- L’UOMO COME MISURA DI TUTTE LE COSE
- IL SEGRETO DEL NUMERO 5
- IL DISEGNO DELL’UOMO VITRUVIANO DI LEONARDO DA VINCI
- LA SIMBOLOGIA DELLA TARTARUGA
- QUANDO PEPPINO INIZIA A DIVENIRE CONSAPEVOLE
- CONCLUSIONE
Film particolare che, nonostante il genere, che a me non piace, racconta una storia intelligente, capace di andare molto oltre gli aspetti che la critica ha sollevato.
Questo film è tratto da una “graphic novel” esattamente com’è stato fatto per il film “V for vendetta”. L’esperimento, a parer mio, è riuscito molto bene. Toni Servillo con Carlo Buccirosso e Valeria Golino, formano un cast coerente col tema trattato.
Igort, pseudonimo di Igor Tuveri, fumettista, sceneggiatore e regista, riveste l’insolito triplice ruolo di autore del fumetto, sceneggiatore e regista del film.
Una Napoli uscita dagli anni ’70, buia, piovosa e triste, fa da sfondo proprio come nel film di animazione “L’arte della felicità”.
Peppino Lo Cicero (Servillo) è un camorrista, un killer di basso rango, “in pensione”, molto attaccato al figlio Nino che ha seguito le sue orme.
Un giorno Nino, dopo che il padre gli ha regalato una “Colt Cobra 38 special”, attrezzo del mestiere, viene eliminato proprio da colui che avrebbe dovuto uccidere.
L’amore malato per il figlio assassinato si trasforma in rabbia e odio, in un attimo per l’anziano sicario tutto cambia.
Peppino decide di vendicarlo.
Scatena una guerra tra clan. Prima elimina il suo capo e poi affronta un altro boss.
Ad aiutarlo nel suo scopo l’amico di sempre, Totò O’Macellaio (Buccirosso) e la donna della sua vita, Rita (Golino).
Verso l’epilogo del film, pur potendolo fare, non ucciderà l’assassino di suo figlio ma lo lascerà andare.
Solo alla fine comprenderà di essere stato strumentalizzato dal suo migliore amico Totò.
i temi trattati sono quelli dei valori malavitosi, del rapporto padre-figlio, dell’amicizia, di un amore poco romantico ma molto vero.
Il finale a sorpresa dove Peppino si rende conto che è stato usato dal suo migliore amico, aggiunge un elemento che innalza la complessità e la qualità del messaggio di tutto il film: il valore economico del vivere.
Ma il film racconta la vita di un uomo che verso la fine cambia completamente modo di pensare e di agire, e inizia a porsi delle domande.
Un film sul cambiamento, sull’iniziale aumento di consapevolezza che mostra come l’uomo crea il proprio mondo a sua misura.
Ma è anche un film sull’uomo.
Peppino a un certo punto racconta a Rita di suo cugino Lino che faceva il poliziotto, e che era soprannominato “A Tartaruga” perché non faceva che ripetere:
«5 è il numero perfetto, cinque è il numero perfetto.
Due gambe, due braccia, e questa faccia.
Questa è casa mia.
Con questo intendeva dire che era indipendente e che non doveva rendere conto a nessuno, come la tartaruga».
Questa affermazione è pregna di un pensiero elevato che vede l’uomo a dover fare i conti per interpretare la vita con se stesso.
Uomo come parametro di comprensione e di misura della realtà che lo circonda.
- L’UOMO COME MISURA DI TUTTE LE COSE
Il principio enunciato da Protagora di Abdera, filosofo greco vissuto nel V secolo a.C., asseriva che: «L’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle cose che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono».
L’uomo è il metro, il giudizio di tutte le cose, Protagora prevede un principio di scelta, basato sull’utile, inteso come il bene del singolo e della comunità.
La realtà oggettiva appare differente in base agli individui che la interpretano. Platone nel “Teeteto” scrive: «quali le singole cose appaiono a me, tali sono per me e quali appaiono a te, tali sono per te: giacché uomo sei tu e uomo sono io».
È l’uomo che da valore alle cose che lo circondano, non sono le cose che hanno un valore. Su questa tesi esistono due interpretazioni diverse.
La prima interpreta la parola “uomo” come il singolo individuo, e la parola “cose” con gli oggetti che sono percepiti dai suoi sensi, quindi Protagora vorrebbe dire che le cose ci appaiono diverse secondo come vengono percepite dai singoli soggetti.
La seconda attribuisce alla parola “uomo” il significato di umanità e alla parola “cose” il significato di realtà in generale. Il filosofo intenderebbe dire che gli individui giudicano in base a parametri comuni tipici della loro specie ovvero il senso comune, quello che la massa pensa e crede.
L’uomo interpreta la realtà secondo lo stereotipo da cui è soggiogato.
Il messaggio di Protagora richiama alla responsabilità dell’uomo di fronte a se stesso e alla società.
Per capire che cosa io essere umano sto provando in questo istante in relazione a qualunque oggetto, evento o persona, avrò bisogno prima di capire chi sono io e come funziono.
Solo allora sarò in grado di avere una visione esatta della relazione che io sto intrattenendo con quell’oggetto, quell’evento, quella persona.
Altrimenti sarò costretto a interpretare il reale secondo le modalità generiche imposte dalla cultura e dalla società in generale.
In questo modo però i riferimenti saranno sempre falsati ed io mi troverò a prendere decisioni non in rapporto a ciò che veramente è ma ciò che io credo (erroneamente) che sia.
Da qui il successo o il fallimento, totale o parziale, della mia esistenza.
E questa capacità di gestire la “giusta proporzione” nella propria vita, una volta acquisita, ce la portiamo dietro proprio come la tartaruga fa con il suo guscio, che da una parte la protegge e dall’altra la rende assolutamente indipendente.
- IL SEGRETO DEL NUMERO 5
“5 è il numero perfetto” è un’affermazione che racchiude tutto il profondo significato di questo film.
Il numero 5 simboleggia la vita universale, l’evoluzione verticale, il movimento ascendente della consapevolezza, che può far passare per strade anche molto tristi e buie ma che alla fine hanno il compito di indicare la “giusta via”: la luce.
Il numero 5 è associato alla sperimentazione del cambiamento di stato.
Infatti, si trova a metà della serie che va dall’1 al 9. Siamo alla metà del cammino che porta l’uomo da una situazione inevoluta e materiale verso il divino, attraverso continue e repentine mutazioni.
Il simbolo del numero 5 è il caduceo, i due serpenti avvolti al bastone che indica il passaggio tra uno stato emotivo a un altro. Molto legato ad Hermes, Mercurio.
Legato alla quinta lettera dell’alfabeto ebraica “Hey” che significa intuizione e illuminazione, che può avvenire anche in seguito a pericolose trasgressioni.
Si riferisce ai tre stadi dello sviluppo della consapevolezza:
- “Hoi!” – il dolore della nascita che limita l’anima dall’infinito nel quale esisteva al confinamento del corpo.
- “Oh” – che indica la meraviglia e la gioia di quando si sviluppano i propri talenti naturali. La felicità è veramente al massimo quando scopriamo tutto questo mondo che è dentro di noi e di cui nessuno ci aveva mai parlato.
- “Hinè” – che tradotta significa ECCO! La rinascita interiore, l’immissione del divino nel quotidiano. Poter affermare ECCO IO SONO è la sensazione più bella che un essere umano possa provare.
Da una situazione animalesca si passa alla scoperta di se stessi per giungere alla propria realizzazione.
La capacità di parlare (Mercurio possedeva questa virtù), le componenti del parlare sono esattamente cinque: labbra, denti, lingua, palato, gola.
Dominando la comunicazione con se stessi è possibile evolvere.
- IL DISEGNO DELL’UOMO VITRUVIANO DI LEONARDO DA VINCI
Nella descrizione che fa Peppino del racconto di suo cugino poliziotto, possiamo ritrovare degli elementi del disegno Vinciano.
La sintesi del numero cinque la possiamo ammirare nel disegno di Leonardo “L’uomo vitruviano”.
In questo apparente semplice foglio Leonardo è riuscito a mettere insieme tre realtà:
- L’uomo con l’essere umano ritratto al centro, che simboleggia la condizione umana.
- Il quadrato – La terra con il quadrato, che evidenzia la condizione materiale, e terrena.
- Il cerchio – L’Universo, il Cosmo, la condizione divina. In realtà il simbolismo del cerchio é sia sovrumano sia umano. Il cerchio rappresenta la dimensione sia umana sia sovrumana, cioè la perfezione spirituale. Rappresenta il cielo in rapporto alla terra.
Tre realtà che si devono compenetrare.
Solo dall’osservanza della sintesi fra esse, emerge l’uomo nuovo, un uomo che si distacca dall’ordinario e si eleva per avvicinarsi al sacro che vive dentro di lui, riconoscendolo e amandolo.
L’uomo al centro che tocca contemporaneamente la parte materiale e la parte divina.
Uomo come mediatore tra il suo spirito e la realtà materiale circostante.
Siamo alla fine del XV secolo, in pieno Rinascimento.
Leonardo, erede della tradizione fiorentina rinascimentale, era convinto che l’artista dovesse giungere all’esperienza più vasta e profonda possibile della realtà, nel perenne ampliamento delle conoscenze verso lo svelamento del vero.
Il Rinascimento e prima ancora l’Umanesimo, possiamo considerarli come esercizi pratici di filosofia, di scienza, di arte e di economia fondati sull’importanza strategica della ricerca.
Elevazione delle facoltà umane attraverso la conoscenza e soprattutto l’esempio di chi ha personalmente vissuto la sapienza di cui è portatore.
Circa il disegno di Leonardo ci sarebbero moltissime altre cose da dire ma a me interessava richiamare l’attenzione su quella specifica frase, dal profondo significato nascosto.
- LA SIMBOLOGIA DELLA TARTARUGA
Se osserviamo attentamente la forma del guscio che la tartaruga possiede la parte superiore, che ‘copre’ l’animale, per la sua forma arrotondata simbolicamente corrisponde ancora una volta al Cielo e la parte inferiore, che lo sostiene, per la sua forma piatta corrisponde alla Terra.
L’intera corazza è perciò un’immagine dell’Universo, in sintonia con il principio ermetico del “come in alto così in basso”, e la tartaruga, posta tra le sue due parti, rappresenta naturalmente il mediatore per eccellenza: l’uomo.
Ma questo non è un uomo comune, l’uomo ordinario della massa.
Egli come mediatore è consapevole della pienezza delle possibilità umane poiché si trova al centro di “tutte le cose” (al centro del cerchio), perennemente tra cielo e terra.
Per la tartaruga è naturale trovarsi dentro la sua casa.
Così per l’uomo evoluto è naturale essere consapevole del suo cielo cioè delle sue potenzialità trascendenti, e della sua materialità, in altre parole rendere manifestamente concreto il suo cielo attraverso il suo “fare nel mondo”.
Adesso ti sarà certamente più chiaro il perché del soprannome “Tartaruga”.
- QUANDO PEPPINO INIZIA A DIVENIRE CONSAPEVOLE
Verso la fine Peppino non compie la vendetta tanto agognata facendo rimanere sbigottito il suo amico fraterno.
Risparmia l’assassino di suo figlio e lo lascia andare.
Mentre Peppino racconta gli ultimi eventi all’improvvisato barbiere, parla di se stesso e dice: «Il Peppino di una volta non lo avrebbe lasciato andare ma tutto a un tratto qualcosa si era rotto dentro, mi sentivo stanco, avrei voluto ritirarmi nel guscio come la tartaruga. E al momento fu un sollievo».
La simbologia del ritrarsi all’interno del proprio guscio, simboleggia la concentrazione nello stato dell’“uomo vero”; tale concentrazione costituisce poi la realizzazione della pienezza delle possibilità umane.
Il film si chiude con una profonda riflessione di questo criminale che testimonia un inizio di consapevolezza.
«Totò, mio amico fraterno, con cui avevo condiviso la mia intera carriera criminale si era servito di me per scatenare una guerra. Aveva fatto uccidere Nino mio sapendo che non sarei stato con le mani in mano. Avevo fatto il lavoro sporco e avevo favorito la sua ascesa a capo delle due famiglie rivali.
La vita mi aveva servito questo boccone amaro, rivestito del dolce del sole di quei giorni. Nella vita tutto si paga, in un modo o nell’altro e forse quello era il prezzo per vivere una vecchiaia tranquilla come qualcuno con la coscienza a posto».
- CONCLUSIONE
Un film interessante se osservato da una prospettiva simbolica che, fra le altre cose, mette in luce una donna molto particolare, ben lontana dallo stereotipo meridionale di “femmina del boss”.
La Golina interpreta una femminilità saggia e sempre sensuale che tende a capire il suo compagno e ad aiutarlo per come può e sa.
Lei non rimane sconvolta quando Peppino non ultima la sua vendetta.
E anche nel finale, quando lui si alza abbandonando il giornale sul quale aveva letto la notizia che gli ha fatto capire l’intera dinamica dei fatti, lei si limita a comprenderlo compassionevolmente. Gli sta accanto senza invaderlo e rispettando il suo dolore e allo stesso tempo gli fa dono della sua presenza attiva e affettuosa.
Nello sguardo di Rita c’è anche una grande soddisfazione.
Probabilmente tutto quello che è accaduto, aveva un fine.
Per la prima volta Peppino dopo una perenne inquietudine infinita, improvvisamente ha raggiunto una pace interiore.
E questo a Rita piace molto.
Ha placato la propria coscienza con la comprensione della realtà.
Maurizio Fani