1. I TRE MACROTIPI DI PARTNER
  2. IL VERO RICERCATORE
  3. UNA DIVERSA PERCEZIONE
  4. LA COMUNIONE
  5. CONCLUSIONE

 

La verità di se stessi è una terra che si mérita attraverso una lotta interiore, che porta il soggetto oltre la sua struttura psicologica spesso costituita da una bassa istintualità programmata, oltre a tutti i condizionamenti e i meccanismi omologanti, per giungere alla conoscenza di sé, unica via per la felicità.

Occorre farsi largo attraverso il silenzioso veleno dell’ignoranza e della pigrizia, che soffocano il nostro spirito come una coriacea ragnatela, impedendo la libertà di Essere.

L‘inflessione richiesta è l‘assoluta convinzione che tutto l‘universo non vale un nostro singolo atto conoscitivo, e che la finalità ultima non è il disperdere nella creazione noi stessi, ma raccogliere la creazione in noi stessi, fino a diventare perenni costruttori di ciò che siamo, creare fuori ciò che siamo nell’intimo.

Questo processo rende l’essere umano “eccezionale”, cioè molto diverso dalla massa.

L’eccezionalità pretende la solitudine poiché prendersi cura evolutivamente di se stessi è già un compito assai gravoso e quasi sempre, permettere a un partner di stare al nostro fianco, comporta dei rallentamenti se non addirittura delle regressioni.

Questo accade per tre motivi principali che elenco qui di seguito partendo dal più problematico.

 

1) I TRE MACROTIPI DI PARTNER

  1. A) TOTALE INCONSAPEVOLEZZA

Il partner scelto è molto indietro, è invischiato in problematiche complessuali importanti, in condizionamenti pesanti oppure è gestito inconsciamente da altre intenzionalità, è malato psichicamente e/o fisicamente. In questo momento necessita della sua deviazione, della sua patologia psichica o fisica. Non ha ancora detto no al suo errore ma soprattutto non ha accolto in sé la proposta della vita.

 

2) PARZIALE INCONSAPEVOLEZZA

Il partner scelto è pigro e non interessato a una vera crescita e a un serio impegno per se stesso. Gli piacerebbe, riconosce la validità di questa impostazione ma non manifesta una volontà vera unita a un impegno costante e costruttivo. Non osa e non rischia, ha paura. I suggerimenti di miglioramento dopo un po’ vengono percepiti come “fiato sul collo” come controllo e non come spinta a Essere. Si dedica a attività di volontariato, di solidarietà o discipline olistiche spicciole che non richiedono una severa messa in discussione, proprio per sfuggire da se stessa.

In questo momento ha bisogno della sua banalità, del suo non-fare. 

Il solo osservare una situazione più evoluta lo fa cadere in depressione perché considera tutto questo come “tanta roba” che non riuscirà mai, secondo lui, a raggiungere. Resta sopraffatto da tutto quello che si accorge di non Essere e di non fare, ma non compie alcuna azione concreta per invertire la rotta.

 

  1. C) PARZIALE CONSAPEVOLEZZA

Il partner scelto sa di non essere AL LIVELLO CHE GLI SPETTA PER NATURA ma si adopera con tutto se stesso per colmare le proprie lacune. Ciò non vuol dire che deve Essere uguale all’altro. 

Assolutamente no. 

Lui deve sempre Essere e fare se stesso, lavorare sulla sua unicità e non certamente uniformarsi all’altro. L’importante è che sia sul suo sentiero di luce, poi a quale altezza del percorso conta poco. Quello che vale è l’indomita intenzionalità a creare il bene, il buono, il bello per se stesso.

Per ovvi motivi non ho trattato chi è molto consapevole (totalmente non si può dire). In questo caso non c’è niente da temere.

Come comportarsi?

Nel primo caso ogni commento è superfluo. 

Con una persona simile la disfatta è sicura. 

Patologie fisiche e psichiche, disastri finanziari, incidenti di ogni tipo, sono alla porta. I sogni certamente segnaleranno il problema (cani, gatti, mostri, alieni, aerei, elicotteri, wc, escrementi, ragni, topi, insetti, lucertole, incidenti, ecc). Situazione da abbandonare istantaneamente. Non si deve mai colpevolizzare nessuno ma se ti ami non puoi tollerare niente di simile. Alla fine rimanere in determinate circostanze è un atto di disamore nei propri confronti.

Nel secondo caso il tentativo che alcuni fanno è quello di insistere per vedere di “dare il la” all’altro. 

Fatica sprecata! 

E in questa fatica se non si pone la massima attenzione, ci si possono lasciare ugualmente le penne.

Incidenti, problemi improvvisi, perdite finanziarie possono sempre capitare. I sogni saranno simili a quelli sopra accennati. 

Per esperienza vissuta so bene che nulla potrà aiutare un altro a comprendere la sua grandezza (potenziale) FINO A FARLO AGIRE. Quelle rare volte che mi sono cimentato in questa impresa l’ho fatto, oltre che per sincero amore, per vedere fino a che punto mi potevo spingere. 

Un ricercatore vero non ha timore di capire ed è disposto a pagare dei prezzi per meritare un avanzamento di conoscenza.

Del resto possiedo gli strumenti per fermarmi al momento giusto, e i danni sono sempre stati contenuti (piccoli incidenti senza coinvolgere nessuno, tempo speso male, qualche acciacco, un po’ di denaro sprecato, nulla più). Il risultato però È SEMPRE STATO NEGATIVO. 

Questo vale esclusivamente per la mia esperienza naturalmente, non sto generalizzando né posso affermare che è e sarà sempre così. Diciamo che questa vuole essere solo un’informazione sulla quale ti invito a riflettere tutte le volte che ti troverai in situazioni simili, quanto meno per correre al riparo in tempo utile, limitando le perdite.

L’ultima situazione invece è molto diversa.

Potrebbe anche trattarsi di una opportunità importante da non perdere ma dobbiamo fare delle attente considerazioni prima di intraprendere un percorso a due e puntare a una comunione.

Abbiamo accennato al concetto di “ricercatore vero”. 

 

2) IL VERO RICERCATORE

Vediamo nello specifico che cosa intendo con queste parole. 

Ogni persona che ama e desidera conoscere se stesso è un ricercatore autentico. 

La ricerca che porta avanti ininterrottamente è causata da una estrema curiosità di partenza che trae energia e forza unicamente dal piacere di ricercare. Non sono le finalità che motivano l’azione ma il piacere che se ne trae. 

Jaak Panksepp (1943-2017), psicologo americano, ricercatore in neuroscienze ha avuto il merito di identificare sette sistemi emotivi presenti nei mammiferi e nell’uomo. Fra tutti emerge il SISTEMA DELLA RICERCA, DEL DESIDERIO E DELL’EUFORIA, legato alla dopamina, anche noto come il “circuito del piacere e del rinforzo”.

Neuroscienziati ed etologi hanno dimostrato che l’atto di cercare attiva sempre i meccanismi di ricompensa. Si è anche scoperto che il maggiore quantitativo di dopamina viene rilasciato al momento della ricerca e non al raggiungimento dell’obiettivo. Ricercare fa stare molto meglio, attiva maggiori connessioni neuronali che si tramutano in velocità di pensiero, prontezza nei collegamenti e intuizioni.

Dona tutta una serie di effetti benefici alla persona.

Il sistema della ricerca è fortemente collegato alla dopamina ma è molto di più che una semplice attivazione di un neurotrasmettitore.

È un complesso meccanismo generatore di conoscenze e di idee.

La curiosità e l’impegno nel soddisfarla sono alla base di uno sviluppo armonico dell’intelligenza umana e quindi della comprensione.

La ricerca ama lo stupore di se stessa.

Le persone hanno perso la capacità di stupirsi. 

Vivono livellate su piani razionali stereotipi e non godono di quel “sale della vita” che è il meravigliarsi. Sono capaci di cogliere solo la banalità dell’apparenza e non il mondo affascinante che sta subito dietro.

Un vero ricercatore è incostante, non specializzato, pronto ad ammirare e cercare di comprendere tutto il mondo intero. Non è settoriale e non ha motivazioni finalistiche se non quella di conoscere nell’intimo ogni cosa in sé.

È assolutamente discontinuo e non lo fa per i soldi o per il potere. 

Lo fa perché gode di un piacere incommensurabile (dal latino mensurabilem = che si può misurare, ma siccome abbiamo la particella iniziale “in” che ha valore di negazione, il significato ultimo è: che non è possibile misurare).

Leonardo da Vinci incarna pienamente lo spirito del vero ricercatore, assai noto per aver rifiutato tantissimi lavori, per l’incostanza e per essersi interessato di ogni possibile conoscenza. Inoltre era un iniziato come del resto lo erano tutti gli artisti del tempo e certamente possedeva qualità sensibili di primissimo piano.

Su questa splendida figura ci torneremo in chiusura.

Il ricercatore sta sempre ben attento a non cadere nella trappola della perfezione, acerrima nemica del bene. 

Mira al buono, al bene, al bello, non al perfetto. 

È molto attento e scrupoloso nel porre le domande migliori. 

Le domande intelligenti sono il suo pane e rappresentano la più importante chiave della conoscenza che ha a sua disposizione.

Abbiamo visto la capitale importanza del ricercare come partenza.

Adesso proviamo ad indagare le basi sulle quali fondare il proprio cammino evolutivo, al fine di conoscere che cosa dovremmo mettere in comunione con un altro.

 

3) UNA DIVERSA PERCEZIONE

Quando il ricercatore vero si affaccia al suo sentiero di luce molte cose mutano, in particolare la coscienza.

Ogni sua azione è consapevolmente un atto magico, che si prefigge di conoscere, influenzare o dominare se stesso e gli eventi, con la volontà.

La massa difetta nella percezione. 

È interiormente scissa da se stessa, e portatrice di un pensiero arrogante che già tutto sa, non ha dubbi ma solo certezze. Ciò le rende preclusa la possibilità di comunicare con la parte divina interiore, senza la quale siamo solo dei burattini.

La loro percezione è totalmente condizionata dall’illusione di Essere con l’identificazione in tanti falsi io e non nel Punto Zero, epifenomeno dell’anima.

Il vero ricercatore invece è continuamente in comunicazione con la sua parte più vera, la ama, la vuole conoscere a ogni costo e da essa trae ispirazione per l’intera sua esistenza.

Vive in una dimensione molto diversa rispetto alla massa. 

Ha sempre uno zampino nel trascendente, nell’oltre.

È costantemente in presenza della propria anima come fatto concreto e sintetizza questo attraverso l’esperienza continua dell’intuizione, dell’arte di sognare e dall’osservare le dinamiche invisibili dell’esistenza.

Egli è nella totalità della sua esperienza, non vi è differenza tra lui che ricerca e il ricercato. Lui è ciò che fa, che pensa, che studia, con una coerenza estrema. 

Sa bene che non esiste “altro” al di fuori di se stesso, si sente intimamente in comunione con l’Essere.

Considera la vita come un “atto sacro” con il quale egli si rivolge all’Essere, alla luce di un innato spirito di gratitudine per i doni ricevuti.

Il trascorrere della vita si trasforma in una perenne preghiera che deflagra il dannoso potere della mente condizionata e serva. 

Mantiene sempre aperto il varco con la propria anima, rompendo gli schemi che vogliono l’uomo passivo, addormentato, succube degli eventi e incapace di essere felice.

Uno schiavo inconsapevole!

La visione di questo stato di coscienza, è quella di un dialogo diretto con la vita. 

L‘opera in oggetto presuppone necessariamente l‘aver sviluppato una data e rara qualità, oltre a possedere adeguate inflessioni e conoscenze.

La qualità, di cui parlo, è l‘enucleazione, o sdoppiamento, coscienziale, attraverso cui siamo sempre oggetto e soggetto di osservazione e studio, tramite cui possiamo sprofondare in qualsiasi accadimento, per quanto emotivamente provante, traendo il massimo beneficio esperienziale, immunità psico-fisica, ampliamento di conoscenza e coscienza. 

 

4) LA COMUNIONE

Quando una persona punta a essere se stessa è eccezionale. Cioè fa eccezione alla regola che omologa l’umano su dei piani stereotipi privi di vita.

Molti pensano che questa eccezionalità sia un impedimento a vivere una relazione affettiva.

Non è così.

La soluzione si chiama “comunione”.

Il termine comunione deriva dal latino communis = partecipazione di una cosa o più con un altro o altri, per uno scopo preciso.

La comunione è il fondamento dell’armonia tra due persone. 

Partecipazione intima, spirituale. 

La comunione è la condivisione di quella fiammella interiore che proviene dall’Essere.

Si rischia tutto.

Vediamo di collegare i fili tra loro.

La Comunione, secondo la visione religiosa della Chiese cristiane, è l‘eucarestia o santa cena, cioè il sacramento istituito da Gesù durante l’ultima cena, alla vigilia della sua passione e morte. 

Il termine deriva dal greco eucharistô = ringrazio, rendo grazie.

 

Nell’ultima cena, secondo l’interpretazione cristiana del racconto dei vangeli, Gesù distribuì ai suoi discepoli il pane e il vino come suo corpo e suo sangue offerto come sacrificio, incaricandoli di fare lo stesso in sua memoria.

Questa condivisione ha il significato di “comunione”.

Corrisponde a un distribuire se stessi.

Mi sembra ovvio che sia altamente pericoloso farlo con persone sbagliate.

Ma è stata veramente una Comunione quella a cui Gesù ha partecipato insieme agli apostoli ?

Rivolgiamo l’attenzione al già citato Leonardo e analizziamo solamente alcuni punti del suo spettacolare affresco raffigurante l’ultima cena.

Tieni sempre presente che a me interessa focalizzare la tua attenzione sul concetto di Comunione.

Leonardo è sempre stato molto attento nelle sue opere a non esporsi all’accusa di essere un eretico. Ciò nonostante non ha mai amato la Chiesa e in ogni modo lo si capisce dalla lettura simbolica del suo affresco (oltre che dai suoi scritti allegorici).

Per cortesia osserva attentamente l’affresco. 

Ora ti accennerò solo tre punti che ti faranno certamente riflettere sul concetto di “comunione”.

 

  1. a) LA FIGURA DEL CRISTO

Guarda bene la figura di Gesù Cristo. 

Ti sembra felice come uno che vive in comunione con altri?

No, non lo è.

È di una tristezza assoluta. Gli occhi semichiusi, la bocca leggermente aperta come se stesse spirando, la testa leggermente reclinata. Leonardo ha immortalato quel passo del vangelo dove Cristo comunica che qualcuno lo tradirà. 

Il Cristo è solo. 

Come sempre l’eccezionalità, la grande differenza, comporta la solitudine.

Appare insolitamente in controluce, segno della sua tristezza, inizio della sua agonia interiore.

Nell’affresco la figura del Cristo rappresenta il sole, mentre tutti gli altri apostoli rappresentano i 12 segni zodiacali, le quattro stagioni, le virtù teologali.

Osserva la struttura piramidale del Cristo. Sembra un triangolo equilatero. Richiama la simbologia della lama, ciò che penetra, l’energia maschile.

 

  1. b) LE FIGURE DI PIETRO E DI GIOVANNI

Pietro che in altre rappresentazioni dell’ultima cena è sempre stato messo in chiara evidenza, qui non lo è.

Pietro è il primo pontefice, il capo della chiesa, IL PERSONAGGIO PIÙ IMPORTANTE DOPO GESÙ ma i tratti fisiognomici che lo contraddistinguono attestano una doppiezza e una falsità.

Se osservi la sua figura vedi che spunta nella sua mano un coltello ricurvo da pescatore e con l’altra punta il dito indice alla gola di Giovanni.

Tale atteggiamento rende tutto innaturale, ambiguo, indiretto e falso.

Perché Leonardo ha voluto rappresentare il capo della chiesa, il primo pontefice in questo modo?

Giovanni è sempre stato il discepolo prediletto di Gesù. 

Da sempre riferimento nascosto per quanti immaginano un’altra Chiesa, non temporale ma interiore.

Giovanni era l’uomo che Pietro e Paolo dovevano temere. 

Lui non delegava a un salvatore esterno la sua salvezza ma intendeva una salvezza interiore.

Comprensibile la volontà di Leonardo di portare avanti questo aspetto, molto più vero, rispetto alla temporalità della Chiesa.

Pietro indica la gola di Giovanni in maniera minacciosa, il luogo della parola, il chakra che ha a che vedere il apporto con la Verità. E questo indicare, così dolce, contrasta con l’aggressività del viso di Pietro.

 

  1. c) IL GIOVANNI O LA MADDALENA?

Le fattezze femminili e adolescenziali di Giovanni benché comuni a quel tempo hanno fatto propendere molti esoteristi nonché Dan Brown, a vedere in quel personaggio la figura della Maddalena, alla quale Gesù avrebbe affidato preziosi segreti.

Con questa ipotesi si spiegherebbe la “V” che si vede chiaramente tra lei e la figura del Cristo. In questa posizione richiama il calice, ciò che contiene, l’energia femminile.

I due simboli della lama e del calice, farebbero intendere che una comunione tra i due esisteva. Infatti sono gli unici due che hanno volti spiritualmente elevati e non divorati dalle umane pulsioni come tutti gli altri apostoli.

Gli apostoli sono affogati nella psicologia, Gesù e la Maddalena si alzano in volo rispetto alla massa.

Adesso metti insieme queste riflessioni e avrai un quadro reale di quello che dovrebbe essere una comunione d’amore.

 

5) CONCLUSIONE

Una comunione è possibile ma solo tra individui simili.

Si può essere in comunione con un partner solo dopo che sei entrato in comunione con la tua anima. Da lì puoi condividere la piccola fiammella che abita dentro di te e che proviene dal fuovco sacro dell’Essere.

Due persone possono vivere una comunione solo se entrambe si identificano nell’Essere e nella volontà di divenire ciò che sono..

Essere in comunione significa aprire il proprio intimo all’altro che quasi sempre è predatorio e vampirico.

L’eccezionalità affascina, piace, entusiasma.

Molti dopo averla assaggiata la pretendono.

Esigono l’esclusività, si autoproclamano al livello di eccezionale senza aver mai maturato le indicibili fatiche, le sofferenze e l’impegno che invece hanno contraddistinto una vita di un individuo che ha solo cercato, in mezzo ai propri errori e limiti, di capire chi fosse e divenire di conseguenza.

Si tratta solo di possesso, dominio, affetto di bassa lega, NON DI AMORE.

Colui che è disposto a seguirti nel percorso interiore che ti ho accennato è sicuramente degno di attenzione. Ciò non toglie che ti invito alla attenzione più assoluta e presente.

In questo sintetico articolo ho cercato di evidenziare gli aspetti che per mia esperienza diretta indicano la strada dell’essere umano vero, autentico, disposto a qualunque sacrificio per portare a termine il proprio progetto di natura. 

Cosciente e fiero di poter affermare: «IO SONO».

 

Maurizio Fani

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