Mi rendo conto che è difficile parlare di un qualcosa che non può essere capito e soprattutto farlo in maniera chiara e semplice, non perché non sia disponibile l’intelligenza per farlo, quella potrebbe anche esserci ma perché da sola non basta.

    Quando sei consapevole te ne accorgi subito.

    Una volta letto attentamente il libretto d’istruzioni di un congegno sai perfettamente cosa fare e cosa no. Sai che pigiando quel tasto attivi quel movimento che darà dei risultati attesi in un tempo che ben conosci. 

    Sei “consapevole” di tutto il processo.

    Fin qui penso che ci siamo.

    Adesso spostiamoci in un altro settore: la neurobiologia vegetale.

    L’uomo da sempre ha una specie di mal funzionamento cognitivo studiato dalla neurobiologia. Si chiama “Plant Blindness”, cecità alle piante, ed è legata alla bassa capacità di calcolo del nostro cervello. 

    Non riusciamo a processare tanti dati e invece le informazioni che ci arrivano attraverso i nostri sensi sono in numero incredibile. Soltanto attraverso i nostri occhi entrano un miliardo e mezzo di byte il secondo. 

    E invece noi possiamo processarne qualche centinaio. 

    Perciò filtriamo via tutto quello che pensiamo non sia rilevante per noi.

    Perché all’inizio della storia dell’umanità ci siamo evoluti in un ambiente con tanta vegetazione. Questo verde era dappertutto e sovraccaricava i nostri sensi. Per questo abbiamo imparato a isolarlo e a focalizzarci sull’arrivo di altri animali o esseri umani. Al tempo concentrarsi su di loro e non sulle piante era vitale per la nostra sopravvivenza. Questo meccanismo che ci ha aiutato agli inizi della nostra evoluzione oggi è un vero e proprio svantaggio perché ci impedisce di capire qual è il vero motore della vita sulla Terra.

    La vita animale ricopre solo un misero 0,3% sul pianeta. 

    La vegetazione ben l’85%.

    Chi sarà più evoluto?

    Lo sapevi che le piante soffrono e comunicano il dolore nello stesso modo in cui gli animali lo trasmettono?

    Gli studiosi di varie università americane e giapponesi, coordinati dal professor Simon Gilroy, hanno scoperto che le piante quando sono ferite sfruttano la stessa molecola di segnalazione (l’amminoacido glutammato) presente negli animali per attivare i loro sistemi di difesa. Il meccanismo innescato dalla molecola, si basa sulla propagazione di ioni calcio: essi si muovono attraverso le piante come un’onda, alla velocità di circa un millimetro, il secondo.

    Gli effetti di tale azione sono molteplici:

    1) Comunicano a tutte le altre piante, il pericolo.

    2) Attuano una serie di strategie difensive, come la produzione di sostanze chimiche nocive o altre volatili di odore sgradevole che fungono da repellente.

    Il neurobiologo vegetale di fama internazionale Stefano Mancuso afferma: 《Possiedono un’organizzazione molto diversa dalla nostra. Noi siamo organizzati in modo gerarchico verticale, mentre le piante in modo orizzontale diffuso e decentralizzato, come internet. Basterebbe questo a renderle il simbolo stesso della modernità. Sono molto più resistenti di noi e si basano sulla comunità con tutti gli esseri viventi. La cosa più straordinaria è che le piante non possono spostarsi da un luogo in cui sono nate. Possono sopravvivere solo se hanno un ecosistema completo e per questo tutta la loro evoluzione è basata sul mutuo appoggio, la simbiosi e la comunità, piuttosto che sulla competizione o sulla predazione come invece sono i rapporti animali. Rappresentano gli esseri viventi più intelligenti al mondo.

    Le piante sentono meglio degli animali. Perché gli animali, e noi tra loro, risolvono quasi tutto col movimento. Una pianta invece deve risolvere il problema, non può scappare. Per fare una pianta di riso servono un numero di istruzioni quattro volte superiore a quelle che servono per fare un uomo. La pianta di riso è la Basilica di San Pietro e noi un cubo》.

    Le piante soffrono, si lamentano, piangono e sono anche felici e fanno festa. Riconoscono le persone e soprattutto percepiscono la loro intenzionalità. Comunicano a grandi distanze.

    Inoltre hai mai visto un gatto come si muove con la massima attenzione?

    E un capriolo quando fiuta l’aria in cerca di informazioni?

    L’uomo non fa mai questo.

    Quante persone, credi che conoscono questi aspetti?

    Molto poche.

    Sono inconsapevoli di un fenomeno d’importanza capitale, che hanno sempre avuto sotto gli occhi ma che non hanno mai cercato di comprendere.

    Del resto si usa dire “vita vegetativa” quando ci si riferisce a una persona non più cosciente nonostante le funzioni vitali siano assicurate.

    Ecco che essere inconsapevoli vuol dire proprio questo.

    Vivere con la testa immersa nel terreno senza rendersi conto di ciò che ci circonda.

    Quali sono le conseguenze dell’inconsapevolezza?

    1) Auto poni te stesso fuori dal grande gioco della vita che esige che sia sveglio, presente nel qui e ora e consapevole.

    2) Affondi in una vita meccanica, stereotipa, ripetitiva, senza alcuna novità esistenziale, anestetizzandoti.

    3) Resti mediocre e manipolabile. Sei equiparato a “cosa” e non a individuo. Come tale sarai trattato e dominato.

    4) Sei sempre fuori da te stesso. Anche prodigo verso gli altri, ma per te non ci sei mai. Gli altri diventano un perverso alibi per Non-essere.

    5) Non sei mai nella causa delle cose e degli avvenimenti. Non vivi ma subisci l’esistenza a causa della tua ignoranza.

    6) L’inconsapevolezza abbassa il livello energetico e vibrazionale sia del corpo sia dello spirito, diminuisce la genialità, favorisce ogni stato patologico possibile.

    7) Anche se dotati di un’innegabile intelligenza, di qualifiche, di titoli accademici e una serie di successi importanti, non sei in grado di riconoscere e mettere in discussione i tuoi pensieri e comportamenti, sei fisso, immutabile, resistente a ogni cambiamento. Sei vittima di abitudini e vizi. Sei facile preda delle intenzionalità altrui.

    Restare inconsapevoli è come possedere un castello e vivere accampato in una tenda sul ponte levatoio. Accontentarsi di niente.

    9) Dei vivo solo nella misura in cui sei consapevole di te stesso e del mondo, visibile e invisibile, che ti circonda. Altrimenti sei un robot, uno zombi. Dalla voce creola delle Antille zombi = fantasma, morto richiamato in vita. Nel rito vudù, il fantasma o comunque la persona che, dopo il decesso, si pretende sia richiamata in vita da un boko, sacerdote vudù dedito a pratiche di magia nera e di cui lo zombi diviene lo schiavo, utilizzato per lavori infimi o addirittura illeciti e malefici. Si tratta per lo più di individui in stato di torpore letargico. L’anima non ti serve.

    10) Non possiedi più il bene dell’intuizione poichè sei scollegato con te stesso e con l’Essere.

    Nell’articolo precedente hai visto che tutti abbiamo un compito da svolgere.

    In questo comprendi che rimanere fermi, cioè inconsapevoli, ha solo degli svantaggi incalcolabili e nessun beneficio.

    Nel prossimo osserverai, un po’ più da vicino, che cosa è la consapevolezza.

    In seguito leggerai quali strategie intraprendere.

     

    Maurizio Fani

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