Prima parte di 2
Le persone possono guarire dalle malattie e
le malattie possono guarire le persone.
(Gerhard Uhlenbruck)
Quasi tutti sono convinti che la nascita corrisponda a quel fenomeno che hanno vissuto, pur nella totale incoscienza, al momento del parto della loro madre.
Invece quella non è stata la nascita ma solo un inizio. La vera nascita come essere umano ognuno se la deve costruire nel tempo.
Venire al mondo non equivale a nascere, si tratta della potenzialità posta in atto dall’Essere, che ci consente di iniziare un cammino di consapevolezza.
Senza il corpo fisico la coscienza non esisterebbe. Noi dobbiamo trarre dalla materia l’origine della nostra spiritualità.
Dobbiamo partire da lì.
Purtroppo niente di quello che accade prima e dopo la venuta alla luce aiuta il nostro viaggio consapevole.
Già da quando nasciamo ed entriamo nella “famiglia”, subiamo la prima violenza del sociale. I maschi saranno educati in un modo e le femmine in un altro.
I maschi quasi sempre verranno indotti a un amore sviscerato verso la madre che insegnerà loro a ricercare nella donna quella psichicità fallica frutto di frustrazione personologica per non essere se stesse.
Le femmine invece verranno adeguate al ruolo di servizio e di rinuncia proprio dello stereotipo che vede la donna regina del focolare, colonna portante dell’attuale società maschilista. Questo naturalmente reciderà il contatto con la parte più profonda della psiche femminile trasformando la donna in una potenziale negativa.
La società è costruita in questo modo.
Sia lui sia lei hanno l’assoluta necessità di ricuperare la propria origine di persona che coincide con il Punto Zero, ovvero il primissimo momento del concepimento.
Molte volte siamo sviati totalmente dall’intraprendere questo “ritorno a casa”, andiamo nella direzione sbagliata, e allora ecco che la malattia, in quanto tentativo di reindirizzarci, fa la sua comparsa.
Conseguentemente la malattia ha sempre a che fare con il nostro agire nel mondo. Se ci ammaliamo, non stiamo prendendo le decisioni giuste e le nostre azioni materiali lo confermano.
Siamo abituati ad avere e non a Essere.
Siamo abituati a obbedire e non a Essere.
Siamo abituati a possedere e non a Essere.
Siamo abituati al potere e non all’Essere.
Siamo abituati a omologarci e non a Essere noi stessi.
Essere per se stessi è un’affermazione sconosciuta e considerata quasi blasfema.
TRA VALORI SISTEMICI E VALORI ONTOLOGICI
Esistono varie etimologie in particolare provenienti dal greco malakia mollezza, languore, debolezza. Trovo molto più interessante quella derivante dal francese antico malabde traducibile con malatto.
Mal-atto, atto errato, sbagliato.
In questa parola c’è tutto il suo vero significato.
La malattia rispecchia sempre un atto da noi compiuto, incoerente con la nostra vita ma al contempo è sempre vissuta come male, problema, talvolta tragedia, mai come nostro errore o pecca.
Se non esistessero le malattie, le persone morirebbero immediatamente.
La malattia è la tolleranza che la vita concede a chi si ostina a non comprendere se stesso. Le persone quando “abbandonano” la loro esistenza, quando rinunciano a conoscersi e a volersi per come sono, sono messe in scacco dalla vita.
La vita immediatamente opera la sua azione persuasiva e pedagogica tramite l’evento patologico o lo stato di sofferenza.
Una specie di piano “B”.
Quasi tutti abbiamo bisogno del piano B. Purtroppo sono molto pochi quelli che iniziano un percorso evolutivo (piano A) senza il pungolo del disagio fisico e psichico.
Personalmente non ne ho mai conosciuto nessuno.
Invece nella nostra società, quando la malattia arriva, fa scaturire in chi la vive, un senso di rabbia e dolore. Immediatamente la cultura sistemica ha predisposto tutto un mondo di farmaci, di esperti e di protocolli pronti a intervenire.
Un vero rito!
Il sistema agisce sul sintomo. Deve riuscire a zittirlo.
Perché?
Il sintomo che la malattia produce deve tacitarsi il primo possibile, indipendentemente dalle sue origini. Si da per scontato che il sintomo sia generato da una disfunzionalità che deve essere corretta.
L’evidenza scientifica afferma che la situazione malata è causata da un movente materialmente ben definito.
La causa è chimica, organica, genetica, virale, batterica, ereditaria o funzionale. Al massimo compare il termine stress, che vuol dire tutto e niente.
La parola “origine psichica” stenta a comparire.
Per comprendere le profonde ragioni di questo accadere, dobbiamo capire come funziona la manipolazione individuale.
MANIPOLAZIONE INDIVIDUALE
Attraverso i valori sistemici poggia su cinque punti:
- Miti, leggende, archetipi, simboli, tradizioni iniziatiche, religioni, verità rivelate, dogmi, credenze e usanze. Una vera sequenza di distorsioni percettive.
- Stereotipi.
- Induzione forzata d’immagini nei sogni.
- Impedimento del conosci te stesso tramite il sociale con l’educazione, la scuola, la famiglia, l’etica, la morale, la politica, la religione.
- Instillazione cronica della paura e dell’inazione per far nascere il bisogno di protezione e di conformismo. Lo stesso concetto della mafia.
Cedere la propria libertà naturistica in cambio di una finta libertà concessa. Una specie di protezione, il famoso “pizzo”.
Noi esseri umani (?) facciamo questo.
Cediamo la vera libertà in cambio della schiavitù che consideriamo libertà. E siamo anche molto contenti di farlo.
Sono i temi portati avanti da sempre dal dominio.
Essi sono radicati nella mente degli individui e rispondono unicamente alla necessità che ha il potere di soggiogare, sottomettere e ridurre all’obbedienza ogni elemento da lui controllato.
In questa classe di valori si annovera tutto ciò che è socialmente condiviso e accettato come valore di riferimento assoluto.
Qual è il filo rosso che accomuna questo insieme variegato?
Il fatto che porta e mantiene l’individuo fuori, distante da se stesso, scisso dalla sua essenza.
Con il termine “malato” si è voluto compiere un’operazione di riduzione dell’essere umano facendolo regredire da creatura capace di auto-guarirsi a consumatrice di soluzioni.
È stata tolta dal processo evolutivo umano la malattia, rendendola autonoma e indipendente da chi la ospita. Un’entità a se stante, separata dall’insieme di azione che è l’uomo.
Le malattie hanno tutte un nome proprio, come le persone, non sono più considerate come problematiche di un individuo con nome e cognome ma rientrano negli elenchi specifici, così da disumanizzarle. L’umano soffre ma non ne ha più coscienza, non sa più perché, non ha difese se non quelle di seguire pedissequamente i dettami sociali.
Un malato non è più Mario o Maria, ma è la sua malattia.
Diabetico, cardiopatico, oncologico, artitrico, fobico, schizofrenico, ecc…
Il gioco è fatto.
All’opposto dei valori sistemici esistono i valori ontologici (dell’Essere).
I valori ontologici corrispondono a tutte quelle urgenze della tua unicità che provi che senti vere, e alle quali devi dare risposte concrete nella costruzione della tua esistenza.
Senza questa precauzione sarai sempre infelice.
Per conoscere questi valori devi voler scoprire come sei fatto e realizzarlo.
Se segui una religione,
se credi nei miti, nelle leggende, negli archetipi,
se segui una tradizione iniziatica,
se segui una morale,
se segui un maestro,
se segui una certa cultura,
se segui un’opinione politica,
se ti fidi acriticamente degli esperti (medici, avvocati, psicologi, ecc.),
se sei abituato a delegare ogni tua responsabilità,
se hai come riferimento interiore ciò che è esterno a te, quello che piace alla massa, i luoghi comuni, gli stereotipi, le ricorrenze, sei sempre dove quel pensiero ti vuole portare, mai nell’unico posto giusto, cioè dentro te stesso.
La contraddizione è in questi termini: religioni, morali, sapienze millenarie dicono che sono lì per il tuo bene, per salvarti, per liberarti, per farti da guida, per la tua crescita spirituale.
Contemporaneamente pretendono asservimento, obbedienza, riconosci-mento delle gerarchie, dogmi, regole, riti, consuetudini. Il gruppo è molto più importante del singolo. Esigono l’omologazione e l’adeguamento a un modello prestabilito, non deciso da te ma imposto.
Come è possibile liberarsi quando si è vincolati mani e piedi?
Come è possibile crescere in una situazione di servitù permanente?
Com’è possibile soddisfare le proprie esigenze ontologiche, uniche e irripetibili per ognuno, limitandosi a ripetere quello che altri hanno detto e fatto prima di noi?
Com’è possibile accedere alla felicità se non sono coerente con la mia unicità e non compio le azioni necessarie per costruirmi fuori per come sono dentro?
Ognuno deve trovare la propria risposta al suo interno.
Niente di ciò che esiste fuori può soddisfare pienamente la parte più profonda e autentica di ciascuno. Solo calandosi in se stessi si troveranno le giuste risposte.
Ecco perché il significato della malattia è da sempre incompreso.
Il sistema ha l’esigenza di gestire la malattia in ogni modo possibile fuorché nell’unico efficace: portare l’attenzione all’interno, ovvero far nascere la coscienza di esistere per come sei e non per come altri vogliono che tu sia.
Ecco perché l’offerta di farmaci, di terapie e di esperti è davvero strabiliante e difesa a oltranza dal potere, anche contro ogni giustificata evidenza.
Stai male?
Prendi questa pillola e tutto passa (anche se non è vero).
Oppure.
Diventa spirituale, fai meditazione e vedrai.
Anche se non stai male adesso, ti trasformo in potenziale malato con tutta la medicina preventiva, gli esami, le indagini eseguite con macchinari, test, vaccini, cure varie.
Si prendono cura di te fin da quando ancora non sei nato (gravidanza).
Non è solo un gigantesco business ma fa parte del sistema di controllo individuale, spacciato per salute, sicurezza, progresso e prevenzione.
Non sarebbe meglio insegnare che uno squilibrio interiore porta inevitabilmente a un problema organico o funzionale, e che, se vuoi risolverlo, devi andare a cercare le vere cause e non gli effetti causati dal problema?
Non sarebbe più opportuno suggerire alle persone che la malattia è una metafora del loro irrisolto?
Certo che sì, ma così facendo s’insegnerebbe alle persone a essere libere e questo non va bene, non è accettabile dal potere.
Anche l’annosa diatriba tra medicina ufficiale e cure alternative, di per sé è sterile. Non esiste una medicina in particolare ma esiste ciò che fa bene o che fa male. È vero che molta ricerca medica è pilotata e corrotta per motivi di business, ma è anche altrettanto vero che molte cure alternative in fatto di onestà lasciano molto a desiderare.
I furbetti sono ovunque.
Da una parte abbiamo interessi con molti zeri delle multinazionali del farmaco e dall’altra abbiamo una pletora d’individui che promettono mari e monti e, di fatto, agiscono esclusivamente su fattori emozionali, ma di reale sostanza neanche l’ombra. E anche qui i grossi gruppi economici non mancano.
Io so che se una persona ha un blocco alle coronarie deve urgentemente effettuare una coronarografia, esame radiologico per verificare la funzionalità delle coronarie e, se il caso lo richiede, sottoporsi a un’angioplastica, dilatazione di un restringimento di un vaso, altrimenti muore.
Non mi sembra poco.
E in situazioni simili, non esiste alcun’altra soluzione in grado di garantire un’efficacia immediata capace di scongiurare ogni effetto nefasto.
Quindi la tanto vituperata scienza medica, se saputa selezionare, ha dei notevoli vantaggi. Le possibilità di intervenire su un problema medico sono davvero tante.
Come scegliere?
Per scegliere occorre conoscere.
Per conoscere è necessario Informarsi sulla propria malattia, è fondamentale. Il malato deve essere il primo luminare di se stesso. Da un punto di vista medico deve sapere tutto e di più. L’epoca della delega in bianco, della famosa frase: «Dottore sto male mi guarisca!» è tramontata per sempre.
Chi si comporta così entra senza saperlo in un tritacarne micidiale foraggiato dal suo infantilismo.
Oltre a questa impostazione di ricerca ogni malato deve possedere la conoscenza di sé.
CHE COS’È LA SALUTE
La salute, definita dall’OMS nel 1946 come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”, è considerata un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali che spettano alle persone.
La salute posta in questi termini prende come pietra di paragone l’uomo nella sua completezza. Si tratta di una visione olistica.
Io invece di considerare la salute, un diritto, cioè un qualcosa che comunque ci spetta, preferisco procurarmela e questo la rende “intelligente”.
Anzi diremmo che stare bene è un “dovere” di ogni persona nei riguardi di se stessa.
Aspettare che altri si prendano cura di noi è un non essere cresciuti.
È sempre il singolo che deve darsi responsabilità e attivarsi per il proprio bene.
La salute è una diretta conseguenza di come viviamo ed è impensabile voler raggiungere un tale risultato affidandosi esclusivamente a dei controlli medici periodici o a dei suggerimenti alimentari.
Non viviamo solo col corpo fisico ma soprattutto con lo spirito.
Lo stato di salute non si raggiunge esclusivamente con un’alimentazione corretta, ingerendo sostanze benefiche, praticando esercizio fisico e test periodici, o ascoltando i dogmi di un medico piuttosto che un altro.
Anche i vegani e gli atleti si ammalano di tumore.
Questa è solo la punta dell’iceberg.
Il vecchio medico di famiglia quando entrava in casa parlava con l’ammalato, gli teneva la mano, lo ascoltava e cercava di captare chi avesse davanti. Non aveva esami o strumenti particolari ma aveva se stesso come unità d’indagine.
La parte fondamentale è data dalla conoscenza di noi stessi, dalla consapevolezza del proprio libretto d’istruzioni, l’user’s manual, che nessuno mai ci spiega.
CONOSCENZA INTERIORE
Sapere come siamo fatti è fondamentale. Non siamo tutti uguali anzi siamo simili ma ognuno ha delle peculiarità che lo rendono diverso da chiunque altro.
Detto questo, il conoscersi è davvero molto importante perché ci dona il parametro da seguire nella nostra esistenza.
Non è una cosa che s’impara con un corso o la lettura di qualche libro.
Noi possiamo arrivare a comprendere il mistero di noi stessi solo quando siamo convinti che esista, in altre parole che ci sia un’ottima ragione per la quale ci troviamo a trascorrere un tempo più o meno determinato qui, con questo nome, con questi genitori, nella situazione attuale.
Quando realizziamo tal emozione e la sentiamo vera dentro di noi, scatta la fatidica domanda del perché.
I perché sono incredibilmente utili e fruttuosi. Sono molto meglio dei come. Per esempio l’affermazione “come essere in salute”, ci porterà a valutare tutto quello che normalmente è accettato come mezzo per stare bene.
Se però cambiamo l’affermazione “perché essere in salute” ecco che il panorama cambia radicalmente.
Non ci rivolgiamo più a un esterno, a un di fuori ma ci tuffiamo dentro noi stessi per cercare la risposta, la quale non sarà mai quella definitiva, ma porterà a una domanda successiva, che a sua volta otterrà un’altra risposta, e così via.
Una domanda così dirompente fa riflettere.
La risposta non si può trovare nelle ricette, nelle diete, nei metodi, nelle soluzioni che ci sono comunemente proposte.
Muta completamente la prospettiva.
Perché voglio stare bene?
Io voglio stare bene perché questa è la base della felicità alla quale tutti, in un modo o nell’altro, tendiamo.
La felicità non è una frase fatta, un modo New Age.
È uno stato mentale di benessere perenne, indipendentemente dalle traversie che ognuno di noi deve affrontare quotidianamente.
La felicità non è affatto quel momento in cui raggiungiamo un traguardo.
No.
Se così fosse la felicità, sarebbe indotta da un fatto esterno e di conseguenza, dipendendo integralmente dall’accaduto, ben presto svanirà.
Quella che intendiamo noi consiste in un preciso atteggiamento di coerenza tra le nostre azioni e ciò che noi siamo interiormente.
Quando si giunge a un tale “allineamento”, è inevitabile provare questo stato. A questo punto ognuno sarà in grado di scoprire da solo qual è il suo modo, unico e irripetibile, si stare in salute.
Vedremo successivamente gli strumenti più adatti per controllare e migliorare questa caratteristica.
È sempre questa parte interiore che partecipa alla costruzione della malattia, trasformando la carenza d’Essere che quella persona ha scelto in simbolo.
Che cosa è un simbolo? Un qualcosa che racconta molto più di quello che lascia apparire.
LA VIA SIMBOLICA DELLA MALATTIA
Poi una volta capito il problema si agisce attraverso la via simbolica.
Cioè si cercano le cause psichiche di quello che sta accadendo per correggere e interrompere alla radice il fenomeno degenerativo.
Le cause psichiche sono delle immagini che sintetizzano una situazione in un istante eterno. Le chiamano intuizioni e chiunque le può vedere, naturalmente se s’impegna, studia, ricerca e soprattutto si applica operativamente.
Lo stesso paziente conosce sempre quale sia la causa del suo male.
Molte volte lo dice senza rendersene neanche conto.
La stessa esposizione che la persona sofferente fa della sua infermità, svela tanti punti molto interessanti. La scelta dei termini, le metafore, le allusioni, i giudizi, i commenti, sono tutti aspetti che indicano al conoscitore d’immagini la via da percorrere.
Il problema è che la maggioranza delle persone non può fare a meno di interpretare il proprio disagio fisico alla luce dei dettami sociali e di quello che è normalmente accettato.
Non immagina e non cerca altre possibili alternative
E nonostante quello che ho scritto sia stato ripetuto da molti autori nei millenni, rappresenta sempre un messaggio di difficile ascolto, che non fa presa sulla coscienza, inebetita e assonnata, nella ricerca del medico migliore, dell’ultima illusoria terapia o del farmaco più recente che tutto risolve.
Quante volte si assiste all’isterica bramosia di avere il nome di quel medico che usa quella certa sostanza, di quell’integratore miracoloso o di quel tipo di alimento considerato come una panacea?
Ma la propria anima dov’è in tutto questo turbinio?
Molti si rifugiano nella preghiera, in una religione o nella sempreverde meditazione. Ma loro dove sono?
La malattia è un ponte tra l’anima e il corpo. Il principio ermetico “come in alto così in basso” viene applicato in tutta la sua complessità.
La malattia è un messaggio criptato in forma simbolica.
Corrisponde alla trasposizione metaforica di un disagio psichico.
Ed è lo stesso soggetto che sceglie quale immagine impiegare per dare vita alla sua metafora, a seconda della sua scelta percettiva. Lui selezionerà una, quasi sempre la prima, immagine e su questa costruirà il suo lento progetto di distruzione.
In questo messaggio sta scritto tutto quello che occorre per invertire il processo e auto-guarirsi.
Il simbolo va interpretato e compreso.
La difficoltà sta nel fatto che non esiste un’interpretazione univoca per tutti. Ognuno ha la sua specifica decodifica
Ecco che la “lettura delle immagini” fa il suo mestiere e ci può davvero portare fuori dal problema che noi stessi ci siamo creati.
Noi ci ammaliamo e noi ci possiamo guarire.
Nessun’altro lo potrà fare sostituendosi a noi.
La guarigione implica un processo di responsabilizzazione esistenziale nel quale non c’è più spazio per la delega, ma solo per l’evoluzione consapevole.
L’IMPORTANZA DELL’ETIMOLOGIA DI ALCUNI TERMINI
Esaminiamo alcuni termini che spesso utilizziamo senza conoscerli a fondo: curare, guarire, osservare, terapia, convalescenza, salute.
Curare: dal latino, cura o coera derivato dalla radice kav = osservare e il sanscrito kawi = saggio.
Anche la parola “curioso” deriva da cura. Definisce un soggetto irrequieto nel suo desiderio di conoscere. La curiosità è l’attitudine a realizzare, così come dietro alla cura di ogni progetto traspare l’amore e la saggezza.
È una parola che va strappata al gossip e ai “sapevate che… “, poiché è il più genuino appiglio per cambiare davvero la vita.
La curiosità presidia il senso della crescita e del cambiamento, e in lei stanno i significati del “Un’occhiata ai libri, due alla vita” di Goethe, e dello “Stay hungry, stay foolish” di Steve Jobs.
La cura è un atteggiamento caloroso, premuroso e sapiente nei confronti di qualcuno o qualcosa a noi caro. Prima c’è un’attenta osservazione, poi si sviluppa una conoscenza e, poi compare un’azione volta a migliorare quella situazione.
La cura è responsabilità. La responsabilità che segue l’atto di osservare.
Osservare viene dal latino observare = custodire, proteggere, salvare avanti, intorno, sopra a qualcosa/qualcuno.
Conseguentemente la cura è un’azione che muove tutto il nostro essere, un gesto di amore e di conoscenza nei confronti di qualcosa o qualcuno che amiamo e che, vista la situazione contingente, desideriamo proteggere e salvare.
Quando si dice: «Abbi cura di te» senza saperlo esortiamo l’altro a osservarsi molto bene, ad amarsi e a capirsi, col fine ultimo di proteggere se stesso.
Guarire: dal germanico warjan da cui war = coprire o wher = difesa, o ware in inglese. “To be aware” in inglese sta a indicare un’osservazione consapevole tutta dedita a rimettere in salute il malato.
Osservare e guarire possiedono la stessa radice etimologica:
– il sanscrito sarva-tati = salute
– il greco horao = io vedo
– il latino servire = servire, avere cura; servus, chi veglia, servo
– l’inglese ward = guardia
– il francese guérir = guarire
Franco Rendich esperto linguista, autore del “Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee”, (Roma 2010, Palombi Editore), approfondisce ulteriormente l’analisi della parola osservare, e propone che nella radice “svṛ” si possano riconoscere gli elementi “su” e “ṛ/ar”, che esprimerebbero l’idea di “arrivo (ṛ/ar) e del bene (su) come luce e come suono”, dando origine ai termini “splendere, rivolgere gli occhi alla luce, suonare, cantare”: in sanscrito svara indica il suono, in greco Helios è il Sole, e Selene è la Luna, espressioni dello stesso etimo.
La luminosità e sonorità della parola viene ancora più intimamente svelate, poiché la sua essenza risuona con quella del Sole e della Luna!
Rendich precisa pure che il greco horao = io vedo, significava in origine “collegarsi con la luce del Sole”, designando solo in modo susseguente il senso della vista.
Osservare esprime un nesso inscindibile con la luce di una coscienza sveglia e intenta in un’osservazione attenta e scrupolosa poiché consapevole che nel preciso istante in cui si compie (l’osservare consapevole) si entra in contatto col principio primo che ci ha posto.
Questa si chiama intuizione.
Terapia: dal greco therapeia = cura, guarigione. Indica qualunque azione concreta tesa alla guarigione della persona ammalata. Si può trattare anche di una cura che non cura ma comunque aiuta. Può essere anche una terapia non convenzionale e non ufficialmente riconosciuta comunque in grado di apportare sollievo e guarigione.
Convalescenza: indica il periodo che intercorre tra la fine della malattia e il completo recupero delle forze. Dal latino tardo convalescentia, derivato di convalèscere = riprendere forza, ristabilirsi’, ma anche “acquistare valore”.
Aver superato una malattia ci rende più forti poiché dovremmo essere maggiormente consapevoli del motivo per il quale ciò è avvenuto. Siamo cresciuti in coscienza.
E non stiamo parlando di farmaci e/o terapie, bensì della ragione psichica che ha determinato la reazione alla patologia cioè la guarigione.
Salute: dal lat. Salus-ūtis = salvezza, incolumità, integrità, salute, affine a salvus = salvo. Indica uno stato di benessere e di tranquillità, d’integrità individuale e di coerenza, stato di felicità spirituale e di beatitudine.
Queste sei parole poste nel preciso ordine esposto, da sole indicano una realtà affascinante che stenta a entrare nell’immaginario delle persone.
Emerge chiaramente la sequenza che tutti dovremmo adottare in caso di una malattia.
È sempre un processo di conoscenza che attraverso un’attenta osservazione genera un aumento di consapevolezza che provoca un riallineamento psichico ed energetico dell’intero individuo conducendolo verso la beatitudine.
Ora ti renderai conto che il generale atteggiamento di andare dal medico aspettando che ti curi INDIPENDENTEMENTE DALLA TUA INTERAZIONE, è davvero puerile e non potrà mai condurti alla vera salute.
Questo non per demerito del medico, o comunque eventualmente non solo per quello, ma per il tuo errore che consiste in una completa deresponsabilizzazione.
Oggi si va dal medico impartendogli l’ordine di curare (pretesa).
Ma come può lui curare te?
Come può sostituirsi alle tue osservazioni interiori, alle tue sensazioni, alla ricerca della luce che non stai trovando?
Non hai bisogno di un medico piuttosto di un mago che schioccando le dita mentre pronuncia una formula magica ti guarisce all’istante.
Lo stesso ragionamento vale per le pozioni curative della magia moderna: i farmaci.
Pillole e liquidi multicolori che ci sono presentati come soluzioni per tutte le stagioni, ma che tali non sono.
Non è colpa dei medicinali.
Loro fanno il loro dovere, se hai la pressione a 250 come massima e 130 come minima non esistono alternative, devi prendere degli ACE inibitori che l’abbassano nel giro di pochi minuti.
Poi, dopo che l’attacco è rientrato, devi prenderti cura di te stesso, devi osservare ciò che ti è accaduto e, scavando al tuo interno, scoprire il perché, le cause che hanno provocato il tuo disequilibrio.
Da una difficoltà devi estrarre il nettare di un’opportunità che ti faccia crescere.
Una volta superato il problema inevitabilmente sei migliore.
Questo semplice processo raramente avviene.
Si preferisce delegare allo stato, alle istituzioni, ai medici e in genere al sistema, senza rendersi conto che nessuno al di fuori di noi può intervenire con successo.
Noi abbiamo creato il problema e noi dobbiamo risolverlo.
Delegare per non cambiare.
Il cambiamento spaventa e la maggioranza preferisce mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, affidarsi a qualcuno che ci pensi al posto suo.
Lui deve pensare a te perché tu non vuoi cambiare abitudini, stile di vita, interessi.
Perché tu non vuoi stare bene.
Che cosa ottieni?
La malattia.
Ma hai salvaguardato le vecchie abitudini mentali che te l’hanno causata.
Ecco perché le persone si ammalano e si lamentano, ma se poste di fronte a una soluzione non la prendono al volo.
Anche per le diete il discorso non cambia.
Ti sei mai chiesto perché esistono così tante diete?
Molte sono in netto contrasto l’una con l’altra.
Chi parla solo di proteine, chi invece prevede solo frutta e verdura, chi inneggia ai grassi, ognuna dice la sua.
Come mai accade questo?
Succede perché ognuna di esse estremizza un concetto e lo generalizza imponendolo a tutti come unica e vera soluzione.
Purtroppo non è mai così.
Prendiamo per esempio le diete iperproteiche. Dicono il vero, se mangi in quel modo cioè solo carne e grassi e niente cereali, frutta e verdura, dimagrisci veramente. Rapidamente perdi peso.
Il prezzo da pagare?
Molto alto. Reni e fegato vanno in tilt, ti riempi di tossine e alcune persone per uno scherzo del genere sono anche decedute.
Però sono dimagrite!
Nessuna dieta ha ragione al 100%.
Sai perché?
Perché tu come me sei diverso.
Se veramente hai a cuore la tua salute e ne comprendi l’importanza, dovrai metterti in animo di costruire tu stesso il tuo particolare stile alimentare senza delegare a nessuno questo delicatissimo compito.
In questo non dovrai mai seguire le mode, quegli atteggiamenti tanto cari agli speculatori della salute, che troppo spesso dicono e scrivono affermazioni mai supportate da credibili dati scientifici.
Vendono, al pari del mondo dei cosmetici, piacevoli illusioni a caro prezzo.
La ricerca della salute vera inizia da qui.
MEDICINA E TECNOLOGIA
Fritjof Capra, fisico e saggista austriaco, nella sua opera “Il tao della fisica” (Adelphi, 1984) scrive che la medicina si è incanalata nel tunnel della tecnologia scientificamente avanzato, sempre più lontani da quelle concezioni olistiche della salute e della malattia che pure avevano attraversato l’intera lunga storia della medicina.
A seguito di questa impostazione, il concetto di cura è stato trasposto dal piano dell’aiuto, del sostegno, dell’accompagnamento nei momenti di crisi, difficoltà, debolezza incarnati nella malattia, al piano dell’intervento chimico (con i farmaci), meccanico (interventi chirurgici), elettromagnetico (esposizione a radiazioni), inserendo un baratro di tecnicismo e alta tecnologia tra paziente e medico, allontanando quest’ultimo dalla missione originaria della disciplina, codificata nel Giuramento di Ippocrate.
La continua specializzazione scientifica e tecnologica della medicina ufficiale ha progressivamente espropriato i cittadini della loro capacità di ascoltare e valutare i propri sintomi, rendendoli inerti, passivi e dipendenti dalle diagnosi sempre più tecnologicamente avanzate della medicina stessa.
La delega del proprio stato di salute alla medicina ufficiale si accompagna all’idea che solo essa è in grado di fornire rimedi, soluzioni, benessere o almeno riduzione del malessere. Inoltre il suo giudizio viene considerato sempre basilare e prioritario.
L’eliminazione del sintomo rientrerebbe secondo Illich nel sistema delle liturgie sociali che sollecitano continui bisogni collettivi per giustificare la presenza e l’operato di chi poi quei bisogni deve soddisfarli, come dire che la medicina ufficiale, con i suoi avanzamenti scientifici e tecnologici, ha imposto silenziosamente un modello comportamentale fatto di controlli, esami, farmaci, interventi chirurgici, profilassi, ponendo gli individui in condizione di dipendenza.
Infine le persone non hanno voglia di impegnarsi seriamente per la loro vita. Discutono, parlano, si agitano ma poi tendono a ripetere sempre gli stessi schemi, proprio quelli che hanno generato il problema.
I PIÙ COMUNI FRAINTENDIMENTI DELLA MALATTIA
- La malattia NON è la ricerca di un nuovo equilibrio: è esattamente il contrario, la malattia è la perdita di un equilibrio che va riconquistato.
- La malattia NON è un dono: siamo noi che siamo caduti nella sua trappola e che ci siamo fatti del male. Niente a che vedere col concetto di dono che rimane un atto di dare a qualcuno qualcosa senza esigere niente in cambio. Il donare richiede coraggio, energia, intelligenza, amore, non certamente necessarie per ammalarsi.
- La malattia NON è la risposta più intelligente, saggia, efficace che ciò che siamo è capace di dare in quello specifico momento a uno stato di insoddisfazione, malessere, crisi: non è una risposta ma il risultato di uno o più errori, distrazioni, malversazioni che abbiamo commesso o subito e dei quali non ci siamo accorti.
- La malattia NON trova la sua spiegazione nelle sole esigenze economiche degli imperi farmaceutici mondiali: alla radice c’è un’esigenza di potere nel mantenere le persone prive della loro interiorità al fine di gestirle con profitto per i propri interessi.
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FINE PRIMA PARTE