DA PSICOLOGO A LIFE COACH
Indossare la veste del life coach al posto di quella dello psicologo, troppo legato alla medicalizzazione della professione, consente un maggiore spazio operativo e metodologico per rispondere alle domande del cliente e guidarlo al raggiungimento dei suoi obiettivi.
. Premessa
. Psicologo/psicoterapeuta versus life coach
. Scoprire e creare, non imitare
. Chi resta fermo e chi cambia
Premessa
È mia intenzione scrivere diversi post sul mondo della psicologia attuale. Come primo passo voglio indagare il perché uno psicologo e psicoterapeuta da qualche decennio come me decide di operare come life coach, non proseguendo più l’iscrizione all’Albo degli Psicologi della regione di riferimento. Ti confesso che in realtà l’ho sempre fatto fin dal primo giorno.
È innegabile che uno psicologo apparentemente si declassi per agire professionalmente in altro modo..
Il contrario sarebbe più comprensibile.
Le figure dello psicologo e ancor più dello psicoterapeuta sono considerate ai vertici nel campo psicologico, o almeno così generalmente si crede.
Negli ultimi anni si sono diffusi molti profili professionali che ruotano intorno al mondo dell’aiuto psicologico, a detrimento della compagine degli psicologi.
Meno opportunità, meno lavoro e anche meno prestigio.
Forse la psicologia non interessa più?
No, anzi c’è sempre più bisogno della sua presenza e diffusione.
Ciò che a mio avviso è cambiato è l’urgenza di chiarezza di una fascia ampia della popolazione, che non trova più una sponda affidabile nelle vecchie posizioni psicologiche.
C’è un’attenzione maggiore al benessere, ai risultati e alle strategie, luoghi poco frequentati dalla psicologia classica più focalizzata sul disagio mentale.
Questo fenomeno è passato inosservato se non per il calo dei clienti. Allora si è cercato di far valere l’esclusività dell’appartenenza all’Albo ma anche questo tentativo non ha dato i frutti sperati.
Nel mercato gli spostamenti dei bisogni generano due tipi di risposte.
1) Il cambiamento: si affacciano professioni nuove in grado di soddisfare le mutate esigenze.
2) Il rifiuto del cambiamento: resistenza e arroccamento di chi decide di ancorarsi al passato, sulle vecchie posizioni, urlando al mondo che loro sono i migliori.
In America, nel periodo di transizione tra la produzione di fili di rame per le connessioni e l’innovazione delle fibre ottiche, molte aziende fallirono. Quelle che rimasero in piedi e addirittura si svilupparono furono quelle che, invece di produrre fili di rame, si convertirono alla produzione degli airbag, altra recente innovazione di quel periodo.
Vediamo le principali differenze tra la professione dello psicologo/psicoterapeuta e il life coach.
Psicologo/psicoterapeuta versus life coach
La prima grande differenza è costituita, dalla presenza dell’Albo degli Psicologi per poter esercitare, dall’ esame di Stato, dalla legge quadro che regolamenta la professione e dal preciso percorso di studi necessario. Tutti i riferimenti normativi li puoi trovare digitando il seguente link: https://wp.ordinepsicologliazio.it/normativa-di-riferimento/.
Esiste una legge per le “Professioni non riconosciute senza Albo” (L. 14 gennaio 2013 n.4 che puoi trovare a questo link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/01/26/13G00021/sg), che prevede la possibilità di formare associazioni di natura privatistica per le professioni senza Albo. Le associazioni non hanno vincolo di rappresentanza esclusiva della professione in questione, lasciando così sussistere la possibilità che ne esistano varie per la medesima figura. Le associazioni non possano intervenire in materie di esclusiva competenza delle professioni strutturate in ordini o collegi. In questa normativa ognuno può trovare il suo spazio.
Ecco perché il coaching fa riferimento solo a delle Associazioni comel’ICF – International Coach Federation, presente a livello mondiale insieme a tante altre. Non esiste un percorso di studi obbligato.
I tipi di coaching sono davvero tanti e interessano svariati campi d’azione; sport, controllo del peso, alimentazione, studio, amore, organizzazioni, aziende, sviluppo personale, carriera, leadership fino al poker coach, cioè all’esperto che t’insegna a giocare a poker da professionista.
La seconda variabile si basa sull’attribuzione della responsabilità esistenziale.
Il soggetto che si reca dallo psicologo o dallo psicoterapeuta pensa di avere qualcosa che non va e delega al professionista l’uscita dal malessere. Esattamente come dal medico: io sono malato, tu medico mi devi curare.
Il life coach rifiuta questo assunto.
Qui ci troviamo di fronte a un contratto scritto in cui ognuno si impegna a dare il massimo, si fissano obiettivi e si verificano i risultati. Si può parlare di life coach solamente in presenza di successi ottenuti, anche modesti ma sempre migliorativi rispetto alla situazione di partenza.
Il coach (l’allenatore) chiarisce subito col coachee (l’allenato) che se lui non si impegnerà nulla sarà possibile fare. Ognuno ha dentro di sé tutto ciò che serve, basta portarlo alla luce.
La terza diversità si fonda sul concetto iniziale.
– Lo psicologo inquadra il soggetto sotto un profilo del disagio psichico e lo definisce paziente. Siamo in presenza di un deficit psicologico. Il suo lavoro consiste nello “scavare” nel passato, per ricercare tutti i possibili traumi subiti. Si occupa dei problemi esistenziali e dei complessi.
Lo psicologo può fare diagnosi, valutazioni, interventi di prevenzione. Non prescrive farmaci come gli psichiatri.
Utilizza la relazione, l’ascolto, l’empatia, la parola, i test, sempre in accordo con la scuola di appartenenza alla quale fa riferimento.
Anche lo psicoterapeuta cura la patologia. Il suo campo d’elezione è la cura degli oltre 370 disturbi psicopatologici contenuti del “Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali”, più noto come “DSM 5”, edito a cura dell’Associazione Psichiatrica Americana e utilizzato da psichiatri, psicologi e medici di tutto il mondo.
Il suo campo d’intervento è attiguo a quello degli psichiatri, con la differenza che questi ultimi possono prescrivere psicofarmaci e imporre trattamenti sanitari obbligatori (TSO).
Il coach parte dal presupposto che il soggetto sia sano e lo definisce cliente. Nel 90% delle situazioni non ci sono deficit psicologici ma solo degli ostacoli causati da una carenza di consapevolezza e da una bella dose d’ignoranza.
Può mancare la motivazione, oppure ci si può trovare di fronte a situazioni che non sappiamo affrontare e risolvere.
In ogni caso esiste ben chiara la voglia di azione da parte del cliente. Andrà solo aiutato nel direzionarsi.
Il life coach non è una forma generica di aiuto ma una figura professionale ben precisa con il suo codice etico, i suoi strumenti e le sue competenze.
È un esperto della scoperta e realizzazione di se stessi.
Un minatore delle potenzialità sepolte nel giacimento profondo del cliente.
Si punta direttamente a come migliorare la vita.
Immediatamente si valuta la situazione e il coach fa in modo che il cliente stesso arrivi a formulare gli obiettivi che intende conseguire.
Si definiscono così dei passi di avvicinamento pratici, misurabili e ben riconoscibili.
Qualsiasi ostacolo viene interpretato come naturale sfida da superare per raggiungere l’obiettivo prefissato. Nei momenti di difficoltà il supporto del coach non viene mai meno.
Si esalta l’autonomia e la libertà del soggetto in ogni momento.
Il life coach è il primo alleato che una persona ha a disposizione per superare ogni ostacolo e raggiungere ogni obiettivo. È orientato alle soluzioni e al futuro, sempre in vista dell’unicità del suo cliente.
Io ho sempre agito così. Fa parte della mia natura.
Ho creato il mio metodo di fare life coaching, utilizzando molti strumenti studiati e sperimentati da molti anni.
Senza copiare nessuno ma apprendendo da tantissimi.
Nei due paragrafi che seguiranno approfondiamo l’analisi di due dinamiche che considero tanto importanti quanto poco diffuse.
Scoprire e creare, non imitare
La prima osservazione importante riguarda la provenienza della conoscenza psicologica. Cominciamo a dire che alcuni psicologi (davvero pochi) non hanno limitato il campo della loro indagine alla sola psicologia ma si sono avventurati in territori assai più complessi e profondi, molte volte oltre ogni possibile razionalità, abbracciando un sapere decisamente più vasto.
La psicologia in gran parte ha pescato dall’esoterismo, costituito da conoscenze considerate “per pochi”. Freud e Jung appartenevano a società iniziatiche. E come loro molti altri.
Purtroppo queste conoscenze non si possono “prelevare” qua e là ma hanno un senso solo se contestualizzate in panorami obbligatoriamente più vasti.
La filosofia con l’ontologia (l’Essere), la metafisica (oltre il fisico) e il sapere esoterico, restano le fonti più importanti cui accedere. E non si apprendono in pochi anni con letture e corsi ma occorre una vita interamente dedicata a conoscerle e svilupparle dentro se stessi, generando fra l’altro, l’intuizione e la visione simbolica.
E qui sta la differenza più importante.
Ogni sapere non si può definire tale se non è stato “scoperto” personalmente.
È sempre l’esperienza che determina la conoscenza.
Parlo di un’esperienza psichica e fisica allo stesso tempo. Ciò che è stato appreso entra all’interno e poi riemerge non più come dato esterno ma come propria rielaborazione interiore.
Ecco la vera “scoperta” che determina la conoscenza.
Chi copia, imita, ripete è fuori da questa possibilità.
Colui che invece scopre e crea poi mette il meglio di sé in gioco e genera un sapere nuovo, originale, unicamente PERSONALE.
Non uguale a nessun altro! Non la verità ma la sua verità.
Quello che la psicologia non ha ancora compreso è che NON ESISTE UNA SOLA PSICOLOGIA all’interno della quale incasellare tutti ma tante psicologie per quanti esseri umani esistono al mondo.
Ognuno dovrebbe scoprire la sua psicologia, il modo come funziona, ciò che deve fare per essere felice.
Questo non significa interpretare attraverso un metodo ma insegnare alla persona come e soprattutto perché cercare la propria psicologia/filosofia.
Invece questo non solo non accade ma non è neanche previsto come possibilità.
Basta vedere il comportamento di molti psicologi.
I diversi orientamenti mal si sopportano.
La scienza della psiche è vittima di fraintendimenti, se non di vere e proprie confusioni, causate proprio dagli psicologi stessi, forse perché hanno meno potere decisionale degli psichiatri, per elezione più assimilabili ai medici.
Anche in caso di perizia, quella di uno psichiatra ha un altro peso rispetto a quella redatta da uno psicologo.
Coloro che fanno parte della categoria degli psicologi spesso evitano accuratamente di mettere in discussione i propri fondamenti epistemologici.
Ti dicono che il loro metodo funziona, perché cambiarlo?
In questa frase persiste un limite colossale.
Per sostenere questo dovrebbero averli sperimentati tutti.
Poi non tengono mai conto di tutte le volte che non ha funzionato.
Loro non dovrebbero aver imparato solo il metodo di un altro ma avrebbero dovuto partorire la loro personale prassi, l’unica in grado di collegare questa magnifica professione alla loro anima, unica e irripetibile.
“SEI VERO SOLO QUANDO SEI TE STESSO
NON QUANDO RIVESTI I PANNI DI UN ALTRO”
Affermare di essere uno psicologo con quel determinato indirizzo, quella tale scuola o facente capo a quel famoso maestro NON È GARANZIA DI AUTENTICITÀ E DI CAPACITÀ.
Sei uno come tanti, forse anche bravo ma non sei tu, appunto unico e irripetibile.
E allora come puoi insegnare a un altro ad essere se stesso?
Un conto è interpretare un modello con piccole differenze che lasciano intatto il corpo dottrinario appreso, un altro è concepire una nuova visione personale.
La psicologia non può ambire solo alla terapia dei pazienti, barricandosi in quattro mura più o meno accoglienti.
C’è altro e non si trova negli studi medici.
Chi resta fermo e chi cambia
Una vera evoluzione della psicologia dovrebbe portare la dottrina stessa a smarcarsi dal continuo desiderio di essere riconosciuta come disciplina medica.
Lo psicologo fa un lavoro diverso da quello del medico o dello psichiatra, e la psicologia non è affatto una scienza medica.
A un certo punto non è più neanche una scienza ma diventa arte.
Esistono già molti medici della medicina convenzionale che stanno progressivamente abbandonando la visione atomistica del corpo umano, non occupandosi più dei soli sintomi e organi ma rivolgendo lo sguardo a tutta la persona, considerando l’uomo nella sua globalità. Così anche gli psicologi dovrebbero smettere di litigare fra di loro e rimanere saldamente ancorati ai loro schemi. Sarebbe necessario integrare le loro conoscenze con altre discipline e perdere quelle certezze che ormai non corrispondono più alla realtà.
Mentre è in atto questo lento spostamento di una parte della classe medica, lo psicologo dovrebbe, a mio avviso, essere d’esempio fra la gente comune e cercare di provocare un cambiamento anche nelle persone più umili che desiderano capire le rispettive vite, fornendo strumenti ad hoc per ognuno, creando entusiasmo, ed educando alla bellezza dell’esistenza.
Questo aspetto estetico, non ha nulla a che vedere con la medicalizzazione degli individui, né tantomeno con l’incasellamento in infiniti schemi e tipologie psicologiche delle loro reazioni.
Mediamente gli psicologi non padroneggiano in maniera approfondita la filosofia, l’ontologia, la metafisica, e le conoscenze sapienziali. Vivono la razionalità che hanno appreso come assoluta.
Loro eseguono le direttive previste dalla loro scuola di appartenenza. Non dubitano e verificano ciò che gli è stato detto e insegnato, non ricercano, non creano.
Credono che ricalcare le orme del loro maestro, imparando a memoria ciò che ha detto, imitandolo in tutto con la massima ortodossia, li conduca alla possibilità di ottenere gli stessi suoi risultati. Soprattutto sono convinti che il loro approccio sia il migliore (senza aver conosciuto gli altri).
Altri cercano di combinare più teorie contemporaneamente in modo da avere un numero maggiore di strumenti. Si definiscono eclettici. È pur sempre un lodevole tentativo ma non muta il problema.
Per due motivi.
a) Per prima cosa quel maestro (o quei maestri) non deve essere “copiato” acriticamente ma rappresenta lo stimolo per cercare da soli dentro se stessi. Solo quando tu avrai rivissuto al tuo interno lo stesso processo emozionale, che ti permetterà la comprensione di quel determinato concetto, potrai dire di averlo capito davvero. A quel punto non lo avrai solo compreso ma avrai fatto molto di più: l’avrai scoperto dentro di te. Diventa una tua scoperta e a quel punto, È TUO!
Quanti, sono capaci di compiere questo passaggio?
Scrivono i propri libri?
Sviluppano metodologie innovative?
Solo pochissimi.
Molti sono e restano degli sterili ripetitori.
b) Qualunque studioso che si differenzia dalla massa porta un esempio molto potente. Mostra al mondo come la sua unicità gli ha permesso di giungere a un pensiero diverso dalla monotonia dei tanti uguali. Questo dovrebbe ingenerare un grande stimolo in chi apprende: il mio maestro è stato bravissimo a trovare il suo particolare e unico modo per esprimere la sua originalità, adesso IO DEVO FARE ALTRETTANTO.
“Finché guardi agli altri per provare chi sei e cerchi la loro approvazione, stai impostando la tua vita in modo disastroso. Devi essere completo da solo. Nessuno può darti questo.
Devi sapere tu chi sei.
Ciò che gli altri dicono è irrilevante“
(Nic Sheff)
Stanno avanzando con molto scalpore i non-psicologi.
Figure che ruotano intorno allo stesso mondo di riferimento degli psicologi, ma generalmente non hanno compiuto il medesimo lunghissimo percorso di studi e lo stesso lavoro, poco o tanto che sia, su di sé.
Gli psicologi così dipendenti dall’aspetto patologico hanno lasciato liberi degli spazi immensi a figure ancora meno professionalizzanti come tanti guru, counselor, life coach, trainer. Non è sempre così, non si può fare di ogni erba un fascio ma anche qui, quelli davvero preparati in queste nuove professioni sono un’esigua minoranza.
Da una parte abbiamo la categoria che per legge dovrebbe essere deputata al disagio psichico troppo focalizzata su una razionalità senz’anima e quindi incapace di andare incontro ai bisogni più profondi dell’individuo come la felicità, la riuscita, la conoscenza e realizzazione di sé.
Dall’altra abbiamo tutta una serie di figure che troppo spesso possiedono la sola virtù del marketing, vendendo fumo o la ricetta dell’acqua calda, facendo però pagare talvolta cifre astronomiche.
Senza contare le arie che si danno.
I primi partono dal disturbo psichico manifesto e cercano di ridurlo o eliminarlo inquadrando i soggetti all’interno del loro limitato livello per tempi spesso molto lunghi e costosi.
I secondi invece fanno leva sulla fragilità psichica dei soggetti, illudendoli che con pochissimo sforzo e la lettura di un paio di libri o la frequentazione di alcuni corsi, cambieranno completamente la propria esistenza.
In tutto questo l’uomo (o la donna), intendo dire quell’uomo (o quella donna) specifico lì, Mario/a, Carlo/a, Roberto/a, o come vuoi chiamarli, dove sono?
Perché se io non parto dalla sua unica e irripetibile specificità, potrò fare ben poco per lui.
La sua specificità corrisponde a un immenso punto interrogativo che va portato alla luce.
Come conoscerla?
Come giungere a capire la sua particolarità, la sua eccezionalità?
La vita esige che ognuno di noi costruisca se stesso esternamente per com’è nel suo intimo, diventando eccezionale.
Non cieca ripetizione ma stimolo a compiere qualcosa di straordinario.
Le persone non sono un puzzle impazzito da ricomporre secondo uno schema fornito da una teoria ma una domanda aperta spesso sconosciuta a tutti, che in nome della vita pretende una risposta.
La superficialità è sempre da condannare ma sia chiaro che un bravo terapeuta o un bravo life coach deve continuamente ricercare, studiare e impegnarsi ed evolvere se stesso.
L’appartenenza a un Albo non è più sufficiente.
Non le parole ma l’esempio sarà l’elemento vincente.
La felicità delle persone lo esige.
Maurizio Fani