità di qualsiasi composto del pro-prio organico. Cioè la chimica fa da sacramentale curativo secondo la fede del paziente. Spesso più che la chimica è il carisma che il paziente accredita sul proprio medico. Similmente è la casistica di tossicodipendenti convinti di aver assunto la dose creduta.

 

La sostanza di tutto questo è che bisogna arrivare all’Io pensante: è lui il condizionatore totale del proprio organico, sia in modo cosciente che inconscio

 

Parlando dell’agente mutageno, cioè del variabile genico che dà il mandato, nella scatola cranica si riscontra la configurazione del progetto, che propriamente si chiama intenzionalità psichica. Nella filosofia perenne questo è uno dei concetti di energia tra i più potenti che si possa immaginare, quindi non è l’intenzione in senso religioso o legale: è il sub-conducente che costituisce tutto ciò che poi sarà il DNA, è la forma dinamica che materializza il quantico che siamo. 

 

Con “intenzionalità” mi riferisco anche al progetto delle leggi dell’universo (leggi chimiche, fisiologiche, etc. che determinano, ad esempio, la variabilità delle stagioni). L’intenzionalità è il progetto della semovenza del mondo della vita e noi siamo consanguinei, olistici, viviamo così e siamo così perché appoggiati su questo pianeta che, a sua volta, è insieme ad una costellazione che non include soltanto il Sole ma un’intera Galassia: una cosa fa e sostiene l’altra.

 

Quindi io parlo di una intenzionalità naturistico-fisica che progetta la materialità delle individuazioni.

 

Noi siamo liberi, ma bios è il denominatore base: noi siamo stati invitati dentro questo bios, che ha le sue leggi precise. “Precise” non significa quelle scritte nei libri sacri, ma come previsto dalla fisica, dalla chimica, ecc., cioè in modo reversibile: io so e operando quello che so si dà la cosa; io penso e c’è reversibilità tra la formula che ho e la cosa, avere la cosa o sapere la cosa è l’identico potere.

 

Quindi questa intenzionalità è qualcosa di generale, di cui noi abbiamo una parte: siamo “in affitto” all’interno di tale bios e, dentro di questo, l’uomo ha il libero arbitrio, ha emozioni, contraddizioni, amori, rabbie, eccitazioni, etc. Ognuno di noi è una enciclopedia di senso, di variabili, di poesia e di tanto altro.

 

Propriamente intenzionalità significa quel dentro che la mente esige e coglie o può cogliere. È un vettore formale che organizza, (materia e non), il luogo e il modo scelto. Costituisce l’azione in quanto decide l’evento in modo, tempo e luogo. L’intenzionalità è il primo progettante. È prima, continua e finale come risultato oggettivabile. 

 

Questa intenzionalità è specifica dell’attività psichica o psiche o Io pensante nell’ambito corporeo e territoriale dell’individuo connivente.

 

Chi fa la determinazione in questo piccolo spazio di un solo corpo? L’individuo, che agisce attraverso “Io cosciente” o “semantica affettiva”.

 

“Io cosciente”: il soggetto pensa e reagisce in un certo modo. 

 

“Semantica affettiva”: l‟individuo può essere “clonato” dal sentimento di un altro, cioè può essere vissuto e metabolizzato dalla realtà dell’interesse di un’altra persona.

 

Ad esempio, il comportamento di un uomo profondamente innamorato e il comportamento di un uomo freddo, biologicamente parlando, è diverso. In sostanza, la semantica affettiva fa un passaggio di informazione che è di interesse del mandante – la madre, l’amato, il socio, il fratello, l’amico, il nemico, perché per “affettiva” s’intende sia amore che odio – cioè mentre il soggetto riceve e vive quell’informazione, vi dipende e vi è condizionato, perché è convinto di essere lui a volere, a controllare, a scegliere. In realtà, non è così: il suo Io è travolto da una informazione alla quale egli aderisce con piacere, fino al suicidio se è necessario. Questi sono i due modi di intervento, psichicità e affettività.

 

La psichicità è attività intenzionale. È causale come movente o azione prima. È riflessa o dinamica, cioè cosciente o inconscia. Quindi un progetto che fa contatto e alterazione su moduli energetici di qualsiasi tipo: cellule, società, persone, organi, ambiente, cultura, etc. Ma col progetto è unita la volitività affettiva, cioè il vettore ha intrinseco anche il destinatario. È intenzione per. 

 

“Psiche” è un termine forte, è qualcosa che resta sempre trascendente le nostre normative comportamentali. Il termine “psiche” non va inteso in senso psichiatrico o neurologico: quella non è psiche, è cervello, è un agglomerato di cordoni neuronici che fanno comunicazione elettro-informatica con le loro diverse sinapsi. Il cervello è un dopo-psiche: è una “grande ghiandola”, ma non è la psiche in sé. In sé e per sé, la psiche è anima, spirito, è l’Io precedentemente descritto, cioè l’intelletto, la mente, il misurante. Il concetto di psiche è eminentemente filosofico. Con questo non intendo affermare che chi frequenta la facoltà di filosofia conosce questi concetti: la vera filosofia è una conoscenza che appartiene soltanto a chi ha le basi della ontologia classica.

 

Attraverso le informazioni accettate e distribuite dai tre sistemi, viene centrato soprattutto il sistema immunitario. Il DNA composto da specifica sequenza atomica, viene interferito attraverso la tolleranza e disponibilità dei neutroni. Da questi si modula l’inizio della variabile oncogena che poi consente e attiva il processo metastatico. Ma questo è possibile finché l’informazione prodotta dall’intenzionalità psichica è in esercizio. Intervenire sui neutroni che contribuiscono nel DNA, sarebbe ancora un curare lasciando intatto l’architetto scrivente.

 

Riassumendo quanto finora esposto, tutto il fenomeno di qualsiasi tipo di tumore si può spiegare soltanto con la bidirezionalità dei tre sistemi (SN, SI, SE) omologati dal progettante – psiche – che, anche se influenzato da semantica affettiva, rimane sempre colui che fa lo start. 

 

Ma il paziente è consapevole di fare lo start? 

 

Alcune volte sì ed altre no.  Colui che è affetto da tumore presenta spesso una maggiore aggressività verso la vita: la vuole, addirittura la esige. 

In questo caso è possibile che non sia a conoscenza della causa.

 

Se invece è distruttivo, crisi di pianto continuo, desiderio di farla finita, ecc, molto probabilmente è a conoscenza del fatto che è tutta opera sua ma o deve farla pagare a qualcuno anche con il sacrificio della propria vita, o deve vendicarsi di chi invece gli è accanto. I motivi possono essere tanti e molte volte anche particolarmente inspiegabili per un normale osservatore.

 

Il soggetto subisce un’informazione esterna – che per lui è un fatto traumatico, scioccante, contraddittorio, insopportabile, doloroso – la quale attiva, cioè fa motivazione (= agire energia su uno scopo).  In sostanza, l’ego(cettività) toccato dalla informazione traumatica semantizza, informa i tre sistemi interattivi nervoso, endocrino e immunitario (neurotrasmettitori, ormoni, linfochine, neuropeptidi, neuroni specchio). 

 

Anche la Nuova Medicina Germanica del Dr. Hamer si muove con queste considerazioni. Non parla di intenzionalità ma il meccanismo è messo a fuoco.

Quindi c’è il caso di soggetti consapevoli che però non lo dicono al medico, al sacerdote, all’amico, all’amica, etc. 

 

Era la mia capacità d’indagine che mi consentiva di comprendere queste situazioni. 

 

E’ tranquillamente possibile interferire e visionare che cosa si sta progettando dentro la persona. Si può quindi rilevare il progetto, sia se il soggetto è cosciente, sia se il soggetto è inconscio. 

 

A parte i comportamenti, etc., è LA COMUNICAZIONE SENSIBILE che permette di individuare l’informazione diretta da parte del progettante, che poi entrerà nella cellula di un certo organo. Inoltre, attraverso l’analisi onirica – però non condotta in modo junghiano o freudiano. Il sogno racconta dove il soggetto sta male, da quanto tempo, se vuole o meno guarire, qual è stata la causa e come andrà a finire.

 

Nel sogno c’è proprio il progetto (cosciente o inconscio) tecnicamente e meccanicamente scritto: la psiche scrive il progetto che attiva. .

 

PRIMO PROSPETTO (INCONSCIO)

 

In questa situazione, il malato non sa, non capisce. Nel primo tempo accade la notizia traumatizzante, ma il soggetto cerca di dimenticare, si rifiuta di vedere.

 

Il primo tempo può durare da una settimana a massimo tre mesi.

 

Secondo tempo: la persona è convinta di stare bene, non ricorda quella situazione, tuttavia la notizia traumatica, scomparsa dalla coscienza, si è somatizzata programmandosi all’interno del soma. Il tempo dell’incubazione dura fino a quando il tumore attacca la sensibilità cosciente, quindi fa male. A quel punto il paziente se ne rende conto e va dal medico. C’è questo stato voluto di incoscienza, cioè è il progettante che, per non soffrire, fa finta che quanto accaduto non esista (“occhio non vede, cuore non duole”). Ma la notizia ormai è alterante.

 

Terzo tempo: il paziente si accorge che sta male, va dal medico e comincia la prassi curativa. Però il sintomo permane e continua ad attaccare. Il problema è esposto come malattia, preoccupazione, “male oscuro” che bisogna capire, etc., per cui il paziente va anche dallo psicologo, dal “mago”, etc. 

 

Quarto e ultimo tempo: in questa fase si ipotizza l’intervento psicologico  ontico. In base ad alcuni semplici strumenti come colloquio, comprensione e percezione dell’immagine scatenante l’emozione che “sta dietro” a tutto , e analisi di qualche sogno si può già essere in grado di avere un quadro d’insieme.

 

Però si dialoga con il paziente e gli si chiede se ricorda che cosa ha provato quella volta, cosa è successo, etc. Si attiva così la funzione maieutica e  facendo parlare il cliente, gli si fa tirare fuori il problema occulto nell’organico, fatti, cose, circostanze che fanno associazione con l’informazione onirica e la referenza di significato emozionale.

 

Occorre saper isolare il vero problema dai tanti falsi problemi che immancabilmente verranno messi sul piatto dal paziente poiché ha un progetto da difendere a tutti i costi. Una vera e propria azione di depistaggio! Ricordiamoci sempre che il paziente spesso (non sempre) fa di tutto per occultare dati e informazioni. L’analisi termina quando si dà la coincidenza di tre fattori: sogno, comunicazione sensibile e fatto rilevato anche dal paziente.

 

A questo punto si coscientizza il cliente, gli si mostra che quella malattia è effetto consequenziale di una causa che è egli stesso – in quanto pensante – ad agire. Ciò che determina la patologia è il modo come lui giudica se stesso, la sua vita, quel fatto. Cioè, come lui impone ed esige la rivalsa vendicativa o compensativa. Lui uccide quel fatto nella metafora psicosomatica. 

 

Cioè la metafora si fa metastasi.

 

A questo punto ci si ferma. Chi farà la differenza è il paziente: se accetta di cambiare, il tumore sparisce in breve tempo; altrimenti la malattia prosegue il suo corso

 

Se il paziente smette la progettazione, il tumore scompare nell’ambito di poche settimane. Questo discorso è valido anche se ci sono già metastasi.

 

La salute biologica rientra nella propria normalità. Per costituirsi la malattia, c’è uno sforzo, uno spreco energetico, una deviazione che ha un alto costo per i tre sistemi. Invece il rientro nella norma di natura è andare “in discesa”: il DNA primario si ricostituisce subito perché non c‟è più l’offesa. Appena il paziente smette l’attività di progettazione – che è sempre psichica, cosciente o inconscia – ed entra nella indifferenza della notizia traumatica, la natura riprende il suo corso, in quanto viene tolto l’impedimento improprio, aggiunto, estremamente costoso. Ecco perché il paziente a volte guarisce spontaneamente, come notano (e non si spiegano) i medici. 

 

Cosa avviene in questi casi? 

 

Avviene un cambiamento esistenziale che fa gratificazione in senso biologico.

 

SECONDO PROSPETTO (CONSCIO)

 

Nello schema cosciente, il paziente conserva precisa la memoria del fatto traumatico e la convive con intensa emozionalità lirica e tragica

 

Ma non sa che quella memoria scrive anche somaticamente in qualche pagina del proprio organismo. 

 

Quando si parla di “metastasi”, bisogna intendere proprio questo: il progettante nel primo tempo fa “metafora”, ossia trasferisce il trauma informatico (la notizia traumatizzante), nascondendolo e lasciandolo sopravvivere alloggiato in un organo. Quindi, la metastasi avviene come trasposizione dal problema psichico ad un luogo somatico, che a volte viene configurato come un simbolo di quella persona che si vorrebbe uccidere, eliminare, quella persona che al soggetto fa tanto male. 

 

Pertanto, l’organo può essere anche personalizzato come luogo di capitolazione di un problema esterno (sociale, economico, sessuale, amoroso, etc.: è infinita la categoria, per cui c‟è una fantasia illimitata nelle variabili del tumore). 

 

Dopo la spiegazione, si dice al cliente: “Questo è il problema. Vuoi vivere? Allora devi togliere questo problema. Totale fiducia ai medici, loro faranno quello che tu non sai fare, però o decidi, o anche il medico è fuori gioco, non può fare niente”. 

 

Infatti, il medico non può lottare contro il libero arbitrio del paziente, cioè contro un progettante assente. Il proget-tante è sempre assente dall’organo, dalla cellula, dalla linfa, dalla ghiandola, dal sarcoma, per cui è inutile insistere a colpire quel punto: il progettante scriverà altre lettere, altri romanzi, finché lo scrittore vive

 

Esiste un nucleo positivo di salute, che per prima cosa s’interessa di stare bene fisiologicamente. È il progettante immesso dalla natura, dalla provvidenza biologica di cui facciamo parte. Questo nucleo comunica che cosa si deve o non si deve fare, perché è do-tato di determinismo biologico.

 

Può esistere anche una componente sessuopatologica. Anche se oggi le persone sono più libere ed alcuni tabù non ci sono non dobbiamo mai dimenticare che spesso l’uso distorto del sesso può rappresentare una componente scatenante dei tumori.

 

In questo caso il tumore non dipende da un fatto traumatico, ma da una predisposizione caratteriale di accentramento affettivo unito ad una esosità ossessiva di possesso psicosessuale dell‟altro.

 

Anche nel caso dei carcinomi all‟utero, il sesso è uno dei maggiori contribuenti, perché può accadere anche che la donna voglia il sesso con un certo uomo per ossessione mentale. Il sesso, infatti, è più presente come fissazione che come esigenza di natura. Quando il sesso è conforme all’esigenza biologica, tutto va bene. La malattia comincia quando esiste una deformità, quindi una perversione tra appetito biologico e fissazione psichica. In quel caso gli organi genitali, che rappresentano una complessa e straordinaria intelligenza, vengono stressati. 

Nel sesso c’è un ordine e molti papillomi e patologie simili sono dovute a perversioni individuali, cioè ossessione fuori regola o con un partner non adatto. Pertanto, dal momento che quella donna, ad esempio, non è in grado di rifiutarsi, perché è incosciente della sua ossessione, allora interviene la natura che dice: “Se questo è il tuo sesso, io non voglio”, e comincia la reazione. Per cui, il tumore molte volte è l’ultima difesa che l’organico biologico ha. È come se l’organismo, se non ha un padrone esatto, ossia un respon-sabile intelligente, preferisce annullarsi. 

 

È la legge della natura.

 

Inoltre, quando si fa sesso appaiono delle immagini e bisogna fare attenzione, perché sono operative. La base dell‟energia è l‟immagine: esistono immagini che sono “killer”, altre immagini sono congruenti

 

Con il mondo della psiche si apre lo squarcio di un universo contrapposto, straordinariamente meraviglioso, però ci vuole sempre una razionalità normativa tra funzione, piacere e vizio (deformazione dello strumento)

 

Quindi questa informazione trasversale semantica, per cui la malattia si contrae – a parte i casi estremi di qualcuno che è già malato per troppe cause – anche per una aspettativa, per una conformazione psichica, cioè il soggetto ha paura ma è curioso su quella malattia, invece di avere fredda neutralità. 

 

Anche per prendere la malattia, il progettante deve prima concordare; se invece rimane chiuso non c’è niente da fare. Questo spiega come mai tanti vanno tra i lebbrosi e rimangono sani. Similmente, molti medici non contraggono le malattie infettive dei propri pazienti perché il camice bianco è simbolo di un distacco, di una difesa: il medico deve saper curare senza entrare e rimanere dentro il malato – in modo emozionale, partecipativo, etc. – altrimenti si ammalerà anche lui prima o poi. 

 

Anche i volontari religiosi che operano tra infettanti restano immuni, perché essi intenzionano Dio o altro nel servire il prossimo infetto. Anche i bimbi nati in famiglia infetta, si curano naturalmente cambiando posto o riferimento affettivo.

 

Nel concetto di “informazione semantica trasversale comunicativa” rientrano anche i mass media, che sono dei grandi “neurotrasmettitori” di disgrazia e di malattia, perché comunicano in un certo modo e la notizia inizia a destare curiosità. Certamente, dietro ci sono potenti case farmaceutiche, che restano sempre indispensabili.

 

Esiste anche una interferenza aggiunta che nasce dall’educazione, attraverso cui si formano degli stereotipi razionali che poi diventano fissativi del soggetto, il quale – quando indaga le cose nuove – riprende sempre quella scala, quegli strumenti e, nel ripeterli, irrigidisce e limita se stesso. 

 

Questo interferente aggiunto si dimostra convalidante e rinforzante di qualunque processo patogeno: che sia schizofrenia, tumore, incidente stradale, suicidio, lui è sempre un parlante. Una curiosità: è impossibile che uno schizofrenico manifesto sia malato di tumore, perché è già totalizzato nell’ossessione del progettante; quindi, occupa soltanto la testa nella sua pazzia e nel suo rigidismo coatto, senza passare nel soma.

 

La peggiore malattia è certamente la schizofrenia, che però non fa mai il passaggio nel corpo (anche se il soggetto si dovesse trovare in un ambiente altamente infetto), perché lo schizofrenico ha questa superpatologia che fa da deterrenza a tutte le altre forme patologiche.

 

Oltre alle comunicazioni che si possono osservare in strumentazione neuropsichiatrica e in tutti i diversi processi derivanti dal midollo spinale, bisogna considerare anche il concetto di “chakra”. Noi abbiamo delle zone (soprattutto sette: sommità della testa, fronte, gola, plesso solare, viscero-tonico, zona genitale, zona sacro-lombare) che sono energeticamente più vicine alla psiche. I chakra sono delle localizzazioni più forti di energia biologica e, in caso di malattia, prima dell’alterazione organica viene alterata la struttura energetica di quel luogo. Per capire di che tipo di energia si sta parlando, si consideri un massaggiatore che fa un buon massaggio. All‟inizio le mani sono fredde, però dopo c‟è un calore. 

 

Quel tipo di calore è campo eterico: “campo” in senso fisico; “eterico” perché è poco ponderabile: emanazioni elettroniche senza nucleo. 

Dopo l’informazione generale psichica, scattano – al di là del sistema neurovegetativo – i tre sistemi di cui si è parlato prima (SN, SE, SI), tra i quali avviene una ricetrasmittenza, una comunicazione grazie alle sinapsi, che trasportano informazioni. Ma ogni informazione non altera in modo molecolare i neuroni, in quanto questi hanno la facoltà di trasmissione in modo fotonico, cioè a specchio (si parla infatti di “neuroni mirror”): trasmettono l’informazione senza subire alterazione elettrica o chimica.

 

Quindi un’informazione patologica può partire dal cervello – siamo già sul piano del SNC, che è dopo la psiche – per poi attraversare sinapticamente i diversi tracciati e, infine, colpire l’organo prescelto in modo strutturale, ossia in modo di architettura molecolare. Perché proprio quell‟organo?

 

Qui deriva il campo delle libere associazioni del soggetto, cioè cosa sta pensando. Quell’organo è scelto perché simbolicamente prossimo – secondo la concezione del cliente – al fatto reale in sé.

 

CONCLUSIONI

Tutto ciò fa capire che la psiche è il progettante che fa l’agente primario alterante il percorso biologico di qualsiasi composto dell’organico umano

 

Come abbiamo visto la ricerca oncologica cerca sempre cure che si limitano al fatto fisico, le nanoparticelle devono essere veicolate nell’organo malato, le staminali devono essere impiantate nell’organo malato, si continua a lavorare sui recettori del DNA e sugli inibitori. 

 

Ma in tutto questo l’uomo non c’è!

 

Invece abbiamo visto come il primo e forse l’unico punto che esige attenzione è proprio l’essere umano in quanto pensante, in quanto senziente, in quanto fulcro di vettorialità intenzionale della propria unica e splendida vita.

 

Devo anche aggiungere per correttezza che la maggior parte delle persone che ho visto non ce l’hanno fatta. 

 

Ho tante volte assistito con le lacrime agli occhi persone che morivano. 

 

Lo sapevano loro e lo sapevo io che tutto si poteva evitare ma esisteva qualcosa di più forte in loro della vita stessa. 

 

Però quegli che ce l’hanno fatta sono molto cambiati in tantissimi punti della loro esistenza, notevolmente migliorati. Tutti hanno cambiato radicalmente i propri riferimenti affettivi.  

 

La malattia occorre ringraziarla ed amarla. 

Amarla per comprendere quel meraviglioso messaggio che rappresenta per noi. 

 

Il tumore è l’ultima difesa che ha l’anima per farci capire ciò che non abbiamo mai voluto o saputo chiederci.  Rinunciare a una esperienza come questa è uno sbaglio colossale che possiamo e dobbiamo evitare ad ogni costo. Gli stessi problemi si ripresenteranno sempre e prima o poi dovremo risolverli. Quindi animo e coraggio e se durante questo cammino ci saranno anche altre persone che hanno a cuore un risultato positivo uno si deve sentire fortunato e non poco!

 

Maurizio Fani

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