1. E DISPIACE MA IO SO IO E VOI NON SIETE UN…”
  2. L’ESECUZIONE DI DON BASTIANO
  3. GASPERINO IL CARBONAIO
  4. MEGLIO PIO VII DI NAPOLEONE
  5. IL SOGNO NEL FILM

 

NON È UNA BATTUTA MA LA DESCRIZIONE DI UNA VERITÀ EVIDENTE.

Il “Marchese del Grillo” è un film comico del 1981 diretto da Mario Monicelli con Alberto Sordi (marchese Onofrio del Grillo/Il carbonaio Gasperino), Paolo Stoppa (Papa Pio VII), Giorgio Gobbi (il suo domestico personale Ricciotto), Flavio Bucci (il brigante Don Bastiano) e Cochi Ponzoni (il cognato conte Rambaldo).

Film spassoso e intrigante, contiene degli spunti che non sono mai stati evidenziati dalla critica e che invece reputo molto interessanti.

Procediamo con ordine.

Il film non garantisce una fedeltà storica. Questa non rappresentava certo un obiettivo di Monicelli e Sordi. Gli avvenimenti storici contingenti potevano tranquillamente essere diversi e il film non sarebbe mutato.

Riporto qui di seguito un’interpretazione del film che si trova su Wikipedia alla voce “Il marchese del Grillo”, e che sintetizza molto bene commenti, recensioni e interpretazioni che nel tempo sono stati fatti a questa pellicola.

«Il marchese Onofrio del Grillo, nella rappresentazione di Mario Monicelli, è un personaggio satirico e letterario, una maschera aristocratica e reazionaria che dileggia e ridicolizza il sistema dal suo interno senza arrivare mai però a metterlo in discussione o peggio in pericolo, neanche quando fugge al nord per accogliere le truppe napoleoniche.

Il marchese del Grillo è un oligarca convinto, che professa un’idea chiusa, ristretta e privilegiata di libertà persino quando, prendendosi gioco del povero ebanista Aronne Piperno, vuole dimostrare che la giustizia non esiste, tanto meno per un uomo di altre fedi.

Il marchese soffre a livello personale il sistema di vincoli, di convenzioni, di idee dogmatiche ed arcaiche e di libertà limitate, lo combatte come un dandy ante litteram, ma non si colloca mai su posizioni romantiche o rivoluzionarie: a un gruppo di popolani arrestati perché coinvolti con lui in una rissa, spiega lapidario la propria immunità alla legge: -Io sono io, e voi non siete un…».

Non ci si deve far ingannare dal fatto che la casata del Grillo è realmente esistita ed era una delle più potenti di Roma, e che un suo membro, secondo i racconti popolari, trascorresse il tempo burlandosi di tutti. 

Rimane comunque un riferimento storico molto incerto e fumoso.

È esistito anche Onofrio del Grillo (1714-1787) sediario, palafreniere e cameriere segreto di cappa e spada del Papa, ma se ci fermiamo a queste informazioni, perdiamo il meglio.

 

  1. L’INIZIO DEL FILM È LAPIDARIO

I lavoranti al servizio del marchese, prima che si desti, oziano. Al momento in cui il domestico Ricciotto ne annuncia il risveglio, iniziano a lavorare alacremente.

Se osserviamo tutti i personaggi, fingono tutti.

I membri della sua famiglia sono completamente immersi nei loro stereotipi. Lo zio Terenzio è impegnato notte e giorno a tentare di perorare la causa di una sua antenata, Quartina.

La madre di Onofrio è espressione di un’aristocrazia conservatrice e di un fanatismo religioso invadente.

Entrambi questi soggetti non vivono la propria vita, ma si attaccano a riferimenti esterni senza cercare il piacere che la loro posizione potrebbe consentirgli.

Anche il bravissimo Paolo Stoppa nei panni di Papa Pio VII fa finta di parlare di amore e giustizia ma poi confessa a Onofrio che la giustizia in questo mondo non esiste.

Così pure il giovane capitano Blanchard vive un’illusione. Era convinto che Napoleone fosse divino, che quando ti guardava ti faceva tremare e quando ordinava la carica con le note della “Marsigliese”, si lanciava al galoppo, con la sciabola sguainata con profonda eccitazione. Poi Napoleone è stato sconfitto a Waterloo e il sogno di Blanchard crolla.

Il cognato Rambaldo fa finta di non avvertire il fiato greve della moglie e crede che Onofrio, con le sue amicizie, lo aiuterà per non farlo trasferire a Macerata.

Entrambe, l’amante Faustina insieme a sua madre, fingono prima di amare quelle sue saltuarie venute (sesso in cambio di casa), e poi mettono in scena una falsa gravidanza imputabile a Onofrio. Per finire la madre finge una relazione con il ragazzo di Faustina per ingannare il marchese.

Similmente tutti gli uomini vicini al Papa, chiamati in gran segreto dal pontefice per informarli della bolla di scomunica di Napoleone e di tutti i francesi, fingono di salvaguardare la sua persona con l’istituzione dei turni di guardia e relativo giuramento. In realtà, come il Papa stesso afferma, sono assolutamente inadatti al compito, ma vivono quella recita con serietà contrita. Nessuno di loro ha detto chiaramente che non potranno mai farcela.

Per finire Don Bastiano, che pretendeva che il Papa accettasse il suo stato di prete/brigante.

Ci sono solo tre personaggi che non fanno finta, che sono sempre veri.

Due in uno: il marchese Onofrio del Grillo e il carbonaio Gasperino. Segue la bella cantante Olimpia, che accetta tranquillamente l’epiteto di “putain”.

Tutti e tre con i loro difetti ma con un senso di realtà e di ricerca del piacere invidiabile.

Il marchese Onofrio del Grillo non finge mai. In tutti suoi scherzi migliori dice sempre la verità perché quello è l’unico modo che conosce per urlare al mondo l’ipocrisia cui tutti sottostanno.

Chi vede nell’atteggiamento del protagonista solamente la burla fine a se stessa, non ha compreso la grandezza di Monicelli, che in tutti i suoi film mette sempre la verità al primo posto ed evidenzia come le persone si rifiutino di vederla, mettendo in scena gli atteggiamenti più assurdi.

Si vive si muore d’ipocrisia.

 

  1. NON AVERE NIENTE DA DIFENDERE

Poco dopo l’apertura del film, Onofrio guida il calesse in compagnia del capitano francese Blanchard. Gli chiede se gli ha fatto impressione vedere il Papa. Lui risponde che l’unica cosa che l’ha colpito è vedere degli uomini che portano sulle spalle un altro uomo. Onofrio gli domanda che cosa farebbe se glielo chiedesse Napoleone di essere portato sulle spalle.

Il francese stizzito replica che Napoleone non lo chiederebbe mai.

Ecco che il marchese del Grillo tira fuori una delle sue più acute osservazioni: «Ecco la differenza, se tu parli male di me e del Papa, io ci rido, se io parlo male di te e di Napoleone, tu t’incazzi».

Che cosa significa questo?

Quando difendi qualcosa, vuol dire che sei bloccato proprio in quel punto.

Per esempio avrai certamente assistito ad alcune diatribe tra vegani e onnivori. Una netta minoranza porta lo scontro verbale anche a livelli molto caldi. Le offese e le accuse spesso sono assai pesanti.

Esistono tantissime persone che hanno stili alimentari uguali a quelli descritti, che discutono tranquillamente e non si sognerebbero mai di litigare per sostenere le proprie posizioni.

Tu mangia come credi, a me va bene lo stesso. Poi, se mi chiedi dei pareri o un consiglio, ti dirò come la penso ma solo in quel caso. Accusare una persona di essere un assassino perché mangia un hamburger, è assurdo.

Chi non ha ancora compreso scivola nel fanatismo perché deve trovare costantemente conferma di quello che ancora non l’ha convinto del tutto.

Chi invece ha capito, non ha bisogno della conferma esterna e quindi non la sollecita e non cerca neanche lo scontro.

Sia il Papa, sia Napoleone, sono due capi, due leader carismatici.

Il potere da sempre si esercita allo stesso modo ovunque.

Non possono agire diversamente. Blanchard pensa che uno sia meglio dell’altro. Onofrio no.

C’è di più.

Il marchese ha tentato, invano, di far capire a Blanchard che effettuare la carica al suono della Marsigliese, con le lame luccicanti al sole e i cavalli lanciati al galoppo, è solo un modo per convincere la massa ad andare a morire per le manie di dominio di qualcun altro.

Blanchard non ci arriva. Come non arriva a capire che alla presenza di Don Bastiano è bene assecondarlo.

 

  1. “ME DISPIACE MA IO SO IO E VOI NON SIETE UN…”

La celebre frase che il marchese rivolge a un gruppo di popolani è ripresa dal sonetto “Li soprani der Monno vecchio” di Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863).

La stessa battuta è detta nel 1976 anche da Pippo Franco nel film “Remo e Romolo – Storia di due figli di una lupa”.

Qual è il suo significato?

Certamente il primo che è evidente è una manifestazione di arroganza, ma non è tutto, anzi, è poco.

Osserviamo la scena nella quale compare questa frase.

Quelle persone, tutte omertose, tutte impaurite nel dichiarare la verità, cioè che quell’uomo che impugna un coltello, stava minacciando la vita di tutti, nonostante che fosse un baro. Onofrio mostra la prova, la carta in mezzo alle dita del piede della “spalla” ma nonostante l’evidenza, niente. 

Sola paura, vigliaccheria.

Che cosa sono queste persone secondo te?

Onofrio è un marchese, ricco, poteva tirare fuori i soldi e pagare tutti. 

Invece fino all’arrivo della gendarmeria ha agito come uno di loro, uno del popolo. E Ricciotto non è stato da meno! Ha tirato fuori il coltello e si è battuto col baro.

L’affermazione è pienamente giustificata. Il marchese del Grillo può dire che: «Io so’ Io» mentre gli altri non ne hanno il diritto, non sono veramente niente.

È sempre la stessa forza che ha contraddistinto Onofrio nel far suonare tutte le campane della città “a morto” per annunciare che è morta la giustizia. Come se dicesse «Io ho il coraggio di denunciare questo, voi no, non siete un cazzo!».

Si tratta di una DICHIARAZIONE D’IDENTITÀ ad alta voce. Oltretutto fatta in dialetto romanesco perché fosse capita da tutti quelli cui era indirizzata. Anticipata da un “mi dispiace” quasi a sigillare il dolore dell’amara verità.

Lui e il suo fido domestico Ricciotto escono agevolmente da quell’intrigo di disonestà e terrore prima che d’ignoranza.

Gli altri tutti dentro!

 

  1. L’ESECUZIONE DI DON BASTIANO

C’è un momento nel film durante il quale l’arringa di Don Bastiano al popolo inginocchiato davanti a lui, piace a Onofrio, affranto perché il suo amico morirà e lui non può fare niente.

Queste sono le parole:

«Massa di pecoroni invigliacchiti, sempre pronti a inginocchiarvi, a chinare la testa davanti ai potenti, adesso inginocchiatevi davanti a me e chinate la testa davanti a uno che la testa non l’ha chinata mai se non davanti a questo strumento qua (indicando la ghigliottina). Inginocchiatevi, forza e fatevi il segno della croce, e ricordatevi che pure nostro signore Gesù Cristo è morto da infame, sul patibolo che è poi diventato il simbolo della redenzione. Inginocchiatevi, tutti quanti! E segnatevi, forza! E adesso pure io posso perdonare a chi mi ha fatto del male. In primis al Papa che si crede il padrone del cielo. In secondi a Napoleone che si crede il padrone della terra. E per ultimo al boia qua, che si crede il padrone della morte. Ma soprattutto posso perdonare a voi, figli miei, CHE NON SIETE PADRONI DI UN…».

Alla fine del discorso il popolo presente applaude e grida abbasso i nobili.

Continua a ragionare per stereotipi. Il nemico del popolo è sempre stato il popolo stesso. Qualunque dittatura, qualunque tipo di governo ha sempre avuto nel popolo, nella massa, il suo alleato più forte.

Nonostante la chiarezza delle parole di Don Bastiano, il popolo non ha capito niente, continua a credere che il problema sia costituito dai nobili e non da se stesso.

Quasi nessuno ha notato una chiosa davvero da maestro di Sordi.

Era usanza dare uno schiaffo ai bambini che erano appositamente portati a vedere le esecuzioni. Si diceva che i padri dovevano dare uno schiaffone ai figli perché si ricordassero che fine fa un brigante. In realtà questo era un mònito per non dimenticare la vista della testa tagliata e per ricordare ai figli che fine fa chi si mette contro il potere.

Ma in quest’occasione Onofrio schiaffeggia Olimpia, perché non ha provato come lui, dolore e tristezza per una scena barbara e ingiusta, ma gioiva della vista della morte di un altro uomo e soprattutto niente aveva capito dell’arringa del povero Bastiano.

Basta vedere lo sguardo di Alberto Sordi mentre le molla il ceffone. 

Poi se la porterà a letto ma non la seguirà a Parigi.

 

  1. GASPERINO IL CARBONAIO

Esistono vari precedenti di questo format: il povero che si trova a vivere da ricco.

Una su tutte “La bisbetica domata”, di William Shakespeare, in cui Christopher Sly, un ubriacone, è raccolto da un nobile che comanda ai suoi servitori di lavarlo e vestirlo, per poi fargli credere di essere un ricco nobile rimasto addormentato per anni in preda a una forma di pazzia.

Trovare un sosia e potersi divertire alla faccia di tutti per uno come Onofrio è un’occasione unica.

A lui è bastato fingersi per pochi minuti carbonaio presso la bottega di Gasperino per capire che la moglie è il principale motivo delle ubriacature del povero Gasperino.

Gasperino e Onofrio sono uniti dallo stesso personaggio che interpreta entrambi: Alberto Sordi.

Esistono comunque tratti comuni ai due.

Tutti e due hanno ben presente il principio di utilità. Dopo un inizio incerto Gasperino si adatta subito ai panni del marchese. Addirittura quando va con la carrozza a vedere la sua bottega vede se stesso che lavora, vede la moglie e la figlia ma manda tutti a quel paese e torna a palazzo.

Si prende cura della contabilità, smaschera il contabile che da tre generazioni fa la cresta sui conti.

Si porta a letto Genuflessa, la dama di compagnia della vecchia madre di Onofrio. Lei è da sempre innamorata di Onofrio. Si delizia con del vino invecchiato.

Soprattutto permette a Onofrio di dimostrare alla sua famiglia, nella maniera più evidente possibile, quanto sono stupidi. Sono bastati quattro vestiti da marchese al posto degli stracci del carbonaio per ingannare tutti.

«Ve siete tenuti il carbonaio in casa solo perché io l’ho vestito, fa marchese. Mamma se tu avessi partorito il carbonaio era la stessa cosa. Forse vi andava meglio a tutti, perciò tenetevi il carbonaio perché io me ne vado».

Per loro avere l’uno o l’altro non faceva alcuna differenza.

Perché?

Perché queste persone non vivono relazionandosi all’altro ma affogati nel loro modello stereotipo d’esistenza. Dentro sono vuote, non possiedono quella novità di Essere che ogni persona libera ha a disposizione.

 

  1. MEGLIO PIO VII DI NAPOLEONE

Il piano di espatrio a Parigi del Marchese Onofrio del Grillo vanno in fumo per il crollo dell’impero napoleonico. Fatti due conti è meglio scegliere il capo della chiesa piuttosto che quello che ha perso tutto.

Su due piedi matura la decisione di tornare a Roma da Papa Pio VII.

È l’unica scelta che poteva fare.

Il Papa crede di fare rimangiare a Onofrio la sua superiorità ma ancora una volta perderà il confronto.

L’ordine di carcerazione con conseguente condanna a morte e messa in scena dell’esecuzione in piazza, vedrà Gasperino come protagonista. Il Papa lo grazierà pensando che fosse Onofrio, il vero marchese. 

Il bello è che Onofrio non farà mistero della verità e dirà tutto al Papa e aggiungerà che non ha avuto paura, perché hanno preso per errore un povero carbonaio.

Effettivamente lui è stato graziato e quindi non è più condannabile per lo stesso motivo.

Occupa nuovamente posto tra i sediari del Papa.

Tutto continuerà come sempre, sull’illusoria pista della finzione.

INSEGNAMENTI DALLA DIVERSA ANALISI DEL FILM

L’unica frase intelligente che ha detto la madre del marchese è stata: «L’importante è rimanere vivi, poi si vedrà».

Sintetizza molto bene il principio di utilità biologica che tutti dovremmo possedere. La cosa più importante è sempre quella di mantenere efficiente il piano biologico, quello fisico del corpo, perché è solo attraverso il corpo che noi percepiamo il mondo. Finito quello, finisce la vita.

IN OGNI SITUAZIONE DOBBIAMO SEMPRE SALVAGUARDARE IL PRINCIPIO BIOLOGICO

La frase di chiusura di Alberto Sordì è: «Morto un Papa se ne fa sempre un altro». Il potere è sempre uguale a se stesso, non si fonda sulle persone, ma ha vita autonoma, indipendentemente dai soggetti coinvolti. Quando decidi per il potere e non per l’Essere, è AUTOMATICO TROVARSI IMMISCHIATI IN AVVENIMENTI FRUSTRANTI E COERCITIVI. Apparentemente ti sembra di avere più possibilità di manovra ma questa dipende esclusivamente da quanto è lunga la catena che hai intorno al collo.

RISPETTA SEMPRE PER PRIMO IL TUO ESSERE, LUI VIENE SEMPRE PER PRIMO.

Il marchese era certamente se stesso in ogni occasione e lo faceva con una sensibilità non comune. Cercava di usare il suo potere per svegliare le persone, per continuamente dimostrare quanto fossero causa del proprio male ma anche per restare vivo in ogni situazione E SOPRATTUTTO PER GODERSI LA VITA. CHIEDITI SEMPRE: «QUELLO CHE STO FACENDO MI RENDE FELICE?»

 

  1. IL SOGNO NEL FILM

Con questo post inauguro con te una tecnica che ho messo a punto da oltre trent’anni circa la decodifica delle immagini nei film e nei sogni.

Quella che riguarda il film l’ho già trattata poco sopra, ora rimane quella sui sogni, ma come si può fare?

Si prende un breve spezzone del film che abbia un senso compiuto e analizzarlo come fosse un sogno. Questo ti mostrerà quanto un certo tipo di decodifica delle immagini possa esserti d’aiuto nella vita di tutti i giorni. Con la pratica potrai farlo anche tu.

Prendiamo le scene iniziali del film quelle che mostrano gli operai in silenzio a non fare niente e il marchese che si sveglia e Ricciotto che apre la finestra e comunica a tutti “S’è svejato!” e tutti iniziano a lavorare alacremente.

Trasformo le scene in un racconto come se fosse un sogno.

«Ci sono molte persone che svolgono attività lavorative diverse, ma non lavorano, fanno i fatti loro. A un certo punto vedo me che mi sveglio e il mio domestico che urla «S’è svejato”. Improvvisamente sento un gran rumore di gente che lavora».

Persone che fanno lavori diversi ma che fanno finta di lavorare in questo caso indicano una serie di attività economiche che mi riguardano. Io sono a letto quindi non posso accorgermi di questo, mi sveglio e il mio domestico informa questi non-lavoratori che ora sono desto e che devono iniziare a lavorare. 

Questo è un sogno che riguarda il mondo degli affari, il business. L’attività economica sono i miei soldi, il mio patrimonio, i miei beni. Qualcuno fa finta di lavorare e, così facendo, mi sottrae denaro. Io subisco una perdita perché “dormo”, cioè non vigilo, non controllo niente e nulla.

Non mi curo dei miei affari e lascio la gestione economica in mano a dei ladri. Il “S’è svejato” del domestico, sta a significare che se mi sveglio, se alzo il livello di coscienza io, posso vedere queste cose e accorgermi delle ruberie.

Ora vai a vedere il film e guarda come il contabile, che sarà scoperto e licenziato dall’attento Gasperino, faceva la cresta sui conti e sui beni della famiglia del Grillo. Il carbone, la carbonella e le fascine pagata tre volte il loro prezzo e la legna proveniente dai boschi di famiglia venduta alla metà. 

Se tu fossi stato nelle condizioni del marchese, dopo aver fatto questo sogno e avendo le conoscenze per interpretarlo, avresti avuto in mano la soluzione da adottare: controllare e verificare tutta l’attività economica che ti riguarda.

I primi due criteri che devi imparare sono:

– L’analogia, cioè come il sogno sta replicando la realtà che io vivo in questo momento. In che cosa la mia vita è simile al sogno?

– Il vantaggio, cioè il sogno mi dà un vantaggio o mi crea una perdita?

Questa è una tecnica molto particolare che conoscono davvero in pochi. 

Non si tratta di elucubrazioni infinite per non arrivare mai a niente, ma di uno strumento di conoscenza fondamentale.

Se padroneggi la notte, sarai avvantaggiata di giorno.

Imparando potrai gestire i sogni per avere maggiori strumenti durante la veglia per decidere, per scegliere, affari, affetti, relazioni.

Ti assicuro che è affascinante.

Ti sei resa conto che anche un film comico ha molto da raccontare?

 

Maurizio Fani

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