In psicologia con il termine consapevolezza (awareness in inglese) s’intende la capacità di essere a conoscenza di ciò che è percepito e delle proprie risposte comportamentali. 

    Si tratta di un processo cognitivo distinto da sensazione e percezione. 

    Il concetto è spesso sinonimo di coscienza, ed è anche inteso come coscienza stessa.

    Gli stati di consapevolezza sono associati agli stati di esperienza, cioè il sapere un concetto non è sufficiente per dimostrare di averlo portato alla coscienza. È necessario il “fare”, i cui frutti certificheranno la saggezza acquisita.

    Tutti sono capaci di sapere ma pochi sanno trasformare questo sapere in azione riuscita.

    Consapevolezza deriva dai termini “con” e “sapere”.

    La definizione più appropriata di questo termine, secondo me, è che sono consapevole quando: «insieme con altri ho contezza di qualsivoglia cosa o accadimento possibile. Sono complice, ho piena cognizione di quello che sta avvenendo, della sua origine, dei suoi effetti e delle sue conseguenze e di ogni altra possibile implicazione». 

    Questa definizione quando cita “insieme con altri” e “complice” vuole significare che l’individuo è consapevole quando si “allinea” con la massima coerenza a ciò che lui è, cioè il Punto Zero. 

    Presa di coscienza prima di ciò che si è, e poi di ciò che è.

    Non si limita alla semplice informazione, non ha molto a che vedere con la conoscenza nozionistica e razionale.

    Corrisponde a quel tipo di sapere che fonda l’esclusiva etica di ognuno, che armonizza i pensieri, le percezioni, le parole e le azioni in piena concordanza con il proprio progetto di natura (Punto Zero), unico e irripetibile.

    Per etica intendo la costruzione originale del proprio modo di rapportarsi col mondo. Si tratta di una conoscenza identitaria, l’unica che può elevarti a piani superiori.

    La consapevolezza così intesa, è alla base di tutta la vita ed è (almeno dovrebbe essere) il punto di arrivo di ogni essere umano presente su questo pianeta.

    Purtroppo non è scontata o automatica.

    Non è trasmissibile, insegnabile o inculcabile.

    Non si può apprendere dai libri o per bocca dei saggi.

     

    SEMPLICEMENTE SI FA. 

     

    E ognuno deve fare la “sua consapevolezza”. 

    Quella degli altri non può essere presa come esempio da ricalcare in toto.

    In altre parole ognuno deve fare esperienza personale e non è sufficiente leggere e ascoltare chi c’è passato prima. 

    Può essere utile ma non esaurisce il tuo personalissimo compito.

    Divenire consapevoli vuol dire decidere di conoscere il proprio Punto Zero e considerare quest’atto prioritario per importanza nella vita.

    Prima è necessario che tu raggiunga almeno un’iniziale consapevolezza di te stessi.

    Poi, da questa base minima, ti puoi spingere verso il mondo delle cose e delle relazioni.

    Prima ho affermato che la consapevolezza è vita.

    La parola “vita” è spesso fatta risalire al termine latino vivus = vivo.

    Una qualità di un corpo intuitiva, semplice, immediata. Significa anche crescita, volontà di presenza, capacità di eternarsi nell’avvicendarsi delle generazioni.

    Io preferisco un’altra derivazione etimologica che trovo molto più attinente. Dal latino vis = forza, vigore, efficacia espressiva. 

    Una forza inarrestabile che muta e mai non finisce, gioiosa di per sé.

    Essere consapevole vuol dire “essere con la forza della vita” che poi è la stessa che anima il proprio Punto Zero. 

    Ecco spiegata la complicità cui ho accennato in apertura.

    Per diventare consapevoli è necessario raccordarsi intimamente col proprio Punto Zero, il quale, a sua volta, è pervaso dalla medesima forza che costituisce la vita.

    Vero con vero. 

    Tu sei vero con te stesso e solo così potrai contattare il “vero” di ogni esperienza.

    Semplicemente sarai sempre immerso nel “ciò che è”, un tutt’uno con l’esistenza, in perfetto equilibrio.

    Infatti, nell’immagine vedi che tutta la costruzione è pervasa da un delicatissimo filo tramite il quale ogni singolo pezzo occupi un posto in mezzo agli altri. Emerge un gran senso della proporzione, della misura e della perfezione, che alla fine rende possibile un qualcosa di impossibile. 

    Presi singolarmente i pezzi cadrebbero tutti. 

    Si possono elevare in modo stabile solo se sapientemente raccordati gli uni con gli altri. Solo il perfetto equilibrio tra le singole componenti permette la realizzazione dell’opera.

    Essere consapevole vuol dire avere esperienza dell’intera costruzione e non di una singola parte.

    Conoscere l’unico punto ottimale di perfetto equilibrio. 

    I prossimi appuntamenti saranno dedicati alle strategie necessarie per imboccare il viottolo della consapevolezza.

     

    Maurizio Fani

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