Sui dizionari etimologici vediamo che l’origine del termine “immaginare” è il latino imago = immagine, ma anche il fantasma, il sogno, il concetto, l’apparenza, il ricordo, il riflesso, il paragone, l’allegoria, l’allucinazione. 

    L’immagine è il primo cardine della nostra mente, sul quale perfino le parole sono imperniate. 

    Se nomino il “Colosseo” di Roma, tu non è che vedi scritta la parola “colosseo”, ma vai direttamente alla sua immagine.

    Perciò quando l’imago fa la sua comparsa nello scritto o nel parlato, si trasforma in una immagina dentro di noi che agisce. Cioè fa azione che ci muove dentro, crea emozione.

    Tutto alla fine è immagine. Se tutto è immagine, allora io non devo partire dai concetti che le descrivono e pretendono di interpretarle. 

    Devo partire dalla fonte diretta: le immagini stesse.

    Per decifrarle non posso utilizzare i “concetti” esistenti poiché completamente inadatti.

    Devo imparare una grammatica assai diversa, non scritta dall’uomo ma dall’Essere.

    L’immagine non è solo qualcosa di grafico o iconico. 

    È una forma intelligente che muove un’individuazione. 

    Questo principio non è applicabile solo all’umano, ma a qualsiasi forma vitale. 

    L’immagine è il codice dell’energia.

    Noi ci alimentiamo continuamente di tre cose.

     

    1. A) IL CIBO

    Gli alimenti entrano nella bocca e attraverso una serie di organi dedicati, quelli della digestione, sono trasformati in energia vitale. Il frutto di questa trasformazione è depositato nel sangue e raggiunge il corpo intero. 

    Senza essere dei cultori del digiuno si può non mangiare per molti giorni (60 e anche più). 

    Generalmente le persone comuni hanno necessità di mangiare. 

    Se non lo fanno, vivono una privazione e muoiono d’inedia, mentre l’organismo di quelli che sono consapevoli del digiuno reagisce in modo assai diverso.

    Ci rendiamo quasi sempre conto che stiamo mangiando.

     

    1. B) IL RESPIRO: 

    L’aria entra nei polmoni e attraverso una serie di organi preposti, quelli della respirazione, irrora tutto l’organismo di ossigeno e di forza vitale. Oltre i 3-4 minuti non si può rimanere vivi senza respirare. Diventiamo coscienti del nostro respiro solo quando ci soffermiamo col pensiero, altrimenti respiriamo in automatico.

     

    1. C) LE IMMAGINI

    Continuamente siamo raggiunti da immagini. 

    Ogni avvenimento della vita ci arriva come immagine: la gioia, il dolore, la tristezza, l’odio, la paura, tutte le volte che proviamo emozioni, sensazioni, noi riceviamo un’immagine. 

    Non ce ne rendiamo conto mai. Anche se ci facciamo caso, non possediamo generalmente le capacità per intercettarle e leggerle. 

    Purtroppo non possediamo neanche un organo dedicato a questo. 

    Così esse, se non intercettate e comprese, si convertono in aggregati psichici che sostano nella nostra mente (non solo, anche nel corpo fisico). 

    È necessario ricorrere alla coscienza per dissolverli. 

    Le immagini quando arrivano alla mente impongono un loro modo di essere. 

    Ogni immagine possiede un aspetto intenzionale, ma a differenza del simbolo, l’immagine ha un tipo d’intenzionalità molto diversa. 

    Essa racchiude il volere dell’Essere che può fornire delle specifiche di significato positive o negative per il soggetto ma resta ferma la fonte di assoluta autenticità nella ricerca del bene.

    Un’immagine può essere anche di significato negativo per chi la riceve, ma comunque rappresenta sempre un aiuto, un invito a migliorarsi.

    L’immagine definita simbolo invece ha sempre un’intenzionalità che fa capo al potere, cioè un qualcosa che si vuole imporre, spesso a scapito del soggetto dominato.

    L’immagine è sempre autenticamente vitale proviene dall’ESSERE o da un soggetto che lo vive. Il simbolo è una raffigurazione malata e deviata, che proviene dal potere.

    L’intenzionalità fornisce l’informazione, cioè un’azione che crea una forma ben precisa e conseguentemente una direzionalità.

    Un’immagine vettorializza (predetermina) tutto il corpo a uno scopo.

    Quando la mente riceve l’immagine, si attiva in automatico l’esecuzione del programma, re-agiamo alla situazione e manteniamo in vita quell’immagine. 

    Un’immagine dell’Essere produrrà sempre effetti benefici mentre un’immagine del potere (o simbolo) causerà sempre una perdita semplicemente in virtù del fatto che viene meno l’autodeterminazione dell’individuo. 

    La persona non è più coerente col suo Punto Zero, perde il contatto col principio dell’Essere che l’ha posto e si muoverà in maniera etero diretta, non più osservando e rispettando la sacralità di se stesso ma piegandosi a voleri altrui.

    Le immagini non cessano mai di esistere e noi stessi contribuiamo, minuto dopo minuto, a incrementarle. 

    Ogni nostro atto non compreso staziona come immagine e non riusciamo a metabolizzarla, fino a quando, con la consapevolezza, l’avremo individuata e trasformata.

    Se attiviamo la coscienza, essa può metabolizzare l’immagine senza alcuna conseguenza. L’individuo consapevole di quello che lo circonda sviluppa una forza molto diversa rispetto agli altri. 

    Innanzitutto cerca di conoscere chi è, e nel fare questo attiva continuamente la presenza cosciente e la capacità di osservarsi.

    Le immagini di cui stiamo parlando rappresentano delle sintesi nelle quali, tramite la lettura della funzione e del codice interpretativo, si può agevolmente comprendere il perché della loro esistenza e qual è il loro obiettivo. 

    Come vedremo in futuro, anche il mondo onirico e l’intuizione ricadono in questo processo. 

    Ogni qual volta incontriamo immagini simili a quelle che possediamo, la nostra mente riattiva quel percorso energetico-intenzionale in maniera meccanica, senza che noi ce ne accorgiamo. 

    L’unica variazione alla quale assisteremo è la comparsa di un’emozione e talvolta di alcuni ricordi anche frammentati.

    Sta di fatto che se la coscienza non interviene, la nostra esistenza sarà condizionata da questo fenomeno.

    Quando si è esposti alle immagini, immediatamente, si scatenano molte reazioni fisiologiche, come aumento del battito cardiaco, eccesso o mancanza di salivazione, ritmi respiratori alterati, sudorazione, variazioni della conduttanza cutanea, gesti e atteggiamenti inconsci, che portano dei cambiamenti ben visibili nell’espressione di tutta la persona. 

    Se l’immagine non è decriptata e compresa nella sua potenzialità energetica, attiva, oltre a questa serie di “cambiamenti” fisici, anche mutamenti di pensiero, d’idee, di sensazioni ed emozioni.

    Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, autore di alcune opere sul cinema, sosteneva che: «Il flusso del film s’integra con il flusso psichico dello spettatore».

    Dietro ogni immagine c’è una precisa formalizzazione psichica che possiede un suo scopo. Andiamo oltre al significato psicoanalitico per addentrarci in aspetti più profondi e complessi.

    Se io, attraverso l’analisi simbolica dell’immagine filmica o onirica, riesco a individuare il processo d’intenzionalità e la strategia attraverso la quale l’azione si compie, non sarò più “psichicamente influenzato” dalla situazione, poiché essa non fa più leva emozionale. 

    Così invece di avere delle “re-azioni emotive”, vivrò la lucidità esistenziale del vero che accade in questo preciso istante: in definitiva, molto semplicemente, comprendo ciò che avviene e perché.

    In questo modo conquisterò e disvelerò una parte di me stesso finora rimasta sconosciuta, cioè inconscia.

     

    Le immagini funzionano in due modi:

    1) le immagini esterne penetrano in noi e si incontrano, speculari o complementari, con le immagini interiori;

    2) le immagini penetrano e s’installano attraverso i miti, gli archetipi, gli stereotipi e i simboli.

    Un esempio per chiarire ancora di più: se durante la visione di un film scoppi a piangere per le scene che stai osservando, dobbiamo dedurre che:

    1) sei coinvolto emotivamente;

    2) la scena ha causato una manipolazione al tuo interno (prima non piangevi poi hai iniziato a piangere, dentro di te si è generata un’azione);

    3) hai re-agito passivamente, non hai compreso il perché del cambiamento, forse non te lo chiedi neanche, ma vivi la situazione come normale, anche se sai che l’attore sta fingendo (quando vedi queste scene tu, piangi sempre).

    Il pianto (l’emozione) si attiva e può essere stato provocato da un ricordo doloroso che hai avuto, in circostanze simili alla scena filmica, oppure hai introiettato l’immagine che è stata rinforzata dall’archetipo corrispondente, al quale sei ancora legato, e che credi vero e insostituibile.

    Non siamo in grado di “vedere” l’intenzionalità psichica che causa il pianto e quindi la subiamo in pieno, e questo ci impedisce di comprendere la realtà per come veramente è: non ampliamo la consapevolezza (per esempio piangere per una scena che non merita assolutamente le tue lacrime, credi una cosa ma in realtà è tutt’altra).

    Il vissuto complessuale della persona sceglie la realtà senza tenere conto delle proprie sane esigenze ontologiche (dell’Essere).

    L’inconscio non dovrebbe esistere poiché l’individuo ha il dovere di conoscere tutto ciò che abita in lui.

    Invece la sua presenza testimonia quanto l’individuo non si sa, quanto non si conosce. Ed è proprio questa ignoranza, questa non conoscenza di sé che è causa di tutti i suoi problemi. 

     

    L’essere umano è molto di più di quello che crede di essere.

    Ecco il principio base su cui si fondano Moviempower® e Dreamempower®: lavorare attraverso le immagini esterne (film e sogni) per capire quali immagini interiori ci muovono a nostra insaputa e togliere loro il potere di gestire la nostra esistenza. 

    L’individuo deve riappropriarsi del suo Punto Zero.

    Ogni percorso di autoiniziazione prevede la spoliazione, l’abbandono di tanti elementi al nostro interno che ci zavorrano. 

    La continua trasmutazione che l’uomo consapevole opera in se stesso parte proprio dal dissolvere ciò che non ci appartiene, per ricoagularlo in un uomo nuovo.

    Le immagini si possono intendere come un alfabeto energetico del quale dobbiamo essere consapevoli. Gestirle, senza lasciarsi gestire da loro, anzi utilizzandole come insostituibile fonte d’informazioni.

    Le immagini sono sempre reversibili con l’azione che producono.

    Le immagine non sono anticipatorie ma rappresentano la descrizione energetica di un fatto che sta accadendo ma che ancora non si è condensato in realtà concreta. 

    Ecco perché è saggio imparare a riconoscerle in anticipo. 

    Se le vedo prima che materializzino il loro scopo, è possibile mutare l’evento, cambiando l’immagine. 

    Immagine diversa = evento diverso.

     

     

    Maurizio Fani

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