Ringrazio tutti quelli che hanno accolto il mio post del 20 settembre che mostrava come la femminilità è la prima nemica della donna.

Ho ricevuto alcuni commenti che hanno fatto trasparire una smisurata attenzione al concetto di vittima con tutto quello che ne consegue a livello di emozione, senza per questo capire dove realmente sta l’errore.

Si tende troppo spesso a considerare la vittima come assolutamente estranea al gioco perverso che è messo in atto a suo danno. Così facendo si occulta la principale causa che permette l’azione vessatoria. La conseguenza sarà che quelle persone che non riescono a staccarsi da un simile cliché mentale, saranno facili prede di malintenzionati.

Per questo motivo pubblico alcuni brevi stralci dell’analisi che nel tempo ho fatto di un famosissimo film, “Gas light” (Angoscia) di George Cukor, noto per essere spesso preso ad esempio del narcisismo patologico e della manipolazione psicologica all’interno di una relazione di coppia. Il titolo del film deriva da un’opera teatrale del 1938 “Gas light” (“luci a gas”), da cui è nata la versione cinematografica del 1944.

Le trame descritte sui libri o in internet che puoi trovare, parlano tutte di un omicidio di una famosa cantante lirica e della nipote quattordicenne che ha dovuto trasferirsi in Italia, sul lago di Como, per dimenticare il triste accaduto.

Attenzione a questo punto. La storia prende corpo da quando il maestro di canto Guardi, che era lo stesso maestro della zia deceduta, “libera “ la ragazza dall’impegno del canto poiché si accorge che è assente e distratta nei suoi esercizi canori. Facilmente comprende che è intervenuto qualcosa. 

Lei confessa che è innamorata.

Da questo punto assistiamo alla messa in campo da parte del pianista Gregory Anton, l’assassino della zia, di una perfida strategia manipolatoria per impossessarsi dei gioielli che non era riuscito a sottrarre alla zia della giovane, dopo averla strangolata.

Paula, allora giovanissima, lo aveva disturbato e lui era fuggito precipitosamente senza la refurtiva.

Il piano di Anthony consiste nel fare innamorare la donna, sposarla e farla impazzire fino a ricoverarla in manicomio, diventando, in quanto marito, il legale erede dei preziosi.

Anthony farà in modo che Paula perda la sua lucidità di analisi del reale, fino a auto convincersi di essere pazza. Lo scopo è metterla fuori gioco.

Ora è opportuno dividere l’approccio al film in due parti:

– La prima è quella che tutti considerano. Si concentra essenzialmente sull’aspetto patologico, sulla violenza premeditata esercitata su di lei per precipitarla nel baratro della follia. Questa è la più comune delle interpretazioni che “innalza” il ruolo della vittima e “stigmatizza” quello del carnefice.

– La seconda, che chiameremo responsabilità esistenziale, rappresenta le vere cause dell’accaduto, non è mai citata né spiegata da nessuno. 

Procediamo per gradi.

1) L’ASPETTO PATOLOGICO

Con certezza siamo di fronte a una forma di perversa violenza.

Il disturbo narcisistico di personalità è un disturbo riconosciuto dal DSM V (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) che è uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali o psicopatologici più utilizzati da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo, sia nella pratica clinica sia nell’ambito della ricerca. 

Attenzione, non va preso come verità assoluta. Semplicemente è una griglia standardizzata delle malattie mentali.

Questo per affermare che la patologia narcisistica è ben identificata.

In che cosa consiste?

Trae la sua origine da due aspetti principali:

  1. a) L’intenzionalità perversa del carnefice che si esprime attraverso una comunicazione manipolatoria;
  2. b) la dipendenza affettiva della vittima.

La comunicazione manipolatoria è esistita da sempre. Manipolare è sinonimo di ingannare, irretire, sviare ad arte in vista di obiettivi che spesso danneggiano il manipolato. 

La parola stessa deriva dal latino farmaceutico medievale, dove “manipulus” definiva la manciata di erbe medicinali da miscelare per fare un impiastro esterno. Il significato di solito è negativo, manipolare un testo vuol dire degradarlo, la manipolazione alimentare spesso è sinonimo di adulterazione.

Mentre la comunicazione influenza l’ascoltatore, la manipolazione usa i punti critici dell’altro per raggiungere un determinato scopo.

Naturalmente ciò non avviene in certe situazioni, dove la comunicazione è assolutamente di tipo manipolatorio. Per esempio durante gli interrogatori militari o polizieschi, nei campi di prigionia, nelle caserme, nella pubblicità, nel marketing, nell’informazione, nella politica e anche in tanti corsi di formazione, si usano strategie simili.

Prendendo in esame solo la manipolazione nelle relazioni personali nella coppia, esistono molti soggetti che hanno il bisogno assoluto di controllare l’altro. 

Questo si sposa con la necessità di essere accuditi dell’altra parte, che scambia queste attenzioni per affetto e amore.

La dipendenza affettiva è un modo (sbagliato) per ricercare fuori quello che non si trova dentro se stessi. Inconsciamente queste persone accettano la schiavitù ritenendola l’unica possibilità relazionale. Molti ricercatori hanno messo in rapporto le mancanze affettive sofferte nell’infanzia, con la dipendenza affettiva. Lo stesso risultato pare sia dovuto a relazioni problematiche uomo-donna vissute in ambito familiare.

Nel film “Gas light” sono presenti tutti questi elementi.

La trama descrive un uomo che per raggiungere il suo scopo mette in atto una strategia finalizzata all’eliminazione della donna, unico ostacolo tra lui e i gioielli per i quali ha, nel passato, uccisa la proprietaria e zia di Paula.

Egli vuole persuaderla di essere malata per ingenerare uno stato di confusione, cambia la posizione di alcuni oggetti della casa, le nasconde dei monili, fa sparire una lettera che la moglie gli ha dato.

Dopo, incolpa la moglie di queste azioni, causa la sua scarsa memoria. 

Il sadico gioco del dubbio, si snoda proprio attorno alle luci a gas, che si accendono e si affievoliscono, per mettere la vittima in una condizione di profonda incertezza e paura.

Ciliegina sulla torta Anthony le vieta di frequentare qualsiasi persona, la fa accudire da una governante che sembra più un’infermiera e la porta in posti lugubri come la Torre di Londra, nella quale sono state torturate e giustiziate diverse persone nel passato.

Insomma, le costruisce intorno una scenografia niente male.

Gli effetti di questa manipolazione sono evidenti:

PRIMA FASE = stato di confusione mentale, ansia, depressione, percezione di non essere all’altezza dell’altro.

SECONDA FASE = difesa della vittima che cerca di farsi ascoltare e che nega le sue responsabilità. Questo comporta un ulteriore inasprimento della strategia dello psicopatico marito nel mettere all’angolo in uno stato d’angoscia Paula.

TERZA FASE = caduta della vittima in uno stato di completa passività. Lei inizia a percepirsi come malata di mente bisognosa di cure e attenzioni.

Fino all’entrata in vigore della legge Basaglia (13/5/78) e la conseguente chiusura dei manicomi, molte delle persone brutalmente sottoposte ai trattamenti sanitari legalizzati dallo Stato, erano vittime di un narcisista patologico. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) è da sempre stato adottato come strumento per eliminare persone scomode dalla vita sociale e civile e seppellirle dentro i manicomi. Eredità, denaro, segreti familiari, gelosie, invidie, vendette, hanno causato in questo modo tanta sofferenza.

I dialoghi sono da notare attentamente. Per esempio, Anthony dice: «Sto perdendo troppo tempo, cercando di farti capire cose stupide ed elementari». La frase è molto manipolatoria dove per prima cosa lei ha la conferma che è stupida perché non capisce cose elementari. Poi è anche causa di perdita di tempo e noia. Il tono è sarcastico, abbastanza tipico di questi soggetti.

L’aspetto patologico nel film cesserà di sussistere quando Paula, aiutata da un amico poliziotto, si trova di fronte ad Anthony, legato a una sedia. 

Lui proverà ancora imperterrito a manipolarla ma senza riuscirci.

Lei finge di assecondarlo ma poi: «Se non fossi pazza, certo potrei aiutarti, qualsiasi cosa tu abbia fatto proverei compassione per te ma siccome sono pazza, io ti odio, io ti tradisco, siccome sono pazza, gioisco nel mio cuore senza un briciolo di rimpianto e ti guarderò andare via con il cuore che esulta. Signor Cameron porti via quest’uomo».

Finalmente recide la sua dipendenza affettiva dal marito!

Ha preso coscienza della sporca manovra che Anthony ha macchinato, del falso amore, della relazione finalizzata solamente all’acquisizione dei gioielli.

In questo film, Anthony non è un narcisista patologico come tutti asseriscono ma si comporta come tale. Semplicemente adotta una strategia per il raggiungimento di un obiettivo. Questo per far capire che non bisogna essere malati mentali per comportarsi così ma è sufficiente voler raggiungere un qualunque disdicevole scopo che arrechi danno all’altro. 

Basta avere bramosia di potere e dominio per ripercorrere comportamenti simili.

2) LA RESPONSABILITÀ ESISTENZIALE

Eccoci finalmente giunti alla parte più interessante del commento.

“Lucia di Lammermoor” è l’opera di Gaetano Donizetti (1797-1848) che Paula canta dal maestro Guardi.

La tragedia racconta la complessa vicenda sentimentale di Lucia, che è costretta a sposare un altro e non il suo amato. Lucia presa dalla pazzia uccide il novello sposo con un coltello. E, non più in sé, vaneggia credendo di prepararsi alle nozze con il suo amato, fino a morire.

Un’opera in sintonia col tema del film. Follia, disperazione e coltello compaiono nella trama.

Il maestro Guardi, interrompe Paula mentre canta e le dice: «Basta! Un momento signorina così non va. Paula lei non si concentra abbastanza, non pensa a quello che sta cantando. Per tutti questi anni ha lavorato tanto e bene, cosa le succede? Quest’opera è una tragedia. Una cosa che non riesce a capire a quanto pare. Ha mai sentito cantare sua zia la Lucia? Lei somiglia tanto a sua zia!»

Paula gli risponde: «Ma non canto come lei, lo so!»

Paula gli vuole parlare seriamente e dice che il problema è la voce. Ma il maestro Guardi la corregge: «Non è soltanto la voce, il problema, non mette più cuore quando canta mia cara. Ogni volta che viene qui è sempre più bella, sembra più felice e canta meno bene. Mi dica la verità, è innamorata?»

Ha capito tutto.

Ora facciamo un ragionamento.

La zia è assassinata quando lei aveva quattordici anni. Come minimo da quell’evento saranno passati otto o dieci anni. E una persona prende lezioni di canto da un maestro per tutto questo tempo per sbaglio?

Il maestro lo dice chiaramente che ha fatto bene fino a poco tempo prima.

Che cosa è successo?

Una relazione sbagliata può distruggere una vita intera.

Questo accade molto frequentemente, più di quello che si crede.

Relazione sbagliata perché aveva l’unico scopo di eliminare la donna, mentre un rapporto positivo tende a potenziare i singoli.

La scelta di abbandonare il canto è stata una decisione improvvida e ha spalancato le porte a tutta quella psicologia negativa di cui abbiamo potuto vedere gli effetti.

Durante tutto il film non si vede mai questa donna che ama fare qualcosa. Mai un gesto di piacere o d’interesse.

Se lei avesse continuato a cantare, probabilmente non sarebbe divenuta una stella come sua zia ma avrebbe costruito se stessa in armonia con un suo piacere. E non sarebbe stata così condizionata da un presunto amore che poi si è rivelato in tutta la sua falsità.

Se si fosse amata di più si sarebbe accorta della trappola.

Il poliziotto che l’ha aiutata è possibile che si sia innamorato di lei. 

Questo non lo possiamo sapere perché il film a un certo punto finisce ma le ha permesso di recuperare identità e forze. 

Senza di lui, lei sarebbe finita al manicomio oppure sarebbe morta.

Quest’aspetto non è mai portato alla luce e sai perché?

Perché è molto più facile lamentarsi che decidere di vivere la propria vita.

Le persone generalmente non amano impegnarsi esistenzialmente, preferiscono distribuire le colpe delle proprie sofferenze a destra e a manca piuttosto che riconoscere se stesse come le uniche artefici del loro vivere.

È proprio questo il concetto base sul quale lavorare in questi casi.

Nella mia vita professionale ne ho avuti moltissimi di casi simili a questo. 

Non erano tutte donne, c’erano anche diversi maschietti. E sai qual è stata sempre la mia più grande difficoltà?

Fare in modo che le cosiddette vittime, con evidenti prove alla mano, dicessero no ai loro aguzzini e pensassero a creare la loro unica e irripetibile vita. Invece la maggioranza aspetta la solidarietà sociale e la commiserazione. In questo modo restano fuori dall’unica possibilità che hanno per superare il problema: essere se stesse.

Questa è solo una breve sintesi di tutte le cose che ci sarebbero da dire ma credo sufficiente per innescare delle fertili riflessioni.

Per chi fosse interessato al film e ha difficoltà a reperirlo me lo faccia sapere, gli indicherò dove poterlo trovare.

 

Maurizio Fani

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