La maggioranza di chi non si piace appartiene al mondo femminile.
Anche la mia esperienza mi conferma il dato che emerge da una ricerca condotta da alcuni specialisti del dipartimento di chirurgia plastica ed estetica dell’Università di Ankara, in Turchia.
Detta ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica “Aesthetic Surgery Journal”. Il team di ricercatori ha studiato le reazioni di duecento donne che si guardavano il viso allo specchio, di età compresa fra i 20 e i 60 anni.
Spesso la donna vede solo i difetti di se stessa, sminuendo la considerazione della propria immagine esteriore.
I risultati della ricerca confermano che quasi una donna su due tra i 20 e i 60 anni, davanti allo specchio, non si piace. A 25 anni la prima cosa di cui non è soddisfatta sono il naso (26%) e il tipo di pelle (24%). Il 42% non è contenta del naso che considerano troppo prominente e il 48% lo vorrebbe ritoccare col bisturi.
Del loro viso riflesso allo specchio, le donne considerano invece attraenti le labbra (36%). A 35 anni osservano in modo critico tutta la pelle (36%) e in particolare quella del contorno occhi (26%) mentre apprezzano lo sguardo (24%). Non accettano ancora il naso (28%) e lo vorrebbero rifare (32%). A 45 anni alla prima occhiata controllano la regione periorbitale (40%) e il tipo di pelle (24%). Hanno fatto pace col loro naso, qualcuna lo giudica attraente (20%) ma si preoccupano per lo sguardo e la pelle che circonda gli occhi perché le fanno apparire più vecchie (30%). Infatti, vorrebbero ritoccare quest’area (36%).
A 55 anni il nuovo cruccio è la linea della mandibola che scende per forza di gravità e le invecchia (34%). Vorrebbero modificarla il 30% delle donne. Preoccupa anche la zona degli occhi (34%) e la vorrebbero migliorare il 34%.
Billur Sezgin, chirurgo plastico e responsabile della ricerca, afferma: «Moltissime donne allo specchio notano i punti deboli, ma il giudizio negativo cambia con gli anni. Il campione osservato ha come riferimento di bellezza donne più giovani. Si tratta di un paragone non salutare e scoraggiante che le spinge sempre di più dal chirurgo. Il 20% delle donne che va sotto i ferri ha disordini psichiatrici e di queste l´80% è depressa. I medici devono selezionare solo le candidate ideali per non creare attese irrealistiche».
Il fatto di non piacersi può addirittura sfociare in una patologia conclamata chiamata “dimorfismo corporeo”, quando si va oltre la semplice fissazione sul proprio aspetto esteriore, e accusa “difetti” corporei che non ha nella realtà, oppure ingigantisce difetti realmente presenti.
Comunque vede cose che non ci sono, ed è un sintomo grave, da affiancare al versante psicotico. Spesso tale disagio nasconde un disturbo di personalità.
Il dimorfismo è una patologia poco nota tra la gente comune. Pertanto chi viene a soffrirne rischia di non riconoscerla come tale e di sentire le sue ossessioni come ancora più vere.
Queste poche righe ci mostrano come l’aspetto esteriore sia intimamente legato all’interiorità della persona.
Intanto occorre precisare che bello o brutto sono due astrattismi indefinibili, sono delle convenzioni sociali che per sua natura non può essere oggettiva, altrimenti s’imporrebbe per sua natura.
I due aggettivi “bello” e “brutto” sono dettati dalla morale, dal senso comune e appaiono totalmente slegati dalla realtà oggettiva. Se la maggioranza delle persone considerano bello un certo aspetto, è solo dovuto ai condizionamenti che la società promuove nelle menti attraverso i suoi mille canali, non ultimo la pubblicità della moda, del fitness, dei cosmetici, dell’inseguimento della perenne giovinezza.
Tutto è costruito per adeguarti a un modello esterno, ritenuto il migliore per tutti. Ma siamo davvero tutti uguali? No. Assolutamente no. Ognuno è diverso, unico e irripetibile.
Allora com’è possibile che un modello esterno, imposto in via generale, possa essere accettato da tutti con soddisfazione? Questo è il punto fondamentale. L’unicità della persona non si limita al suo aspetto esteriore ma va ben oltre. Quando l’individuo ha perso il contatto con la sua parte più vera, è costretto a vivere in modo difforme dalla sua originaria natura. Così cerca soluzioni al di fuori di sé, e crede che ciò lo farà sentire bene perché adotterà scelte condivise dalla massa.
Questa si rivelerà un’illusione gigantesca.
Considerato che il sesso femminile è più incline a questa problematica, affronterò l’argomento da quest’ottica.
Ho conosciuto molte donne e quelle che possedevano se stesse erano tutte attraenti e piacevoli. Una donna che sa chi è non può mai essere brutta. È impossibile!
Se avrà il seno piccolo o abbondante, non avrà molta importanza, perché quello è il suo seno, e come quello non ne esiste nessun’altro. Se avrà le cosce più grandi, o il lato B in un certo modo, lo saprà comunque portare e rendere apprezzabile, indipendentemente dai dettami sociali imposti. Una donna che si conosce non può fare a meno di amarsi ed è per questo che è sempre bellissima, ha una luce che emana non solo dagli occhi ma da tutta la persona che conquista l’anima di chi guarda (se la possiede).
Un altro punto importante di cui tenere conto è che se la donna non si piace è più disponibile a concedere il proprio corpo anche a soggetti che non ne faranno un buon uso. Mi spiego meglio.
Essere scissi da se stesse fa in modo che il corpo resti un agglomerato biologico senza la presenza di quella profondità e sensibilità propria della presenza di se stessi, della propria consapevolezza di essere unici, della propria anima, riconosciuta e amata.
Inoltre favorisce le relazioni sbagliate, superficiali e non funzionali.
Molti uomini apprezzano il corpo femminile per quello che vedono: seni, curve, fondoschiena, ecc. Non hanno la necessità di “sentire” oltre quel corpo. A loro non interessa conoscere le vette intime di quella donna e caso mai aiutarla a raggiungerle.
Sono attratti e pienamente soddisfatti dall’apparenza della carne, altro non vedono. Certe sensibilità sono forme elevate d’intelligenza e non tutti le possiedono. Non possono.
Per una donna cadere in questa trappola va a decremento della femminilità intesa nel suo senso più elevato e la confina a non crescere, a non migliorare se stessa, a continuare a commettere errori nei confronti della sua parte più vera, a stabilizzarsi in uno stereotipo.
Un uomo che non si cura dell’anima della sua compagna è sempre e solo deleterio. Non esiste crescita, non c’è evoluzione.
Personalmente consiglio sempre alcune riflessioni per uscire da questo problema. L’insoddisfazione di sé fa capo a un conflitto interiore. È necessario comprendere che cosa manca davvero. Se una donna col seno molto abbondante si vergogna, lo copre continuamente, farà in modo che tutti osservino ciò che intende nascondere. Tutti lo guarderanno, proprio perché lei non lo vuole vedere. Se inizierà ad amare quel seno, a esserne fiera, ecco che non sarà più il seno prosperoso ad attrarre maschietti meccanici e vuoti ma saranno uomini veri che si avvicineranno per amare ciò che permea quel seno, l’anima di chi lo detiene.
Acquisire consapevolezza di queste dinamiche “libera” la donna da una sofferenza e da un senso di fallimento davvero esagerati.
La consapevolezza di quanto sopra deve poi portare a un cambiamento di visione e di comportamento.
È senz’altro piacevole interagire con persone belle, anche perché in conformità a dei meccanismi non consapevoli, noi siamo portati a pensare chi è bello è anche buono, e chi è brutto, è anche cattivo. È un paradigma banale ma molto frequente. Tutta la pubblicità è fatta usando persone belle e piacevoli secondo il senso comune. L’importante è riservare al concetto di bellezza il valore che merita.
LA VERA BELLEZZA È SEMPRE LA CONSAPEVOLE AZIONE DELLA UNICITÀ DI SE STESSI.
Khalil Gibran (1883-1931) poeta e scrittore libanese, ha scritto: «Gli altri uomini vedono in te una bellezza che dileguerà più veloce dei loro anni. Ma io vedo in te una bellezza che non svanirà, e nell’autunno dei tuoi giorni quella bellezza non avrà timore di guardarsi nello specchio, e non ne riceverà offesa. Solo io amo in te ciò che non si vede».
Maurizio Fani